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QUALITÀ INTELLETTUALE

 

Rita Levi Montalcini, premio Nobel, sponsorizza un farmaco letale (10.XI.2002) 1

La Levi Montalcini intervistata su vivisezione e Cronassial (22.X.2004) 3

Ricerca biomedica e capacità di cura (2004) 4

Lauree ad honorem: un campione di motociclismo dottore in... “Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni” a Urbino (31.V.2005) 4

Alta velocità e manuali universitari (10.XI.2005) 5

Lauree ad honorem: la Levi Montalcini dottore... in “Comunicazione Multimediale” a Perugia (4.II.2006) 6

Qual è la rotta più breve da Genova al Corno d’Africa? E chi ha inventato Topo Gigio? La cultura generale dei test di ingresso (21.IX.2006) 7

Un ordinario guadagnare quanto un associato? Assurdo! (4.XI.2006) 8

L’università a caccia di iscritti: 3063 corsi di laurea, da “Turismo alpino” a “Tecnologie del fitness” (18.XII.2006) 8

Perché in Italia si fanno pochi figli? No, non è la precarietà del lavoro e gli affitti... (18.I.2007) 9

La cooptazione è un «privilegio» che «è giusto che rimanga»; «non ho mai visto uno molto bravo restare fuori»; bisogna «ridurre drasticamente il numero dei posti di ruolo» (22.III.2007) 11

«Gino Strada [è] il grumo torbido che [...] inquina la lotta al terrorismo» (10.IV.2007) 12

Levi Montalcini: ben vengano gli ibridi uomo-scimmia (8.IX.2007) 13

Gli Ogm insicuri? E allora l’inquinamento atmosferico? (25.X.2007) 13

Umberto Eco: la versione ufficiale dell’11 settembre è vera perché se no qualcuno avrebbe parlato (1.XI.2007) 14

«È necessario che emerga che Forleo e De Magistris sono cattivi magistrati» (4.XII.2007) 15

Paul Feyerabend: chi era costui? (10.I.2008) 16

 

Rita Levi Montalcini, premio Nobel, sponsorizza un farmaco letale (10.XI.2002)

 

<<In questo viaggio nel mondo della vivisezione, o sperimentazione animale che dir si voglia, abbiamo solo marginalmente accennato alle obiezioni etiche che pur ci dobbiamo porre quando “usiamo” gli animali a fini scientifici. Abbiamo evitato, come ha potuto osservare chi ci ha seguito, fotografie sconvolgenti, narrazioni raccapriccianti, perché il nostro scopo non era quello di metterla sul piano del pietismo nei confronti delle cavie. Ci siamo misurati su di un terreno rigorosamente scientifico cercando di dimostrare che talvolta questa sperimentazione “salvavita” è falsa per meri interessi di bottega ed è quasi sempre fuorviante perché i dati, estrapolati dalle cavie, non sono applicabili all’uomo. Gli animali vengono prevalentemente utilizzati in laboratorio come “modelli”: mediante manipolazione genetica, interventi chirurgici o iniezione di sostanze estranee e i ricercatori producono in essi malattie che dovrebbero costituire un modello delle condizioni patologiche umane. Questo è il vero peccato originale che ci ha lasciato in eredità il positivismo scientifico dei secoli scorsi. Anche un profano si rende conto delle enormi differenze che esistono tra un ratto, un cane ed un uomo. Il procedimento attuale è questo. Prendiamo un cane o un ratto che, in natura non soffrono di infarto. Gli causiamo l’infarto con mezzi artificiali e gli inoculiamo sostanze che pensiamo possano curare l’infarto di un uomo che soffre di nevrosi, ipertensione, obesità, fuma, beve e non dorme (situazioni difficilmente riscontrabili in topi e cani). Follia, signori miei, anzi business, soldi a palate per ricercatori, istituti “scientifici”, industrie farmaceutiche, baroni universitari alla caccia di punteggi e sovvenzioni, allevamenti di animali da laboratorio.

 

Se dovessi fare un elenco dei danni provocati all’umanità da questo tipo di ricerca non mi basterebbero tutte le pagine del giornale per un mese di fila. Mi limiterò a riportare che il General Accounting Office statunitense ha passato in rassegna 198 nuovi farmaci dei 209 commercializzati tra il 1976 e il 1985 e ha trovato che, per il 52 per cento, essi presentavano "gravi rischi emersi dopo l'approvazione" e non previsti dai test sugli animali o su prove limitate, effettuate su esseri umani. Questi rischi sono stati definiti come reazioni avverse, che potevano portare al ricovero in ospedale, a invalidità o addirittura a morte. Come risultato, i farmaci suddetti hanno dovuto essere corredati da nuove istruzioni o ritirati dal commercio. E, naturalmente, non è possibile stimare quanti farmaci, potenzialmente utili, siano stati abbandonati sulla base di test fuorvianti.

 

