QUALITÀ
INTELLETTUALE
Rita Levi
Montalcini, premio Nobel, sponsorizza un farmaco letale (10.XI.2002)
La Levi Montalcini intervistata su vivisezione e
Cronassial (22.X.2004)
Ricerca biomedica e capacità di cura (2004)
Alta velocità e manuali universitari (10.XI.2005)
Un ordinario guadagnare quanto un associato? Assurdo!
(4.XI.2006)
«Gino Strada [è] il grumo torbido che [...] inquina la
lotta al terrorismo» (10.IV.2007)
Levi Montalcini: ben vengano gli ibridi uomo-scimmia
(8.IX.2007)
Gli Ogm insicuri? E allora l’inquinamento atmosferico?
(25.X.2007)
«È necessario che emerga che
Forleo e De Magistris sono cattivi magistrati» (4.XII.2007)
Paul Feyerabend: chi era costui? (10.I.2008)
<<In
questo viaggio nel mondo della vivisezione, o sperimentazione animale che dir
si voglia, abbiamo solo marginalmente accennato alle obiezioni etiche che pur
ci dobbiamo porre quando “usiamo” gli animali a fini scientifici. Abbiamo
evitato, come ha potuto osservare chi ci ha seguito, fotografie sconvolgenti,
narrazioni raccapriccianti, perché il nostro scopo non era quello di metterla
sul piano del pietismo nei confronti delle cavie. Ci siamo misurati su di un
terreno rigorosamente scientifico cercando di dimostrare che talvolta questa
sperimentazione “salvavita” è falsa per meri interessi di bottega ed è quasi
sempre fuorviante perché i dati, estrapolati dalle cavie, non sono applicabili
all’uomo. Gli animali vengono prevalentemente utilizzati in laboratorio come
“modelli”: mediante manipolazione genetica, interventi chirurgici o iniezione
di sostanze estranee e i ricercatori producono in essi malattie che dovrebbero
costituire un modello delle condizioni patologiche umane. Questo è il vero
peccato originale che ci ha lasciato in eredità il positivismo scientifico dei
secoli scorsi. Anche un profano si rende conto delle enormi differenze che
esistono tra un ratto, un cane ed un uomo. Il procedimento attuale è questo.
Prendiamo un cane o un ratto che, in natura non soffrono di infarto. Gli
causiamo l’infarto con mezzi artificiali e gli inoculiamo sostanze che pensiamo
possano curare l’infarto di un uomo che soffre di nevrosi, ipertensione,
obesità, fuma, beve e non dorme (situazioni difficilmente riscontrabili in topi
e cani). Follia, signori miei, anzi business, soldi a palate per ricercatori,
istituti “scientifici”, industrie farmaceutiche, baroni universitari alla
caccia di punteggi e sovvenzioni, allevamenti di animali da laboratorio.
Se
dovessi fare un elenco dei danni provocati all’umanità da questo tipo di
ricerca non mi basterebbero tutte le pagine del giornale per un mese di fila.
Mi limiterò a riportare che il General Accounting Office statunitense ha
passato in rassegna 198 nuovi farmaci dei 209 commercializzati tra il 1976 e il
1985 e ha trovato che, per il 52 per cento, essi presentavano "gravi
rischi emersi dopo l'approvazione" e non previsti dai test sugli animali o
su prove limitate, effettuate su esseri umani. Questi rischi sono stati definiti
come reazioni avverse, che potevano portare al ricovero in ospedale, a
invalidità o addirittura a morte. Come risultato, i farmaci suddetti hanno
dovuto essere corredati da nuove istruzioni o ritirati dal commercio. E,
naturalmente, non è possibile stimare quanti farmaci, potenzialmente utili,
siano stati abbandonati sulla base di test fuorvianti.
C’è
una storia però che vi voglio raccontare, perché tutta italiana e perché
implica un farmaco ben noto che molti di voi hanno utilizzato. Il Cronassial.
Francesco Della Valle, gestore della Fidia, piccola azienda farmaceutica di
Abano (Padova) ottiene da Duilio Poggiolini (questo nome vi è noto?) la
registrazione di un farmaco spacciato come miracoloso, il Cronassial.
Pubblicizzato come curativo delle “neuropatie periferiche di natura
dismetabolica o di altra origine anche decorrenti con manifestazioni infettive
tossiche o traumatiche causate da malattie generali” il Cronassial trova in
Rita Levi Montalcini uno dei suoi più autorevoli sostenitori. I rapporti tra il
premio Nobel e la Fidia di Della Valle si fanno talmente stretti che “La
scienziata – dichiararono a Espansione i ricercatori della Fidia – segue le
indagini di laboratorio e ne esamina i risultati”, mentre il materiale
promozionale dell’azienda rimarca il madrinaggio dell’illustre scienziata, che
assurge, nei fatti se non nelle intenzioni, a capofila dei garanti scientifici
della Fidia. Il marketing aggressivo di Della Valle induce i medici a
prescriverlo come cura di tutti i mali. Il Cronassial diventa uno dei 10
farmaci più venduti in Italia con fatturati da capogiro. La casa farmaceutica
tedesca “Dr . Madaus” entra in rapporti
con la Fidia e tenta di introdurre sul mercato tedesco il farmaco miracoloso.
Nel 1983 l’Ufficio di Sanità tedesco nega il permesso perché il medicinale (un
estratto di cervello di bovino e sale) non risponde alla qualità delle buone
regole farmaceutiche e c’è il sospetto che provochi effetti dannosi. Dopo avere
assoldato un team aggressivo di avvocati la Dr. Madaus piega l’Istituto di
Sanità. Nel 1986 in Germania arriva il Kronosial, ma due anni dopo Il Prof.
Peter Berlit, neurologo di Mannheim, dà la notizia che cinque pazienti curati
con il Kronosial risultano affetti dalla sindrome di Guillain – Barrè – Strohl,
una gravissima e spesso letale malattia neurologica. Mentre negli altri paesi o
si rifiuta il farmaco o lo si ritira cosa avviene in Italia ? Solo dopo diversi
anni si proibisce ai medici generali di prescrivere la confezione da 100 mg
(sic), poi si ritiene necessaria la ricetta dello specialista per utilizzarlo,
poi il ministro Costa lo sospende, mentre il Consiglio Superiore di Sanità lo
riabilita, assieme ai suoi simili, Biosinax, Sygen, Megan Sinassial e
Sincronal. In Inghilterra intanto si verificano 17 casi (tre mortali) di danni
imputabili al farmaco. Poi, scoppia il dramma “ mucca pazza “ (il Cronassial è
prodotto con cervello bovino).