C’è una storia però che vi voglio raccontare, perché tutta italiana e perché implica un farmaco ben noto che molti di voi hanno utilizzato. Il Cronassial. Francesco Della Valle, gestore della Fidia, piccola azienda farmaceutica di Abano (Padova) ottiene da Duilio Poggiolini (questo nome vi è noto?) la registrazione di un farmaco spacciato come miracoloso, il Cronassial. Pubblicizzato come curativo delle “neuropatie periferiche di natura dismetabolica o di altra origine anche decorrenti con manifestazioni infettive tossiche o traumatiche causate da malattie generali” il Cronassial trova in Rita Levi Montalcini uno dei suoi più autorevoli sostenitori. I rapporti tra il premio Nobel e la Fidia di Della Valle si fanno talmente stretti che “La scienziata – dichiararono a Espansione i ricercatori della Fidia – segue le indagini di laboratorio e ne esamina i risultati”, mentre il materiale promozionale dell’azienda rimarca il madrinaggio dell’illustre scienziata, che assurge, nei fatti se non nelle intenzioni, a capofila dei garanti scientifici della Fidia. Il marketing aggressivo di Della Valle induce i medici a prescriverlo come cura di tutti i mali. Il Cronassial diventa uno dei 10 farmaci più venduti in Italia con fatturati da capogiro. La casa farmaceutica tedesca “Dr . Madaus”  entra in rapporti con la Fidia e tenta di introdurre sul mercato tedesco il farmaco miracoloso. Nel 1983 l’Ufficio di Sanità tedesco nega il permesso perché il medicinale (un estratto di cervello di bovino e sale) non risponde alla qualità delle buone regole farmaceutiche e c’è il sospetto che provochi effetti dannosi. Dopo avere assoldato un team aggressivo di avvocati la Dr. Madaus piega l’Istituto di Sanità. Nel 1986 in Germania arriva il Kronosial, ma due anni dopo Il Prof. Peter Berlit, neurologo di Mannheim, dà la notizia che cinque pazienti curati con il Kronosial risultano affetti dalla sindrome di Guillain – Barrè – Strohl, una gravissima e spesso letale malattia neurologica. Mentre negli altri paesi o si rifiuta il farmaco o lo si ritira cosa avviene in Italia ? Solo dopo diversi anni si proibisce ai medici generali di prescrivere la confezione da 100 mg (sic), poi si ritiene necessaria la ricetta dello specialista per utilizzarlo, poi il ministro Costa lo sospende, mentre il Consiglio Superiore di Sanità lo riabilita, assieme ai suoi simili, Biosinax, Sygen, Megan Sinassial e Sincronal. In Inghilterra intanto si verificano 17 casi (tre mortali) di danni imputabili al farmaco. Poi, scoppia il dramma “ mucca pazza “ (il Cronassial è prodotto con cervello bovino).

 

Decine di migliaia di persone in Italia sono “state curate” con questo estratto di cervello bovino, per il quale finalmente, dopo anni giunge il requiem definitivo che si porta dietro il funerale della Fidia. Nel 1990 io stesso sono stato sottoposto ad una terapia mediante un ciclo di venti iniezioni. Il farmaco si chiamava Cronassial. La sindrome di Creutzfeldt–Jacob (mucca pazza) nell’uomo ha un’incubazione lunghissima. Aspetto e spero che non succeda. Le cavie sono solo cani, gatti e topi o anche uomini, come voi e come me? Come mai la Fidia nel 1989 invia una lettera a persone sane affinché si sottopongano a pagamento (1.200.000 lire) per la sperimentazione di un nuovo farmaco, l’AGF2 che dovrebbe contrastare gli effetti dell’ictus cerebrale, ma che non si può escludere abbia conseguenze negative ed effetti indesiderati, nonostante la precedente sperimentazione sugli animali? La morale che si ottiene da questa storia vera è che la sperimentazione animale non serve a nulla e che le vere cavie siamo noi. L’industria farmaceutica, come qualsiasi industria siderurgica, mira al profitto. Noi però non dovremmo essere bulloni, in balìa di uomini senza scrupoli e di controllori spesso conniventi. Se siamo bulloni noi, pensate a come possano essere considerati cani e ratti. Segatura, granelli di sabbia la cui vita viene soffiata via sul palmo d’una mano, come i frammenti di un fiore rinsecchito che rotola sul marmo di una tomba dimenticata. Bisogna cambiare strada, ma è necessario trovare uomini che abbiano coraggio, merce rara, oggi più di ieri.>>

 

[Oscar Grazioli [medico veterinario e giornalista]: “Quando la cavia è l’uomo”, Libero, 10 novembre 2002; sul sito:

 http://www.anmvi.it/anmvioggi/scheletro_articolo_liberoscar.php?codarticololiberoscar=45

si trova il ciclo di articoli da cui questo è tratto.]

 

La Levi Montalcini intervistata su vivisezione e Cronassial (22.X.2004)

 

<<C’è qualcuno che recentemente ha denunciato gli abusi nella sperimentazione animale. È il premio Nobel Rita Levi Montalcini, destando stupore sulle pagine di alcuni giornali.

 

RITA LEVI MONTALCINI

Non sono animalista. Sono per il controllo e la dignità dell’animale. Tanto è che giovane, ancora adolescente, ho rifiutato qualunque esperimento che potesse comportare sofferenza al cucciolo, poniamo. Quindi io ho mai cambiato, sono sempre stata per il rispetto dell’animale, ho rifiutato la carriera di sperimentazione che non accettavo. Quando io ero in America ho visto tagliare le corde vocali agli animali domestici per non sentir le loro urla. Questo è atroce: non soltanto si fa soffrire l’animale ma gli si impedisce di dimostrarlo. Ho fatto un esperimento su un primate, un piccolo, e si è ribellato, era semplicemente un’iniezione innocua, ma la sofferenza che io vedevo mi ha impedito di lavorare anche a livello dei primati subumani.

AUTRICE
Serve o non serve allo scienziato?

RITA LEVI MONTALCINI

Si, Oddio bisogna che sia controllata, purtroppo non possiamo farne a meno, però lo si deve fare con il massimo rispetto dell’animale stesso e senza farlo soffrire.>>

[...]

<<Qui fanno test di tossicità sulle scimmie, qui sui cani beagles e lo stress, dicono tutti gli esperti, cambia i risultati. Allora quali certezze usciranno da questi laboratori? E vale per tutti dato che, per i farmaci, dopo i test animali vengono quelli sull’uomo. Il cronassial è un farmaco che adesso non si usa più. Veniva venduto come la panacea per i problemi neurologici. Ma è stato ritirato dal commercio dopo qualche morto e quando si è capito che poteva provocare effetti devastanti su fegato e muscoli. La professoressa Rita Levi Montalcini ha collaborato con l’azienda produttrice.

 

RITA LEVI MONTALCINI

Certo il Cronassial l’ho conosciuto ai suoi tempi.

AUTRICE
E perché la sperimentazione ha dato risultati che poi non erano?