Decine di migliaia di persone in Italia sono “state curate” con questo estratto di cervello bovino, per il quale finalmente, dopo anni giunge il requiem definitivo che si porta dietro il funerale della Fidia. Nel 1990 io stesso sono stato sottoposto ad una terapia mediante un ciclo di venti iniezioni. Il farmaco si chiamava Cronassial. La sindrome di Creutzfeldt–Jacob (mucca pazza) nell’uomo ha un’incubazione lunghissima. Aspetto e spero che non succeda. Le cavie sono solo cani, gatti e topi o anche uomini, come voi e come me? Come mai la Fidia nel 1989 invia una lettera a persone sane affinché si sottopongano a pagamento (1.200.000 lire) per la sperimentazione di un nuovo farmaco, l’AGF2 che dovrebbe contrastare gli effetti dell’ictus cerebrale, ma che non si può escludere abbia conseguenze negative ed effetti indesiderati, nonostante la precedente sperimentazione sugli animali? La morale che si ottiene da questa storia vera è che la sperimentazione animale non serve a nulla e che le vere cavie siamo noi. L’industria farmaceutica, come qualsiasi industria siderurgica, mira al profitto. Noi però non dovremmo essere bulloni, in balìa di uomini senza scrupoli e di controllori spesso conniventi. Se siamo bulloni noi, pensate a come possano essere considerati cani e ratti. Segatura, granelli di sabbia la cui vita viene soffiata via sul palmo d’una mano, come i frammenti di un fiore rinsecchito che rotola sul marmo di una tomba dimenticata. Bisogna cambiare strada, ma è necessario trovare uomini che abbiano coraggio, merce rara, oggi più di ieri.>>
[Oscar Grazioli
[medico veterinario e giornalista]: “Quando la cavia è l’uomo”, Libero, 10 novembre 2002; sul sito:
http://www.anmvi.it/anmvioggi/scheletro_articolo_liberoscar.php?codarticololiberoscar=45
si trova il ciclo di articoli da cui questo è tratto.]
<<C’è qualcuno che recentemente ha denunciato gli
abusi nella sperimentazione animale. È il premio Nobel Rita Levi Montalcini,
destando stupore sulle pagine di alcuni giornali.
RITA
LEVI MONTALCINI
Non sono animalista. Sono per il controllo e la dignità dell’animale. Tanto è che giovane, ancora adolescente, ho rifiutato qualunque esperimento che potesse comportare sofferenza al cucciolo, poniamo. Quindi io ho mai cambiato, sono sempre stata per il rispetto dell’animale, ho rifiutato la carriera di sperimentazione che non accettavo. Quando io ero in America ho visto tagliare le corde vocali agli animali domestici per non sentir le loro urla. Questo è atroce: non soltanto si fa soffrire l’animale ma gli si impedisce di dimostrarlo. Ho fatto un esperimento su un primate, un piccolo, e si è ribellato, era semplicemente un’iniezione innocua, ma la sofferenza che io vedevo mi ha impedito di lavorare anche a livello dei primati subumani.
AUTRICE
Serve o non serve allo scienziato?
RITA
LEVI MONTALCINI
Si, Oddio bisogna che sia controllata, purtroppo non possiamo farne a meno, però lo si deve fare con il massimo rispetto dell’animale stesso e senza farlo soffrire.>>
[...]
<<Qui fanno test di tossicità sulle scimmie, qui sui
cani beagles e lo stress, dicono tutti gli esperti, cambia i risultati. Allora
quali certezze usciranno da questi laboratori? E vale per tutti dato che, per i
farmaci, dopo i test animali vengono quelli sull’uomo. Il cronassial è un
farmaco che adesso non si usa più. Veniva venduto come la panacea per i
problemi neurologici. Ma è stato ritirato dal commercio dopo qualche morto e
quando si è capito che poteva provocare effetti devastanti su fegato e muscoli.
La professoressa Rita Levi Montalcini ha collaborato con l’azienda produttrice.
RITA
LEVI MONTALCINI
Certo il Cronassial l’ho conosciuto ai suoi tempi.
AUTRICE
E perché la sperimentazione ha dato risultati che poi non erano?
RITA
LEVI MONTALCINI
A chi, dove e quando?
AUTRICE
Beh, è stato messo in commercio e poi ritirato perché produceva effetti
collaterali molto gravi?
RITA
LEVI MONTALCINI
Non mi risulta. Non commento su cose che non conosco! Non mi fate tutte queste domande perché trovo un po’ perdita di tempo.
AUTRICE
Ma esistono dei farmaci che sono stati sperimentati sugli animali e poi
sull’uomo hanno dato risultati completamente diversi.
RITA
LEVI MONTALCINI
No, non mi risulta! Io ritengo che l’esperimento sull’animale è valido, naturalmente con il controllo. Scusi: ma sono domande che non mi vanno tanto.>>
[Chiara Baldassari, Giovanna Boursier: "Uomini e topi", venerdì 22 ottobre 2004 ore 21:00 - Rai 3, http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E90208,00.html
In quello stesso 2004 la Levi Montalcini pubblicava un volume dal significativo titolo Abbi il coraggio di conoscere.]
<<[...] nelle facoltà di medicina, dove l’arruolamento dei docenti avviene esclusivamente sulla base della produzione scientifica senza che venga tenuto conto dell’attività assistenziale, che si acquista frequentando assiduamente le corsie e le sale operatorie. Ciò ha fatto sì che, in molti casi, a dirigere reparti di medicina e chirurgia siano stati chiamati docenti che non hanno mai visitato un malato o eseguito un intervento chirurgico.>>
[Francesco Sorrentino: “In medicina siamo tutti professori”, Università Oggi, n. 38, 2004]
<<Il Doctor, ora è davvero dottore: dopo il cantante Vasco Rossi un altro
mito dei giovani e non solo ha ricevuto una laurea honoris causa in
comunicazione: il campione di motociclismo Valentino Rossi, da Tavullia. Un
titolo che gli mancava. Benché uno dei suoi nomignoli sia proprio "il
dottore", Valentino Rossi "dottore" non lo è mai diventato,
malgrado una laurea fosse sotto sotto il sogno di mamma Stefania.
A colmare questa lacuna ci ha pensato la facoltà di Sociologia dell'Università
di Urbino Carlo Bo, che proprio questa mattina ha conferito al pluricampione la
laurea honoris causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni. Il
tutto in una standing ovation organizzata nell'Aula Magna dell'Istituto.
Giacca a righe, maglietta, jeans e scarpe da ginnastica, il neo dottore ha
esordito con un... 'Sono abbastanza emozionato, come sto? La laurea mi rende
felicissimo, e soprattutto rende felice mia mamma, che ormai si era
arresa..."
"Sono molto contento" ha aggiunto il padre Graziano
"responsabile" della passione per la velocità trasmessa al figlio.
"Sono stato la causa della sua "dipartita" dalla scuola ed è
stata una grande responsabilità portare avanti questo figlio" nel mondo
delle corse. Oggi la laurea ad honoris [sic!] "cancella questa preoccupazione
definitivamente. Valentino, ha preso questa cosa con l'importanza che ha: vuol
dire che ha capito che la città, che la gente gli riconosce grandi
meriti".
Immancabile qualche luccicone agli occhi della madre, che ha raccontato di essersi arrabbiata con Valentino studente solo una volta, quando prese insufficiente in terza media. Nel parterre anche il cantante Lucio Dalla in veste di professore della facoltà. "Valentino - ha detto - è una grande comunicatore e comunicare è un dono della natura ma anche un dono acquisito".
"Certo che io ho faticato per prendere la laurea: ho dovuto vincere sei
mondiali!". Incorreggibile Valentino Rossi, che anche da neo dottore non
si smentisce e usa l' ironia per sdrammatizzare le situazioni emotivamente più
forti.
In una conferenza stampa al termine della cerimonia per il conferimento della laurea ad honoris [sic!] in comunicazione ("la prima in Italia in questo argomento", tiene a precisare il rettore di Urbino Giovanni Bogliolo), Valentino si è prestato di buon grado alle domande dei giornalisti che volevano sapere di lui come studente e della sua carica comunicativa. "A scuola - racconta il campione che è arrivato a fare due anni di liceo linguistico a Pesaro, prima di dedicarsi anima e corpo alle corse - la materia che mi piaceva di più era l' italiano, ma anche in matematica non andavo poi così male. Come studente mi ricordo soprattutto l' esame di quinta elementare, perchè alla vigilia mi ruppi il braccio sinistro, e per me che sono mancino fu un disastro".
"C'è sempre una grande pressione prima di un esame - divaga - e anche oggi
l'ho sentita, più che alla partenza di un Gran Premio". Qualcuno gli fa
poi notare che le sue 'zingarate' con l'amico Uccio sono diventate la cifra di
uno stile da sublime comunicatore, che l'ha portato alla laurea.
"Quello è il bello - ribatte - che le cose pensate al bar la sera abbiano
avuto tanto successo tra la gente. Forse il segreto è nelle cose vere, fatte
per ridere". E la Tv? Come gestisce la sua immagine, l'icona mediatica
Valentino Rossi? "Ho pochissimo tempo per me e quando ne ho non ho voglia
di fare niente. In televisione non trovo tanti programmi dove poter andare,
fare bella figura e soprattutto divertirmi. A me piacciono i Simpson, ma non mi
hanno ancora invitato!".
"Nella mia professione - continua - è facile il rischio di
sovraesposizione. La gente si stanca, mi stancherei anche io a vedermi sempre
lì". Prima di andare via, Valentino si assesta sulla spalla la fascia
arancione da neo laureato: "Mi tengo questo colore - se ne esce con un'
ultima fulminante battuta - dopo che il magnifico rettore mi ha detto che il
giallo è il colore dei cornuti".>>
[“Su proposta della facoltà di sociologia dell'Università di Urbino, / Rossi è laureato in "Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni"/ Laurea honoris causa a Rossi / Il 'Doctor' diventa dottore”, la Repubblica, 31 maggio 2005]
<<La scorsa primavera, la ex commissaria europea ai trasporti, ora coordinatrice europea della Torino-Lione, la signora Loyola De Palacio, il ministro Lunardi e la presidente della regioen Piemonte, Mercedes Bresso, proclamarono a gran voce la sostenibilità del tracciato della Torino-Lione. Mi ha particolarmente stupito la posizione di Mercedes Bresso che, oltre a possedere una forte personalità politica, è mia collega in quanto insegnate [sic] universitaria, economista specializzata in valutazione di impatto ambientale. Se dovessimo utilizzare e applicare i metodi esposti in un manuale sulla valutazione di impatto ambientale redatto dai professori Mercedes Bresso, Alberico Zappetella e Rossana Russo – Analisi dei progetti e valutazione d’impatto ambientale, pubblicato da Franco Angeli nel 1985, 1988 e 1990. con intervento di Paul Tomlinson nel 1988 e di Tomlinson e Gamba nel 1990, una vera bibbia per chi si occupa del settore – il progetto della Tav in Val di Susa non avrebbe ragione d’esistere, o sarebbe inesorabilmente da affossare sulla base della sequenza: insostenibilità dei costi, irreversibilità di alcuni impatti ambientali, negazione della partecipazione da parte della popolazione. Spero che l’atteggiamento della Presidenza della regione Piemonte non sia un indiretto assenso alla proposta bipartisan di Lunardi, il quale, il 5 novembre scorso, in occasione di un incontro a Verona dei ministri dei trasporti dell’Unione europea, ha chiesto all’opposizione una decisa adesione ai programmi infrastrutturali del governo. Alta velocità Torino-Lione e Ponte sullo Stretto di Messina compresi.>>
[Virginio Bettini, professore di analisi e valutazioni ambientali all’università di Venezia: “La scienza dà ragione alla Val di Susa”, il manifesto, 10 novembre 2005, p. 6.]
<<Sabato 4 febbraio alle ore 11,30 l’Università degli Studi di Perugia conferirà la Laurea magistrale honoris causa in Comunicazione Multimediale al Premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini.
La solenne cerimonia nel latino cinquecentesco, presieduta dal Magnifico Rettore professore Francesco Bistoni, si svolgerà nell’Aula Magna dell’Ateneo.
La laurea honoris causa, proposta dal ‘Promotore’ professore Francesco Di Pilla e approvata dal Consiglio di Facoltà di Lettere e filosofia e dal Senato Accademico dell’Ateneo, viene conferita alla scienziata Rita Levi Montalcini “per l’impegno costante con cui da anni ha divulgato i valori della conoscenza scientifica, per la sua attività di sostegno ad un uso etico della Scienza, per la sua efficace dedizione alla causa della Bioetica”.
Rita Levi Montalcini, nata a Torino nel 1909, si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 1936.
Fin dai primi anni universitari si dedica agli studi sul sistema nervoso.
Nel 1947 si trasferisce in America alla Washington University di Saint Louis, dove diventa docente di Neurobiologia.
Per trent’anni vive negli Stati Uniti dedicandosi alla ricerca: in questo periodo scopre ed identifica una proteina, il fattore di crescita delle cellule nervose (Nerve Growth Factor, noto con l'acronimo NGF), che ne regola lo sviluppo e la differenziazione. Scoperta questa che le valse poi, nel 1986, il Premio Nobel per la Medicina.
Componente del CNR e membro delle più prestigiose accademie scientifiche nazionali ed internazionali, è Presidente onorario dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla ed è impegnata nel campo sociale attraverso una sua fondazione.
Nel 2001 è stata nominata Senatore a vita.>>
[“Laurea Honoris Causa al Premio Nobel Rita Levi Montalcini -
Sabato 4 febbraio nell’Aula Magna
dell’Università di Perugia”,
www.unipg.it/contenuti/newstory/laurea_montalcini ]
<<(ANSA) - PERUGIA, 4 FEB - Il premio Nobel Rita Levi Montalcini ha ricevuto la laurea honoris causa in comunicazione multimediale all'università di Perugia. La 'lectio doctoralis' della Montalcini ha affrontato il tema dei 'Nuovi magellani nell'era digitale', incentrata sul riconosciuto ruolo del principio cognitivo. Presieduta dal rettore dell'ateneo perugino, Francesco Bistoni, la cerimonia si è svolta secondo un antico rituale in latino del XVI secolo davanti ad un pubblico di oltre 500 persone.>>
[“Laurea honoris causa a Montalcini / Ateneo Perugia, riconoscimento in comunicazione multimediale”,
http://magazine.libero.it/internetlife/generali/ne.php?id=6996305.