RITA LEVI MONTALCINI

A chi, dove e quando?

AUTRICE
Beh, è stato messo in commercio e poi ritirato perché produceva effetti collaterali molto gravi?

RITA LEVI MONTALCINI

Non mi risulta. Non commento su cose che non conosco! Non mi fate tutte queste domande perché trovo un po’ perdita di tempo.

AUTRICE
Ma esistono dei farmaci che sono stati sperimentati sugli animali e poi sull’uomo hanno dato risultati completamente diversi.

RITA LEVI MONTALCINI

No, non mi risulta! Io ritengo che l’esperimento sull’animale è valido, naturalmente con il controllo. Scusi: ma sono domande che non mi vanno tanto.>>

 

[Chiara Baldassari, Giovanna Boursier: "Uomini e topi", venerdì 22 ottobre 2004 ore 21:00 - Rai 3, http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E90208,00.html

In quello stesso 2004 la Levi Montalcini pubblicava un volume dal significativo titolo Abbi il coraggio di conoscere.]

 

Ricerca biomedica e capacità di cura (2004)

 

<<[...] nelle facoltà di medicina, dove l’arruolamento dei docenti avviene esclusivamente sulla base della produzione scientifica senza che venga tenuto conto dell’attività assistenziale, che si acquista frequentando assiduamente le corsie e le sale operatorie. Ciò ha fatto sì che, in molti casi, a dirigere reparti di medicina e chirurgia siano stati chiamati docenti che non hanno mai visitato un malato o eseguito un intervento chirurgico.>>

 

[Francesco Sorrentino: “In medicina siamo tutti professori”, Università Oggi, n. 38, 2004]

 

 

Lauree ad honorem: un campione di motociclismo dottore in... “Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni” a Urbino (31.V.2005)

 
<<Il Doctor, ora è davvero dottore: dopo il cantante Vasco Rossi un altro mito dei giovani e non solo ha ricevuto una laurea honoris causa in comunicazione: il campione di motociclismo Valentino Rossi, da Tavullia. Un titolo che gli mancava. Benché uno dei suoi nomignoli sia proprio "il dottore", Valentino Rossi "dottore" non lo è mai diventato, malgrado una laurea fosse sotto sotto il sogno di mamma Stefania.


A colmare questa lacuna ci ha pensato la facoltà di Sociologia dell'Università di Urbino Carlo Bo, che proprio questa mattina ha conferito al pluricampione la laurea honoris causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni. Il tutto in una standing ovation organizzata nell'Aula Magna dell'Istituto.


Giacca a righe, maglietta, jeans e scarpe da ginnastica, il neo dottore ha esordito con un... 'Sono abbastanza emozionato, come sto? La laurea mi rende felicissimo, e soprattutto rende felice mia mamma, che ormai si era arresa..."


"Sono molto contento" ha aggiunto il padre Graziano "responsabile" della passione per la velocità trasmessa al figlio. "Sono stato la causa della sua "dipartita" dalla scuola ed è stata una grande responsabilità portare avanti questo figlio" nel mondo delle corse. Oggi la laurea ad honoris [sic!] "cancella questa preoccupazione definitivamente. Valentino, ha preso questa cosa con l'importanza che ha: vuol dire che ha capito che la città, che la gente gli riconosce grandi meriti".

 

Immancabile qualche luccicone agli occhi della madre, che ha raccontato di essersi arrabbiata con Valentino studente solo una volta, quando prese insufficiente in terza media. Nel parterre anche il cantante Lucio Dalla in veste di professore della facoltà. "Valentino - ha detto - è una grande comunicatore e comunicare è un dono della natura ma anche un dono acquisito".


"Certo che io ho faticato per prendere la laurea: ho dovuto vincere sei mondiali!". Incorreggibile Valentino Rossi, che anche da neo dottore non si smentisce e usa l' ironia per sdrammatizzare le situazioni emotivamente più forti.

 

In una conferenza stampa al termine della cerimonia per il conferimento della laurea ad honoris [sic!] in comunicazione ("la prima in Italia in questo argomento", tiene a precisare il rettore di Urbino Giovanni Bogliolo), Valentino si è prestato di buon grado alle domande dei giornalisti che volevano sapere di lui come studente e della sua carica comunicativa. "A scuola - racconta il campione che è arrivato a fare due anni di liceo linguistico a Pesaro, prima di dedicarsi anima e corpo alle corse - la materia che mi piaceva di più era l' italiano, ma anche in matematica non andavo poi così male. Come studente mi ricordo soprattutto l' esame di quinta elementare, perchè alla vigilia mi ruppi il braccio sinistro, e per me che sono mancino fu un disastro".


"C'è sempre una grande pressione prima di un esame - divaga - e anche oggi l'ho sentita, più che alla partenza di un Gran Premio". Qualcuno gli fa poi notare che le sue 'zingarate' con l'amico Uccio sono diventate la cifra di uno stile da sublime comunicatore, che l'ha portato alla laurea.


"Quello è il bello - ribatte - che le cose pensate al bar la sera abbiano avuto tanto successo tra la gente. Forse il segreto è nelle cose vere, fatte per ridere". E la Tv? Come gestisce la sua immagine, l'icona mediatica Valentino Rossi? "Ho pochissimo tempo per me e quando ne ho non ho voglia di fare niente. In televisione non trovo tanti programmi dove poter andare, fare bella figura e soprattutto divertirmi. A me piacciono i Simpson, ma non mi hanno ancora invitato!".