Un esempio molto significativo della reticente (e fuorviante) “comunicazione multimediale” della prof.ssa Levi Montalcini è riportato qui. Per il caso Cronassial e le reazioni avverse causate da farmaci considerati ‘sicuri’ sulla base di esperimenti su animali vedi qui.]
<< Proteste spontanee a Roma, Bari e Catanzaro; presidi e
striscioni a Napoli con i genitori in piazza a fianco dei figli, coordinamenti
degli studenti che propongono ricorsi collettivi a chi è rimasto fuori dai
posti stabiliti dagli atenei in base alla direttiva del ministero
dell'Università. La vita sarà pure tutto un quiz, come cantava Renzo Arbore a
'Quelli della notte', ma non azzardatevi a fare gli spiritosi con qualcuno
degli esclusi perché sareste sepolti da un mare di imprecazioni. Si sono
concluse da pochi giorni, in tutta Italia, le prove di ingresso ai corsi
universitari, ma non si spengono le polemiche tra i favorevoli e i contrari al
numero chiuso: 28 mila i posti disponibili per il 2006-2007 a fronte di 250
mila candidati con un aumento dell'8 per cento rispetto all'anno scorso e una
quota di ammessi che supera appena l'11 per cento del totale.
Nell'occhio del ciclone sono finiti i quesiti dei test di ingresso:
"assurdi", "non attendibili", "fatti su misura dei
raccomandati", sono stati alcuni dei commenti degli esclusi. È così che, a
Odontoiatria, nella sezione di 'logica e cultura generale', in molti hanno
giudicato "pazzesche" le domande di storia su chi, tra Cola di
Rienzo, Gattamelata o Muzio Attendolo Sforza, fosse stato un "famoso
capitano di ventura" e quale presidente statunitense (J. Monroe) nel 1823,
in un messaggio al Congresso, disse: "L'America agli americani". A
Medicina-Chirurgia sono sembrate "curiose" le domande sulla maggiore distanza,
in linea d'aria, tra alcune coppie di città del mondo e su quale personaggio
storico scampò al massacro della notte di San Bartolomeo; mentre a Veterinaria
c'è chi ha definito "strano" il quesito su quale sia la rotta più
breve per raggiungere via mare il Corno d'Africa partendo da Genova. Il
paradosso si è registrato alla prova per le professioni sanitarie. I candidati
dovevano sapere se Mario Faustinelli fosse l'inventore di Topo Gigio e quale
canzone è stata la più acclamata al concerto di Telecom a Roma con Billy Joel e
Brian Adams.
Dal ministero dell'Università si difendono e assicurano che non c'è niente di
nuovo. "Ogni anno, in queste settimane, scoppiano le polemiche sulla
legittimità dei test che vengono adottati sulla base di precise direttive
comunitarie", spiega Olimpia Marcellini, direttore generale del Miur per
lo studente e il diritto allo studio. Ma per i detrattori del numero chiuso le
cose non sono così semplici.
Innanzitutto, va chiarito che, sull'accesso ai corsi di laurea, c'è una legge,
la 264 del '99, che mette i paletti alle immatricolazioni di sei corsi a
livello nazionale: medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura,
professioni sanitarie e scienze della formazione primaria. Ma solo per le prime
tre aree di studi è il Ministero a predisporre i test su scala nazionale: 80
domande a risposta chiusa e divise in 33 quesiti di logica e cultura generale,
21 di biologia, 13 di chimica e 13 di fisica e matematica. I test vengono
preparati da un'unica commissione ma, per tutti gli altri corsi, ogni singola università
fa da sé. È la regola che vale per Architettura e Ingegneria. Ma è la sezione
di cultura generale dei test predisposti dal ministero dell'Università che
lascia perplessi: "Troppi e non comprensibili". Al centro delle
critiche anche un altro aspetto. "Ogni anno", dicono gli studenti
dell'Udu, "si restringe il numero dei fortunati e aumenta quello dei
candidati che in più sono costretti a rispondere a quesiti
impresentabili". Ed è un dato di fatto che, ad esempio, il ministero della
Sanità ha dato indicazione al Miur di permettere l'iscrizione a Medicina solo
di 4.800 studenti.
Il ministero dell'Università ha allargato le maglie a 7.864, ma si sono
presentati in 26 mila. "La logica dei test è giusta, ma può diventare
eccessiva", spiega Guido Fiegna, dirigente del Politecnico di Torino. La
strada che qualcuno vorrebbe seguire è allargare le maglie dell'accesso per
permettere a chi non ha ottenuto un punteggio elevato di iscriversi con
riserva. È appunto il caso del Politecnico. Qui uno studente che viene dal
liceo classico e non ha studiato la trigonometria può comunque iscriversi a
seguire i corsi di recupero per colmare le lacune prima che iniziano le
lezioni.
Eppure, il numero delle università statali che hanno adottato i test di
ingresso è in crescita. Sui 72 atenei pubblici oltre i due terzi hanno messo
test di ingresso anche a tutti i corsi triennali. Per adesso, dal dicastero
dell'Università, fanno sapere che il ministro non è intenzionato a mettere mano
ai criteri: la valutazione d'ingresso non è una priorità visto che, come per la
scuola, la preoccupazione maggiore è resistere sull'Aventino. Finanziaria alla
mano, sarà già un ottimo risultato se il ministro dell'Economia lascerà tutto
come è.>>
[Andrea Benevenuti, “Topo Gigio University”, L’espresso, 28 settembre 2006, p. 79;
http://oknotizie.alice.it/go.php?us=29800248f73ab1d4
]
<< Sono un professore ordinario dell’Università di Roma «Tor Vergata» e mi sento chiamato in causa dalla lettera dell’illustre collega Margherita Hack (del 1 novembre).
La legge sullo stato giuridico della docenza universitaria stabilisce che un ricercatore guadagni il 70% di un professore associato e questi il 70% di un professore ordinario.