"Nella mia professione - continua - è facile il rischio di sovraesposizione. La gente si stanca, mi stancherei anche io a vedermi sempre lì". Prima di andare via, Valentino si assesta sulla spalla la fascia arancione da neo laureato: "Mi tengo questo colore - se ne esce con un' ultima fulminante battuta - dopo che il magnifico rettore mi ha detto che il giallo è il colore dei cornuti".>>

 

[“Su proposta della facoltà di sociologia dell'Università di Urbino, / Rossi è laureato in "Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni"/ Laurea honoris causa a Rossi / Il 'Doctor' diventa dottore, la Repubblica, 31 maggio 2005]

 

Alta velocità e manuali universitari (10.XI.2005)

 

<<La scorsa primavera, la ex commissaria europea ai trasporti, ora coordinatrice europea della Torino-Lione, la signora Loyola De Palacio, il ministro Lunardi e la presidente della regioen Piemonte, Mercedes Bresso, proclamarono a gran voce la sostenibilità del tracciato della Torino-Lione. Mi ha particolarmente stupito la posizione di Mercedes Bresso che, oltre a possedere una forte personalità politica, è mia collega in quanto insegnate [sic] universitaria, economista specializzata in valutazione di impatto ambientale. Se dovessimo utilizzare e applicare i metodi esposti in un manuale sulla valutazione di impatto ambientale redatto dai professori Mercedes Bresso, Alberico Zappetella e Rossana Russo – Analisi dei progetti e valutazione d’impatto ambientale, pubblicato da Franco Angeli nel 1985, 1988 e 1990. con intervento di Paul Tomlinson nel 1988 e di Tomlinson e Gamba nel 1990, una vera bibbia per chi si occupa del settore – il progetto della Tav in Val di Susa non avrebbe ragione d’esistere, o sarebbe inesorabilmente da affossare sulla base della sequenza: insostenibilità dei costi, irreversibilità di alcuni impatti ambientali, negazione della partecipazione da parte della popolazione. Spero che l’atteggiamento della Presidenza della regione Piemonte non sia un indiretto assenso alla proposta bipartisan di Lunardi, il quale, il 5 novembre scorso, in occasione di un incontro a Verona dei ministri dei trasporti dell’Unione europea, ha chiesto all’opposizione una decisa adesione ai programmi infrastrutturali del governo. Alta velocità Torino-Lione e Ponte sullo Stretto di Messina compresi.>>

 

[Virginio Bettini, professore di analisi e valutazioni ambientali all’università di Venezia: “La scienza dà ragione alla Val di Susa”, il manifesto, 10 novembre 2005, p. 6.]

 

Lauree ad honorem: la Levi Montalcini dottore... in “Comunicazione Multimediale” a Perugia (4.II.2006)

 

<<Sabato 4 febbraio alle ore 11,30 l’Università degli Studi di Perugia conferirà la Laurea magistrale honoris causa in Comunicazione Multimediale al Premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini.

 

La solenne cerimonia nel latino cinquecentesco, presieduta dal Magnifico Rettore professore Francesco Bistoni, si svolgerà nell’Aula Magna dell’Ateneo.

 

La laurea honoris causa, proposta dal ‘Promotore’ professore Francesco Di Pilla e approvata dal Consiglio di Facoltà di Lettere e filosofia e dal Senato Accademico dell’Ateneo, viene conferita alla scienziata Rita Levi Montalcini “per l’impegno costante con cui da anni ha divulgato i valori della conoscenza scientifica, per la sua attività di sostegno ad un uso etico della Scienza, per la sua efficace dedizione alla causa della Bioetica”.

 

Rita Levi Montalcini, nata a Torino nel 1909, si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 1936.

 

Fin dai primi anni universitari si dedica agli studi sul sistema nervoso.

 

Nel 1947 si trasferisce in America alla Washington University di Saint Louis, dove diventa docente di Neurobiologia.

 

Per trent’anni vive negli Stati Uniti dedicandosi alla ricerca: in questo periodo scopre ed identifica una proteina, il fattore di crescita delle cellule nervose (Nerve Growth Factor, noto con l'acronimo NGF), che ne regola lo sviluppo e la differenziazione. Scoperta questa che le valse poi, nel 1986, il Premio Nobel per la Medicina.

 

Componente del CNR e membro delle più prestigiose accademie scientifiche nazionali ed internazionali, è Presidente onorario dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla ed è impegnata nel campo sociale attraverso una sua fondazione.

 

Nel 2001 è stata nominata Senatore a vita.>>

 

[“Laurea Honoris Causa al Premio Nobel Rita Levi Montalcini - Sabato 4 febbraio nell’Aula Magna dell’Università di Perugia”, 

www.unipg.it/contenuti/newstory/laurea_montalcini ]

 

 

<<(ANSA) - PERUGIA, 4 FEB - Il premio Nobel Rita Levi Montalcini ha ricevuto la laurea honoris causa in comunicazione multimediale all'università di Perugia. La 'lectio doctoralis' della Montalcini ha affrontato il tema dei 'Nuovi magellani nell'era digitale', incentrata sul riconosciuto ruolo del principio cognitivo. Presieduta dal rettore dell'ateneo perugino, Francesco Bistoni, la cerimonia si è svolta secondo un antico rituale in latino del XVI secolo davanti ad un pubblico di oltre 500 persone.>>

 

[“Laurea honoris causa a Montalcini / Ateneo Perugia, riconoscimento in comunicazione multimediale”,

http://magazine.libero.it/internetlife/generali/ne.php?id=6996305.

 

Un esempio molto significativo della reticente (e fuorviante) “comunicazione multimediale” della prof.ssa Levi Montalcini è riportato qui. Per il caso Cronassial e le reazioni avverse causate da farmaci considerati ‘sicuri’ sulla base di esperimenti su animali vedi qui.]

 

Qual è la rotta più breve da Genova al Corno d’Africa? E chi ha inventato Topo Gigio? La cultura generale dei test di ingresso (21.IX.2006)

 

<< Proteste spontanee a Roma, Bari e Catanzaro; presidi e striscioni a Napoli con i genitori in piazza a fianco dei figli, coordinamenti degli studenti che propongono ricorsi collettivi a chi è rimasto fuori dai posti stabiliti dagli atenei in base alla direttiva del ministero dell'Università. La vita sarà pure tutto un quiz, come cantava Renzo Arbore a 'Quelli della notte', ma non azzardatevi a fare gli spiritosi con qualcuno degli esclusi perché sareste sepolti da un mare di imprecazioni. Si sono concluse da pochi giorni, in tutta Italia, le prove di ingresso ai corsi universitari, ma non si spengono le polemiche tra i favorevoli e i contrari al numero chiuso: 28 mila i posti disponibili per il 2006-2007 a fronte di 250 mila candidati con un aumento dell'8 per cento rispetto all'anno scorso e una quota di ammessi che supera appena l'11 per cento del totale.


Nell'occhio del ciclone sono finiti i quesiti dei test di ingresso: "assurdi", "non attendibili", "fatti su misura dei raccomandati", sono stati alcuni dei commenti degli esclusi. È così che, a Odontoiatria, nella sezione di 'logica e cultura generale', in molti hanno giudicato "pazzesche" le domande di storia su chi, tra Cola di Rienzo, Gattamelata o Muzio Attendolo Sforza, fosse stato un "famoso capitano di ventura" e quale presidente statunitense (J. Monroe) nel 1823, in un messaggio al Congresso, disse: "L'America agli americani". A Medicina-Chirurgia sono sembrate "curiose" le domande sulla maggiore distanza, in linea d'aria, tra alcune coppie di città del mondo e su quale personaggio storico scampò al massacro della notte di San Bartolomeo; mentre a Veterinaria c'è chi ha definito "strano" il quesito su quale sia la rotta più breve per raggiungere via mare il Corno d'Africa partendo da Genova. Il paradosso si è registrato alla prova per le professioni sanitarie. I candidati dovevano sapere se Mario Faustinelli fosse l'inventore di Topo Gigio e quale canzone è stata la più acclamata al concerto di Telecom a Roma con Billy Joel e Brian Adams.


Dal ministero dell'Università si difendono e assicurano che non c'è niente di nuovo. "Ogni anno, in queste settimane, scoppiano le polemiche sulla legittimità dei test che vengono adottati sulla base di precise direttive comunitarie", spiega Olimpia Marcellini, direttore generale del Miur per lo studente e il diritto allo studio. Ma per i detrattori del numero chiuso le cose non sono così semplici.


Innanzitutto, va chiarito che, sull'accesso ai corsi di laurea, c'è una legge, la 264 del '99, che mette i paletti alle immatricolazioni di sei corsi a livello nazionale: medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura, professioni sanitarie e scienze della formazione primaria. Ma solo per le prime tre aree di studi è il Ministero a predisporre i test su scala nazionale: 80 domande a risposta chiusa e divise in 33 quesiti di logica e cultura generale, 21 di biologia, 13 di chimica e 13 di fisica e matematica. I test vengono preparati da un'unica commissione ma, per tutti gli altri corsi, ogni singola università fa da sé. È la regola che vale per Architettura e Ingegneria. Ma è la sezione di cultura generale dei test predisposti dal ministero dell'Università che lascia perplessi: "Troppi e non comprensibili". Al centro delle critiche anche un altro aspetto. "Ogni anno", dicono gli studenti dell'Udu, "si restringe il numero dei fortunati e aumenta quello dei candidati che in più sono costretti a rispondere a quesiti impresentabili". Ed è un dato di fatto che, ad esempio, il ministero della Sanità ha dato indicazione al Miur di permettere l'iscrizione a Medicina solo di 4.800 studenti.


Il ministero dell'Università ha allargato le maglie a 7.864, ma si sono presentati in 26 mila. "La logica dei test è giusta, ma può diventare eccessiva", spiega Guido Fiegna, dirigente del Politecnico di Torino. La strada che qualcuno vorrebbe seguire è allargare le maglie dell'accesso per permettere a chi non ha ottenuto un punteggio elevato di iscriversi con riserva. È appunto il caso del Politecnico. Qui uno studente che viene dal liceo classico e non ha studiato la trigonometria può comunque iscriversi a seguire i corsi di recupero per colmare le lacune prima che iniziano le lezioni.


Eppure, il numero delle università statali che hanno adottato i test di ingresso è in crescita. Sui 72 atenei pubblici oltre i due terzi hanno messo test di ingresso anche a tutti i corsi triennali. Per adesso, dal dicastero dell'Università, fanno sapere che il ministro non è intenzionato a mettere mano ai criteri: la valutazione d'ingresso non è una priorità visto che, come per la scuola, la preoccupazione maggiore è resistere sull'Aventino. Finanziaria alla mano, sarà già un ottimo risultato se il ministro dell'Economia lascerà tutto come è.>>

 

[Andrea Benevenuti, “Topo Gigio University”, L’espresso, 28 settembre 2006, p. 79;

http://oknotizie.alice.it/go.php?us=29800248f73ab1d4 ]

 

Un ordinario guadagnare quanto un associato? Assurdo! (4.XI.2006)

 

<< Sono un professore ordinario dell’Università di Roma «Tor Vergata» e mi sento chiamato in causa dalla lettera dell’illustre collega Margherita Hack (del 1 novembre).

 

La legge sullo stato giuridico della docenza universitaria stabilisce che un ricercatore guadagni il 70% di un professore associato e questi il 70% di un professore ordinario.