In più, all’interno di ogni fascia, la retribuzione cresce nel tempo per effetto di una progressione economica che si sviluppa mediante scatti biennali automatici. Il taglio degli scatti di anzianità, proposto dal governo, è una misura non transitoria che, di fatto, penalizza i docenti più giovani siano essi ordinari, associati o ricercatori. Margherita Hack, difendendo giustamente i ricercatori e gli associati, suggerisce di tagliare gli scatti dai soli professori ordinari. Ma in tal modo, da matematico, tabelle stipendiali alla mano, calcolo che un associato, dopo un certo numero di anno, a parità di anzianità, guadagnerebbe più di un ordinario>>
[Stefano Varricchio [Prof. Univ. Roma Tor Vergata], “A Margherità Hack sottopongo questo calcolo”, la Repubblica, “Lettere”, 4 novembre 2006, p. 18; risponde a questa lettera]
<<ROMA
– C’è il corso di studio in
"Scienze sociali per lo sviluppo e la pace" e quello che specializza
nella "schedatura del verde urbano". C’è la laurea che prepara in
"Turismo alpino" e quella che educa alla "Teoria delle
forme". Ci sono studenti che dovrebbero applicarsi allo studio di
"Scienze equine" con tanto di corsi di equitazione in centri
convenzionati. E corsi di laurea che promettono di formare in "Tecnologie
del fitness". L’elenco delle specializzazioni che si conseguono nelle
università italiane è lungo e imprevedibile, sono 3.063 i corsi, molti
proliferati negli ultimi anni, un’offerta formativa, si chiama così, che ben
rende la logica da mercato che pervade gli atenei sempre più a caccia di studenti
per conseguire fondi e sopravvivere.
Un
convegno oggi all’Università di Salerno, "Laurea offresi - Falsi con
lode", fotografa lo stato dell’università italiana dove sono spuntati
negli ultimi anni centinaia di corsi, i più svariati, dai nomi accattivanti,
che vorrebbero sembrare innovativi ma non sempre coerenti e necessari. «Ci sono
corsi dai nomi strampalati, specchietti per le allodole per attrarre iscritti»,
spiega Salvatore Casillo, docente di sociologia industriale, organizzatore del
convegno, la sua relazione d’apertura ha il titolo volutamente macchiettistico:
"Come ti erudisco il pupo". «Sono proliferate molte università,
facoltà e corsi, un’anomalia che nasce con il fatto che il decreto che riforma
gli insegnamenti prevede 42 classi di laurea, all’interno di queste classi però
ognuno può inventarsi le sue lauree, spesso i nomi artificiosi sono fatti
volutamente per attrarre studenti, costruendo dei profili professionali su
quelli che una volta potevamo considerare esami facoltativi». Ecco dunque a
Bari il corso di studio in "benessere del cane e del gatto", a Roma
il corso di "Comunicazione nella società della globalizzazione", a
Torino il corso di studio in "Scienze della mediazione linguistica per
traduttori e dialoghisti cinetelevisivi", a Parma il corso in
"Scienza e tecnologia del packaging". «Come può sopravvivere una
persona che si laurea in turismo alpino? Alla fine viene fuori che va a fare la
guida alpina», spiega Casillo. «Così come il corso in Scienze e tecnologie del
fitness: se vai a leggere scopri che deve dare informazioni sull´uso di
sostanze dopanti».
Ai
corsi di laurea fantasiosi si aggiunge poi la questione delle convenzioni
stipulate dagli atenei con gli enti più svariati per conseguire crediti
formativi, e spesso i crediti ottenuti in questo modo formano gran parte del
punteggio necessario per la laurea triennale. «Dal 2004 sono cambiati alcuni
dei parametri sulla base dei quali viene assegnato il cosiddetto fondo
ordinario. Una volta si fondava sul numero degli iscritti, oggi sugli studenti
in corso. E così è iniziata la campagna delle convenzioni che permette di
riconoscere le attività che si sono svolte nei vari enti». L’università
angosciata dalla produttività cerca di laureare il maggior numero di studenti,
a volte aiutandosi con la fantasia, altre volte in modo spregiudicato. C’è
infatti anche la questione delle università telematiche, dove non ci sono solo
corsi fantasiosi ma anche "regolarità" inquietanti: gli atenei on
line sono 4, due non hanno docenti, uno ne ha solo uno, l’altro ha due
professori: uno di questi è in congedo da otto anni.>>
[Marina Cavalieri, “Università, ecco i corsi più pazzi
d’Italia”, la Repubblica, 18 dicembre
2006, p. 31]
<<E il bel paese, come al solito, è in controtendenza. Se in Francia scoppia la voglia di maternità a 25 anni e i baby di casa sono di media due, se negli Usa tutte le donne aspirano a diventare genitore, anche a costo di mettere all’angolo il babbo di turno... in Italia far figli è diventato un problema. Perché?
«Perché viviamo di precariato – spiega la professoressa Anna Oliviero [sic] Ferraris [...], docente di psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma – Perché i giovani oggi tendono a rimandare la formazione di una famiglia a tempi migliori, senza rendersi conto che oltre un certo limite di età, l’infertilità è in agguato».
[...]
Ed è questo il motivo per cui in
Italia i figli sono “a rischio”?
«C’è l’idea diffusa di rimandere [sic], di convincersi che c’è sempre tempo per diventar genitori. E c’è anche, forse soprattutto, la comodità di viversi una lunga adolescenza. Oggi è naturale rimanere a casa di mamma e papà fino a 30-35 anni. I problemi? Li risolvono loro».
Ma questa difficoltà dei
ragazzi sganciarsi di casa è legata
anche al lavoro...
«Il problema è molto articolato. Siamo un popolo di mammoni, abbiamo una concezione dello Stato paternalista, la generazione di genitori di oggi vive prevalentemente nel benessere... E tutto questo rallenta i giovani e la formazione di famiglie nuove».
C’è comunque poco da dire. Se a
fine mese i soldi non ci sono, come si fa a metter su famiglia?
«Dovrebbero essere i genitori, almeno quelli che stanno bene, a dare i soldi ai figli perché se ne vadano da casa! Facendo così, tenendoli stretti e coccolati, li impigrisci, li privi di stimoli. E loro non volano».
Ma non sarà anche perché,
ammesso che volino, poi si ritrovano senza paracadute? Chi aiuta le madri? Le
strutture dove sono? Dove sono gli asili?
«Ci sono, forse in alcune zone saranno insufficienti... Ma è un problema di mentalità. Guardi per esempio i paesi del Nord Europa, guardi la Germania dove sono molto più spartani. Là i giovani se ne vanno, tentano di spostarsi, di sturare o lavorare all’estero. E così crescono. In Italia, invece, si rimane. Si preferisce vivacchiare».
Come si inverte la rotta?
«Cambiandoci tutti la testa. Siamo un paese che ha tanti lati positivi, ma per quanto riguarda la famiglia, forse perché non abbiamo buoni modelli, forse perché abbiamo troppe preoccupazioni, forse perché siamo inquinati dal sindacalismo... non lo so. Sta di fatto che siamo un paese con un’intelligenza collettiva scadente. E questo, ci fa invecchiare».>>
[Laura Cinelli, “«Ma è anche colpa dell’eterna adolescenza»”, QN-Quotidiano Nazionale, 18 gennaio 2007, p. 29. Anna Oliverio Ferraris è professore ordinario. Una settimana dopo, il 25 gennaio 2007 la Repubblica pubblicava a p. 4 il seguente articolo, di Luisa Grion:
<<Studio del Cnel. Scompare la famiglia
numerosa, oltre il 50% ha due persone
UN FIGLIO COSTA 800 EURO AL MESE
ROMA – La voglia ci sarebbe, e non di uno, ma di due, addirittura di
tre figli. Ma a far desistere le giovani coppie dall’idea di metter su famiglia
subito, senza rimandare la scelta nel tempo, spesso è solo una questione di
soldi. Perché fare un figlio costa, e pure tanto. Per il primo si devono
mettere in conto dai 500 agli 800 euro al mese, il che vuol dire tagliare il
reddito familiare di una quota che varia fra il 18 e il 45 per cento. E più ne
fai, di bimbi, più rischi di trovarti sotto la soglia della povertà perché di
bassa natalità si fa presto a parlare, ma l’Italia nei fatti resta un paese che
investe poco sui bambini: se l’Europa in media dedica alla famiglia l’8 per
cento della spesa sociale, noi ci fermiamo a quota 4,1. Chi decide di fare
figli, dunque, lo a fa a sue spese.
I numeri nudi e crudi sono stati messi in fila in un convegno
organizzato dal Cnel e il quadro che ne è derivato non è incoraggiante: si è
scoperto che realizzare il desiderio di una famiglia numerosa, con almeno tre
ragazzi, significa rischiare la miseria. Il 20,9 per cento delle famiglie che
ha fatto tale scelta è diventato povero (e nel Sud per fare crollare gli
standard di vita di bambini ne bastano due). Vi sono poche economie di scala e
conta poco anche la crescita: secondo uno studio di Federico Perali, economista
dell’Università di Verona «il costo del mantenimento di un figlio con meno di
sei anni fa sì che le spese della famiglia aumentino del 19,4 per cento e
corrisponde al 38,7 per cento del costo di un adulto equivalente. Fra i 6 e i
13 anni e poi durante l’adolescenza il rapporto con l’adulto scende di
pochissimo, rispettivamente al 32,6 e al 35,8 per cento». Non solo: per le
donne fare figli rappresenta ancora una minaccia alla stabilità del lavoro, ai
progressi in carriera e prevede la rinuncia pressoché totale al «tempo». Perché
anche se da parte maschile qualche progresso c’è stato, la cura dei ragazzi
resta una prerogativa femminile. Negli ultimi 14 anni gli uomini hanno
aumentato la loro quota di partecipazione al lavoro familiare solo i 16 minuti
al giorno.
Risultato è che la famiglia italiana è in via di scomparsa: un nucleo su due è formato da una o al massimo da due componenti. [Le famiglie costituite da una sola persona – ha spiegato al convegno del Cnel Luisa Sabbadini, direttore generale Istat – sono il 25,9 del totale; il 26,8 ha due componenti e il 21,8 per cento ne ha tre». Una coppia su cinque non ha figli. Il modello «figlio unico» è sempre più diffuso: al Nord riguarda il 53,7 delle famiglie. Da vent’anni siamo al di sotto di 1,4 figli per donna. Che fare allora per far sì che i bambini continuino a nascere? Per cominciare forse basterebbe copiare la Francia, dove alle politiche familiari è dedicato il 3 per cento del Pil contro il nostro 0,9. >>]
[Intervista a Fabio Roversi Monaco, ex rettore dell’Università Alma Mater dal 1985 al 2000 e oggi presidente della Fondazione Cassa di Risparmio.]
<<[...] Dopo
l’inchiesta su Medicina Interna, è il secondo scandalo che ha per oggetto i
concorsi universitari al Policlinico di Bologna. Non crede che le modalità di
selezione della comunità scientifica siano da riscrivere alla radice?
«Ma di fronte a eventi del genere qualsiasi meccanismo giuridico-amministrativo di selezione segna il passo! Il sistema dei concorsi è cambiato quattro o cinque volte in 15 anni: erano indetti su scala nazionale, poi locale su richiesta del singolo ateneo e garantendo la copertura finanziaria, ora saranno di nuovo nazionali per decreto del ministro Moratti. Anche i commissari venivano un tempo estratti a sorte, poi eletti dai colleghi, poi l’una e l’altra cosa...»
E allora qual è il punto?
«Il venir meno del senso etico e di appartenenza dei membri della comunità scientifica. L’ingiustificato timore di molti di esporsi. La perdita di quelle forme di controllo collettivo che si reggevano sull’approvazione o la riprovazione dei pari grado. Ci fosse un disegno ideologico lo si potrebbe combattere: invece sono piccoli corporativismi e improvvisi incroci di interessi.»
Ma proprio questo mette sotto
accusa l’attuale spurio sistema di selezione: di cooptazione di associati e
ordinari da parte dei docenti della disciplina cui appartengono, con la pretesa
un po’ipocrita che vinca il migliore.
«La cooptazione è un privilegio dei professori universitari, e io credo sia giusto rimanga. Non sempre vince il migliore, è vero, ed entrano talvolta persone non di qualità: ma non ho mai visto uno molto bravo restare fuori. Riconosco semmai che la cooptazione funziona in una comunità ristretta in cui tutti sono tenuti a conoscersi. Quando io vinsi, nel ’70, di ruolo eravamo meno di 200; oggi sono più di 3 mila. La verità è che il sistema andrebbe riformato cominciando col ridurre drasticamente il numero dei posti di ruolo».
Lo ritiene davvero possibile?
«Figuriamoci! In Italia non si caccia mai nessuno...»>>
[Roberto Di Caro, “Tagliamo le cattedre”, L’espresso, 22 marzo 2007, p. 83.]
<<Lo abbiamo scritto a più riprese: è Gino Strada il grumo
torbido che fa bassa demagogia, inquina la lotta al terrorismo e degrada
l'immagine italiana nel mondo. Ma ora c'è qualcosa di ben più grave: è
l'evidente legame intessuto di connivenze e ricatti sotterranei tra il
sedicente operatore umanitario e il governo della Repubblica.
Basta leggere le arroganti parole rivolte a Prodi e
Karzai, accusati di essere i veri responsabili degli assassinii dei due
collaboratori di Mastrogiacomo, per capire qual è il gioco del medico bifronte.
Ma il ricatto che Strada tenta di mettere in atto nei confronti del governo
italiano può avere corso solo perché i nostri massimi responsabili politici
sono in condizione di essere ricattati. Non ci può essere ricatto se non c'è
qualche vicenda oscura che accomuna ricattatore e ricattato.
Sia ben chiaro: anche noi riteniamo che occorra fare
il possibile per salvare qualsiasi vita umana per cui siamo stati soddisfatti
della liberazione del giornalista di Repubblica. La responsabilità del governo
non è di avere trattato attraverso i canali disponibili, ma di avere abdicato
alle sue prerogative di rappresentante di uno Stato di diritto a favore di un
personaggio le cui ambiguità non si finisce mai di scoprire.