 

In più, all’interno di ogni fascia, la retribuzione cresce nel tempo per effetto di una progressione economica che si sviluppa mediante scatti biennali automatici. Il taglio degli scatti di anzianità, proposto dal governo, è una misura non transitoria che, di fatto, penalizza i docenti più giovani siano essi ordinari, associati o ricercatori. Margherita Hack, difendendo giustamente i ricercatori e gli associati, suggerisce di tagliare gli scatti dai soli professori ordinari. Ma in tal modo, da matematico, tabelle stipendiali alla mano, calcolo che un associato, dopo un certo numero di anno, a parità di anzianità, guadagnerebbe più di un ordinario>>

 

[Stefano Varricchio [Prof. Univ. Roma Tor Vergata], “A Margherità Hack sottopongo questo calcolo”, la Repubblica, “Lettere”, 4 novembre 2006, p. 18; risponde a questa lettera]

 

 

L’università a caccia di iscritti: 3063 corsi di laurea, da “Turismo alpino” a “Tecnologie del fitness” (18.XII.2006)

<<ROMA –  C’è il corso di studio in "Scienze sociali per lo sviluppo e la pace" e quello che specializza nella "schedatura del verde urbano". C’è la laurea che prepara in "Turismo alpino" e quella che educa alla "Teoria delle forme". Ci sono studenti che dovrebbero applicarsi allo studio di "Scienze equine" con tanto di corsi di equitazione in centri convenzionati. E corsi di laurea che promettono di formare in "Tecnologie del fitness". L’elenco delle specializzazioni che si conseguono nelle università italiane è lungo e imprevedibile, sono 3.063 i corsi, molti proliferati negli ultimi anni, un’offerta formativa, si chiama così, che ben rende la logica da mercato che pervade gli atenei sempre più a caccia di studenti per conseguire fondi e sopravvivere.

 

Un convegno oggi all’Università di Salerno, "Laurea offresi - Falsi con lode", fotografa lo stato dell’università italiana dove sono spuntati negli ultimi anni centinaia di corsi, i più svariati, dai nomi accattivanti, che vorrebbero sembrare innovativi ma non sempre coerenti e necessari. «Ci sono corsi dai nomi strampalati, specchietti per le allodole per attrarre iscritti», spiega Salvatore Casillo, docente di sociologia industriale, organizzatore del convegno, la sua relazione d’apertura ha il titolo volutamente macchiettistico: "Come ti erudisco il pupo". «Sono proliferate molte università, facoltà e corsi, un’anomalia che nasce con il fatto che il decreto che riforma gli insegnamenti prevede 42 classi di laurea, all’interno di queste classi però ognuno può inventarsi le sue lauree, spesso i nomi artificiosi sono fatti volutamente per attrarre studenti, costruendo dei profili professionali su quelli che una volta potevamo considerare esami facoltativi». Ecco dunque a Bari il corso di studio in "benessere del cane e del gatto", a Roma il corso di "Comunicazione nella società della globalizzazione", a Torino il corso di studio in "Scienze della mediazione linguistica per traduttori e dialoghisti cinetelevisivi", a Parma il corso in "Scienza e tecnologia del packaging". «Come può sopravvivere una persona che si laurea in turismo alpino? Alla fine viene fuori che va a fare la guida alpina», spiega Casillo. «Così come il corso in Scienze e tecnologie del fitness: se vai a leggere scopri che deve dare informazioni sull´uso di sostanze dopanti».

 

Ai corsi di laurea fantasiosi si aggiunge poi la questione delle convenzioni stipulate dagli atenei con gli enti più svariati per conseguire crediti formativi, e spesso i crediti ottenuti in questo modo formano gran parte del punteggio necessario per la laurea triennale. «Dal 2004 sono cambiati alcuni dei parametri sulla base dei quali viene assegnato il cosiddetto fondo ordinario. Una volta si fondava sul numero degli iscritti, oggi sugli studenti in corso. E così è iniziata la campagna delle convenzioni che permette di riconoscere le attività che si sono svolte nei vari enti». L’università angosciata dalla produttività cerca di laureare il maggior numero di studenti, a volte aiutandosi con la fantasia, altre volte in modo spregiudicato. C’è infatti anche la questione delle università telematiche, dove non ci sono solo corsi fantasiosi ma anche "regolarità" inquietanti: gli atenei on line sono 4, due non hanno docenti, uno ne ha solo uno, l’altro ha due professori: uno di questi è in congedo da otto anni.>>

 

[Marina Cavalieri, “Università, ecco i corsi più pazzi d’Italia”, la Repubblica, 18 dicembre 2006, p. 31]

 

Perché in Italia si fanno pochi figli? No, non è la precarietà del lavoro e gli affitti... (18.I.2007)

 

<<E il bel paese, come al solito, è in controtendenza. Se in Francia scoppia la voglia di maternità a 25 anni e i baby di casa sono di media due, se negli Usa tutte le donne aspirano a diventare genitore, anche a costo di mettere all’angolo il babbo di turno... in Italia far figli è diventato un problema. Perché?

 

«Perché viviamo di precariato – spiega la professoressa Anna Oliviero [sic] Ferraris [...], docente di psicologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma – Perché i giovani oggi tendono a rimandare la formazione di una famiglia a tempi migliori, senza rendersi conto che oltre un certo limite di età, l’infertilità è in agguato».

 

[...]

 

Ed è questo il motivo per cui in Italia i figli sono “a rischio”?

 

«C’è l’idea diffusa di rimandere [sic], di convincersi che c’è sempre tempo per diventar genitori. E c’è anche, forse soprattutto, la comodità di viversi una lunga adolescenza. Oggi è naturale rimanere a casa di mamma e papà fino a 30-35 anni. I problemi? Li risolvono loro».

 

Ma questa difficoltà dei ragazzi  sganciarsi di casa è legata anche al lavoro...

 

«Il problema è molto articolato. Siamo un popolo di mammoni, abbiamo una concezione dello Stato paternalista, la generazione di genitori di oggi vive prevalentemente nel benessere... E tutto questo rallenta i giovani e la formazione di famiglie nuove».

 

C’è comunque poco da dire. Se a fine mese i soldi non ci sono, come si fa a metter su famiglia?

 

«Dovrebbero essere i genitori, almeno quelli che stanno bene, a dare i soldi ai figli perché se ne vadano da casa! Facendo così, tenendoli stretti e coccolati, li impigrisci, li privi di stimoli. E loro non volano».

 

Ma non sarà anche perché, ammesso che volino, poi si ritrovano senza paracadute? Chi aiuta le madri? Le strutture dove sono? Dove sono gli asili?