La verità è che, dando carta bianca a Strada - così
come sembra sia accaduto anche con Torsello -, il governo italiano si è
consegnato agli interessi terroristici dei talebani e ai loro istinti
sanguinari. Ancora peggio, è caduto o è sembrato cadere nelle manovre di
persone di Emergency ritenute dai servizi segreti afghani (che dovrebbero
intendersene) conniventi con i tagliagole.
Del resto Strada non ha mai nascosto da che parte
politica sta, qual è il suo giudizio sulla nostra presenza militare in
Afghanistan e sui nostri rapporti con l'alleato americano, pubblicamente
definito un terrorista alla stregua di Osama Bin Laden.
Oggi quel che va messo sotto accusa è la responsabilità
del governo per un'abdicazione non degna di uno Stato di diritto. È probabile
che gli inglesi, gli israeliani ed altre autorità occidentali si adoperino per
salvare le vite dei loro cittadini, soprattutto se in divisa. Ma nessun governo
si mette nelle mani di un demagogo non indifferente al fascino rivoluzionario
di chi combatte i nostri militari per ammazzarli.>>
[Massimo Teodori, “Connivenze e ambiguità”, il Giornale, 10 aprile 2007, http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=169852;
l’autore è professore ordinario presso la facoltà di scienze politiche dell’università di Perugia.]
<<(ANSA) - CERNOBBIO (COMO), 8 SET - Si' di Rita Levi Montalcini agli embrioni chimera, le cellule ibride, in parte animali e in parte umane, create in laboratorio. 'L'hanno fatto in Inghilterra e io sono d'accordo', ha affermato a Cernobbio il premio Nobel in risposta a una domanda sul recente via libera nel Regno Unito alla sperimentazione sugli embrioni chimera. 'Condivido quanto ha detto un famoso neurologo: se con un ibrido di un uomo-scimmia salviamo milioni di vite dall'Aids, ben venga', ha aggiunto.>>
[ “Montalcini, sì a embrioni chimera/ ‘Se cellule ibride possono salvare vite umane, ben vengano’”, ANSA, 8 settembre 2007, ore 13.43, http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-09-08_108111509.html ]
<< “Per fortuna c’è l’Europa. Questa decisione dimostra che mentre l’Italia punta i piedi, il resto del mondo va avanti”. Gilberto Corbellini, che insegna storia della scienza all’università La Sapienza, fa parte del Comitato nazionale di bioetica ed è copresidente dell’associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica, plaude al via libera di Bruxelles.
Da dove nasce la sua
soddisfazione?
“L’Europa ha più buon senso di noi. Ha speso 70 milioni di euro delle nostre tasse e negli ultimi 15 anni ha fatto tutte ricerche possibili per dimostrare la sicurezza degli ogm. Alla fine, come era logico, li ha autorizzati”.
La sicurezza di questi prodotti
è stata quindi dimostrata?
“Sì, è stato osservato che i rischi di queste coltivazioni sono trascurabili sia per l’uomo che per l’ambiente. Parliamo di pericoli insignificanti se paragonati alla maggior parte delle attività che compiamo quotidianamente, dall’andare in macchina al respirare l’aria inquinata delle nostre città”.
L’Italia però non è sola nella
sua protesta. Anche la Francia si è detta contraria alla decisione dell’Unione
Europea.
“La Francia è un Paese produttore di semi e ha interessi economici da difendere. A preoccuparmi di più, per quanto riguarda il nostro Paese, sono le posizioni ideologiche e antiscientifiche che si sono mobilitate per osteggiare gli ogm. Andando avanti così, l’Italia rischia di finire sotto una cappa di oscurantismo”.
Ora è stata approvata la
commercializzazione di quattro ogm. Dobbiamo attenderci anche la produzione
diretta?
“Sono già molti gli stati in Europa che non si pongono problemi a coltivare ogm. Attualmente, dal punto di vista della legislazione, c’è il caos più totale. Ben vengano delle norme che portino un po’ d’ordine , anche perché i prodotti geneticamente modificati sono quelli più sottoposti a controlli e regolamentazioni. La sicurezza del mais geneticamente modificato è sotto certi aspetti superiore a quella del mai italiano”.
[Elena Dusi: “«Era ora, l’Italia punta i piedi / il resto del mondo va avanti»”, la Repubblica, 25 ottobre 2007, p. 23.
Corbellini è attualmente professore straordinario di Storia della medicina per il corso di laurea di Medicina e Chirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma (http://w3.uniroma1.it/dmsp/docenti/Corbellini.htm ). Per la “sicurezza” degli Ogm si veda:
http://www.euractiv.com/en/biotech/commission-transparency-gmo-decisions/article-154355 ]
<< [...] siccome ritengo che il nostro mondo sia nato per caso,
non ho difficoltà a ritenere che per caso o per concorso di varie stupidità vi
avvengano la maggior parte degli avvenimenti che l'hanno tormentato nel corso
dei millenni, dalla guerra di Troia ai giorni nostri, e quindi sono per natura,
per scetticismo, per prudenza, sempre incline a dubitare di qualsiasi
complotto, perché ritengo che i miei simili siano troppo stupidi per concepirne
uno alla perfezione. Questo anche se - per ragioni certamente umorali, ma per
impulso incoercibile - sarei propenso a ritenere Bush e la sua amministrazione
capaci di tutto.
Non entro (anche per ragioni di spazio) nei particolari degli argomenti usati
dai sostenitori di entrambe le tesi, che possono parere tutti persuasivi, ma mi
appello soltanto a quella che io definirei la 'prova del silenzio'. Un esempio
di prova del silenzio va usato per esempio contro coloro che insinuano che lo
sbarco americano sulla Luna sia stato un falso televisivo. Se la navicella
americana non fosse arrivata sulla Luna c'era qualcuno che era in grado di
controllarlo e aveva interesse a dirlo, ed erano i sovietici; se pertanto i
sovietici sono rimasti zitti, ecco la prova che sulla Luna gli americani ci
sono andati davvero. Punto e basta.