 

«Ci sono, forse in alcune zone saranno insufficienti... Ma è un problema di mentalità. Guardi per esempio i paesi del Nord Europa, guardi la Germania dove sono molto più spartani. Là i giovani se ne vanno, tentano di spostarsi, di sturare o lavorare all’estero. E così crescono. In Italia, invece, si rimane. Si preferisce vivacchiare».

 

Come si inverte la rotta?

 

«Cambiandoci tutti la testa. Siamo un paese che ha tanti lati positivi, ma per quanto riguarda la famiglia, forse perché non abbiamo buoni modelli, forse perché abbiamo troppe preoccupazioni, forse perché siamo inquinati dal sindacalismo... non lo so. Sta di fatto che siamo un paese con un’intelligenza collettiva scadente. E questo, ci fa invecchiare».>>

 

[Laura Cinelli, “«Ma è anche colpa dell’eterna adolescenza»”, QN-Quotidiano Nazionale, 18 gennaio 2007, p. 29. Anna Oliverio Ferraris è professore ordinario. Una settimana dopo, il 25 gennaio 2007 la Repubblica pubblicava a p. 4 il seguente articolo, di Luisa Grion:

 

<<Studio del Cnel. Scompare la famiglia numerosa, oltre il 50% ha due persone

UN FIGLIO COSTA 800 EURO AL MESE

 

ROMA – La voglia ci sarebbe, e non di uno, ma di due, addirittura di tre figli. Ma a far desistere le giovani coppie dall’idea di metter su famiglia subito, senza rimandare la scelta nel tempo, spesso è solo una questione di soldi. Perché fare un figlio costa, e pure tanto. Per il primo si devono mettere in conto dai 500 agli 800 euro al mese, il che vuol dire tagliare il reddito familiare di una quota che varia fra il 18 e il 45 per cento. E più ne fai, di bimbi, più rischi di trovarti sotto la soglia della povertà perché di bassa natalità si fa presto a parlare, ma l’Italia nei fatti resta un paese che investe poco sui bambini: se l’Europa in media dedica alla famiglia l’8 per cento della spesa sociale, noi ci fermiamo a quota 4,1. Chi decide di fare figli, dunque, lo a fa a sue spese.

 

I numeri nudi e crudi sono stati messi in fila in un convegno organizzato dal Cnel e il quadro che ne è derivato non è incoraggiante: si è scoperto che realizzare il desiderio di una famiglia numerosa, con almeno tre ragazzi, significa rischiare la miseria. Il 20,9 per cento delle famiglie che ha fatto tale scelta è diventato povero (e nel Sud per fare crollare gli standard di vita di bambini ne bastano due). Vi sono poche economie di scala e conta poco anche la crescita: secondo uno studio di Federico Perali, economista dell’Università di Verona «il costo del mantenimento di un figlio con meno di sei anni fa sì che le spese della famiglia aumentino del 19,4 per cento e corrisponde al 38,7 per cento del costo di un adulto equivalente. Fra i 6 e i 13 anni e poi durante l’adolescenza il rapporto con l’adulto scende di pochissimo, rispettivamente al 32,6 e al 35,8 per cento». Non solo: per le donne fare figli rappresenta ancora una minaccia alla stabilità del lavoro, ai progressi in carriera e prevede la rinuncia pressoché totale al «tempo». Perché anche se da parte maschile qualche progresso c’è stato, la cura dei ragazzi resta una prerogativa femminile. Negli ultimi 14 anni gli uomini hanno aumentato la loro quota di partecipazione al lavoro familiare solo i 16 minuti al giorno.

 

Risultato è che la famiglia italiana è in via di scomparsa: un nucleo su due è formato da una o al massimo da due componenti. [Le famiglie costituite da una sola persona – ha spiegato al convegno del Cnel Luisa Sabbadini, direttore generale Istat – sono il 25,9 del totale; il 26,8 ha due componenti e il 21,8 per cento ne ha tre». Una coppia su cinque non ha figli. Il modello «figlio unico»  è sempre più diffuso: al Nord riguarda il 53,7 delle famiglie. Da vent’anni siamo al di sotto di 1,4 figli per donna. Che fare allora per far sì che i bambini continuino a nascere? Per cominciare forse basterebbe copiare la Francia, dove alle politiche familiari è dedicato il 3 per cento del Pil contro il nostro 0,9. >>]

 

La cooptazione è un «privilegio» che «è giusto che rimanga»; «non ho mai visto uno molto bravo restare fuori»; bisogna «ridurre drasticamente il numero dei posti di ruolo» (22.III.2007)

 

[Intervista a Fabio Roversi Monaco, ex rettore dell’Università Alma Mater dal 1985 al 2000 e oggi presidente della Fondazione Cassa di Risparmio.]

 

<<[...] Dopo l’inchiesta su Medicina Interna, è il secondo scandalo che ha per oggetto i concorsi universitari al Policlinico di Bologna. Non crede che le modalità di selezione della comunità scientifica siano da riscrivere alla radice?

 

«Ma di fronte a eventi del genere qualsiasi meccanismo giuridico-amministrativo di selezione segna il passo! Il sistema dei concorsi è cambiato quattro o cinque volte in 15 anni: erano indetti su scala nazionale, poi locale su richiesta del singolo ateneo e garantendo la copertura finanziaria, ora saranno di nuovo nazionali per decreto del ministro Moratti. Anche i commissari venivano un tempo estratti a sorte, poi eletti dai colleghi, poi l’una e l’altra cosa...»

 

E allora qual è il punto?

 

«Il venir meno del senso etico e di appartenenza dei membri della comunità scientifica. L’ingiustificato timore di molti di esporsi. La perdita di quelle forme di controllo collettivo che si reggevano sull’approvazione o la riprovazione dei pari grado. Ci fosse un disegno ideologico lo si potrebbe combattere: invece sono piccoli corporativismi e improvvisi incroci di interessi.»

 

Ma proprio questo mette sotto accusa l’attuale spurio sistema di selezione: di cooptazione di associati e ordinari da parte dei docenti della disciplina cui appartengono, con la pretesa un po’ipocrita che vinca il migliore.