Per quanto riguarda complotti e segreti l'esperienza (anche storica) ci dice
che: 1. Se c'è un segreto, anche se fosse noto a una sola persona, questa
persona, magari a letto con l'amante, prima o poi lo rivelerà (solo i massoni
ingenui e gli adepti di qualche rito templare fasullo credono che ci sia un
segreto che rimane inviolato); 2. Se c'è un segreto ci sarà sempre una somma
adeguata ricevendo la quale qualcuno sarà pronto a svelarlo (sono bastati
qualche centinaio di migliaia di sterline in diritti d'autore per convincere un
ufficiale dell'esercito inglese a raccontare tutto quello che aveva fatto a
letto con la principessa Diana, e se lo avesse fatto con sua suocera sarebbe
bastato raddoppiare la somma e un gentiluomo del genere l'avrebbe ugualmente
raccontato). Ora per organizzare un falso attentato alle due torri (per
minarle, per avvisare forze aeree di non intervenire, per nascondere prove
imbarazzanti e così via) sarebbe occorsa la collaborazione se non di migliaia
almeno di centinaia di persone. Le persone utilizzate per queste imprese non
sono mai di solito dei gentiluomini, ed è impossibile che almeno uno di questi
non abbia parlato per una somma adeguata. Insomma, in questa storia manca la
Gola Profonda.>>
[Umberto
Eco: “Dov’è la Gola profonda?”. L’espresso,
1 novembre 2002, p. 282,
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=120&id=22394
Per alcune risposte vedi:
Alcenero: “11 settembre, Umberto
Eco e ‘Gola profonda’”,
Giulietto Chiesa: “11 settembre, risposta a Umberto Eco”, http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=3916 ]
<< La seconda considerazione è relativa
al fatto che il 4 dicembre u.s., un giorno prima che la Prima Commissione del
C.S.M. aprisse formalmente la pratica relativa alla procedura di trasferimento
d’ufficio della collega Forleo, il Vicepresidente della Commissione, prof.
Letizia Vacca, ha reso alla stampa dichiarazioni particolarmente gravi e
violente contro i colleghi Forleo e De Magistris.
Per brevità non riporto tutti gli articoli, che mi limito
ad elencare, e da essi traggo alcune delle parole attribuite, tra virgolette,
alla prof. Vacca, della quale i giornali ci tengono a dire essere al C.S.M.
perché indicata dal Partito dei Comunisti Italiani.
Gli articoli a cui faccio riferimento (ma ce ne sono anche
altri) sono tutti del 4 dicembre e sono uno di Francesco
Grignetti su La Stampa, uno senza
firma a pag. 14 de Il Sole 24 Ore, uno di Massimo
Martinelli su Il Messaggero, e uno di Anna
Maria Greco su Il Giornale.
Ha detto, fra l’altro, la prof. Vacca (riporto le parole
indicate tra virgolette negli articoli predetti, finora non smentite):
«Eravamo partiti dalla necessità di verificare l’esistenza dei complotti
denunciati. Invece non risulta alcun complotto o intimidazione. Abbiamo
constatato invece la situazione difficile che si è venuta a creare per questa
rappresentazione mediatica. Una reazione non positiva negli uffici milanesi.
Una reazione di disagio. Si sono sentiti tutti offesi ed allarmati. E ora siamo
allarmati e sconcertati anche noi».
«Questi giudici che in tv si presentano come eroi, sono dei cattivi giudici
che fanno soltanto male alla magistratura. Non basta il sillogismo: “Ho fatto
il nome di D’Alema e allora mi perseguitano”. Ci vogliono fatti. Perché se c’è
un complotto, allora la situazione è grave e noi interveniamo a difesa del
singolo giudice. Ma se poi scopriamo che il complotto non c’è, è anche peggio.
Certi comportamenti sono devastanti. E non ci interessa se qualcuno dirà che
non ci preoccupiamo di Michele Santoro, della tv o degli effetti sull’opinione
pubblica. Noi siamo tenuti a occuparci soltanto della serenità degli uffici
giudiziari».
«Dobbiamo solo precisare i capi di contestazione e votare», «è necessario che emerga che Forleo e De Magistris
sono cattivi magistrati, e non perché fanno i nomi dei politici».
«Non siamo animati da spirito persecutorio ma solo dalla volontà di
riportare serenità in quegli uffici. Nessuno mette in dubbio la buona fede
della Forleo, ma il complotto non c’è».
«Le sue dichiarazioni hanno creato preoccupazione negli ambienti giudiziari
e sono state lesive dell’immagine dei magistrati di Milano, che si sono sentiti
offesi. La situazione appare completamente diversa da come è stata
rappresentata da Forleo: non risulta nessun complotto e nessuna intimidazione».
«Questa non è una magistratura seria e questi comportamenti sono
devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi».
“E quando i giornalisti le chiedono se lo stesso discorso vale per De Magistris,
sul quale il C.S.M. si confronterà oggi, lei ammette: «Sì, anche per lui. Che è
comunque diverso, molto più lucido».
E ancora, assimilando la Forleo a De Magistris: «Si
tratta di figure negative»!!!>>
[Felice Lima: “Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto a un ‘giudice’ imparziale”, 7 dicembre 2007
http://toghe.blogspot.com/2007/12/clementina-forleo-e-tutti-noi-avremmo.html
Rimando
all’articolo di Lima (giudice del tribunale di Catania) per analisi e
contestualizzazione di queste affermazioni.
Letizia Vacca è
professore ordinario presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma
3.]
<<«Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo
portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica
che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della
sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI
all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli
argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in
un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione
di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele
alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e
giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in
quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione
delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della
scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti
e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo
evento possa ancora essere annullato».>>
[Lettera
di Carlo Bernardini e altri 66 docenti di fisica dell’Università La Sapienza,
Roma, al rettore Renato Guarini.
“In
difesa di Galileo e della scienza”, la
Repubblica, 10 gennaio 2008. Per esempio anche in:
Ovviamente
accusare chicchessia perché quasi 17 anni
e 10 mesi prima aveva «ripreso» in un suo discorso (ma... positivamente,
negativamente, o come mera citazione?! Vedere qui)
una frase di qualcun altro – chiunque fosse – è un atteggiamento neoinquisitorio. Si può dire che all’ex
Prefetto del Sant’Uffizio (Ratzinger, appunto) “ben gli sta”, ma questo sarebbe
un altro discorso. Mi preme però ricordare che Paul K. Feyerabend
(1924-1994) è stato uno dei maggiori filosofi della scienza del Novecento,
conteso dalle università di tutto il mondo. Insegnò o fu visitatore nelle
università di Bristol, Minnesota, Berkeley, Londra (sia University College che
London School of Economics), Berlino, Yale, Minneapolis, Auckland, Sussex,
Kassel, Politecnico di Zurigo. Il suo libro Against
Method (1975, 1988, 1993), contenente un’imprescindibile ricostruzione del
caso Galilei, è stato tradotto in 17 lingue ed è probabilmente il libro di
filosofia della scienza più discusso dell’ultimo quarto di secolo, in campo
accademico e no. Quanto agli «scienziati fedeli alla ragione», Feyerabend è,
per esempio, uno dei filosofi ringraziati «for comments and advice» dal premio
Nobel per la fisica Steven Weinberg nella Prefazione del suo Dreams of a Final Theory (1992).
L’affermazione
autentica di Feyerabend costituisce il titolo
del capitolo 13o della seconda edizione (1988) di Against Method, e dice (mia traduzione):
«La Chiesa al tempo di Galileo non solo si
mantenne più vicina alla ragione come definita allora e, in parte, anche
adesso, ma considerò pure le conseguenze etiche e sociali delle vedute di
Galileo. La sua messa sotto accusa [indictment]
di Galileo fu razionale e solo l’opportunismo e una mancanza di prospettiva
possono richiedere una revisione».]