 

«La cooptazione è un privilegio dei professori universitari, e io credo sia giusto rimanga. Non sempre vince il migliore, è vero, ed entrano talvolta persone non di qualità: ma non ho mai visto uno molto bravo restare fuori. Riconosco semmai che la cooptazione funziona in una comunità ristretta in cui tutti sono tenuti a conoscersi. Quando io vinsi, nel ’70, di ruolo eravamo meno di 200; oggi sono più di 3 mila. La verità è che il sistema andrebbe riformato cominciando col ridurre drasticamente il numero dei posti di ruolo».

 

Lo ritiene davvero possibile?

 

«Figuriamoci! In Italia non si caccia mai nessuno...»>>

 

[Roberto Di Caro, “Tagliamo le cattedre”, L’espresso, 22 marzo 2007, p. 83.]

 

«Gino Strada [è] il grumo torbido che [...] inquina la lotta al terrorismo» (10.IV.2007)

 

<<Lo abbiamo scritto a più riprese: è Gino Strada il grumo torbido che fa bassa demagogia, inquina la lotta al terrorismo e degrada l'immagine italiana nel mondo. Ma ora c'è qualcosa di ben più grave: è l'evidente legame intessuto di connivenze e ricatti sotterranei tra il sedicente operatore umanitario e il governo della Repubblica.


Basta leggere le arroganti parole rivolte a Prodi e Karzai, accusati di essere i veri responsabili degli assassinii dei due collaboratori di Mastrogiacomo, per capire qual è il gioco del medico bifronte. Ma il ricatto che Strada tenta di mettere in atto nei confronti del governo italiano può avere corso solo perché i nostri massimi responsabili politici sono in condizione di essere ricattati. Non ci può essere ricatto se non c'è qualche vicenda oscura che accomuna ricattatore e ricattato.

 
Sia ben chiaro: anche noi riteniamo che occorra fare il possibile per salvare qualsiasi vita umana per cui siamo stati soddisfatti della liberazione del giornalista di Repubblica. La responsabilità del governo non è di avere trattato attraverso i canali disponibili, ma di avere abdicato alle sue prerogative di rappresentante di uno Stato di diritto a favore di un personaggio le cui ambiguità non si finisce mai di scoprire.


La verità è che, dando carta bianca a Strada - così come sembra sia accaduto anche con Torsello -, il governo italiano si è consegnato agli interessi terroristici dei talebani e ai loro istinti sanguinari. Ancora peggio, è caduto o è sembrato cadere nelle manovre di persone di Emergency ritenute dai servizi segreti afghani (che dovrebbero intendersene) conniventi con i tagliagole.


Del resto Strada non ha mai nascosto da che parte politica sta, qual è il suo giudizio sulla nostra presenza militare in Afghanistan e sui nostri rapporti con l'alleato americano, pubblicamente definito un terrorista alla stregua di Osama Bin Laden.


Oggi quel che va messo sotto accusa è la responsabilità del governo per un'abdicazione non degna di uno Stato di diritto. È probabile che gli inglesi, gli israeliani ed altre autorità occidentali si adoperino per salvare le vite dei loro cittadini, soprattutto se in divisa. Ma nessun governo si mette nelle mani di un demagogo non indifferente al fascino rivoluzionario di chi combatte i nostri militari per ammazzarli.>>

 

[Massimo Teodori, “Connivenze e ambiguità”, il Giornale, 10 aprile 2007, http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=169852;

l’autore è professore ordinario presso la facoltà di scienze politiche dell’università di Perugia.]

 

 

Levi Montalcini: ben vengano gli ibridi uomo-scimmia (8.IX.2007)

<<(ANSA) - CERNOBBIO (COMO), 8 SET - Si' di Rita Levi Montalcini agli embrioni chimera, le cellule ibride, in parte animali e in parte umane, create in laboratorio. 'L'hanno fatto in Inghilterra e io sono d'accordo', ha affermato a Cernobbio il premio Nobel in risposta a una domanda sul recente via libera nel Regno Unito alla sperimentazione sugli embrioni chimera. 'Condivido quanto ha detto un famoso neurologo: se con un ibrido di un uomo-scimmia salviamo milioni di vite dall'Aids, ben venga', ha aggiunto.>>

[  “Montalcini, sì a embrioni chimera/  ‘Se cellule ibride possono salvare vite umane, ben vengano’”, ANSA, 8 settembre 2007, ore 13.43, http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/scienza/news/2007-09-08_108111509.html ]

 

 

Gli Ogm insicuri? E allora l’inquinamento atmosferico? (25.X.2007)

 

<< “Per fortuna c’è l’Europa. Questa decisione dimostra che mentre l’Italia punta i piedi, il resto del mondo va avanti”. Gilberto Corbellini, che insegna storia della scienza all’università La Sapienza, fa parte del Comitato nazionale di bioetica ed è copresidente dell’associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica, plaude al via libera di Bruxelles.

 

Da dove nasce la sua soddisfazione?

“L’Europa ha più buon senso di noi. Ha speso 70 milioni di euro delle nostre tasse e negli ultimi 15 anni ha fatto tutte ricerche possibili per dimostrare la sicurezza degli ogm. Alla fine, come era logico, li ha autorizzati”.

 

La sicurezza di questi prodotti è stata quindi dimostrata?

“Sì, è stato osservato che i rischi di queste coltivazioni sono trascurabili sia per l’uomo che per l’ambiente. Parliamo di pericoli insignificanti se paragonati alla maggior parte delle attività che compiamo quotidianamente, dall’andare in macchina al respirare l’aria inquinata delle nostre città”.

 

L’Italia però non è sola nella sua protesta. Anche la Francia si è detta contraria alla decisione dell’Unione Europea.

“La Francia è un Paese produttore di semi e ha interessi economici da difendere. A preoccuparmi di più, per quanto riguarda il nostro Paese, sono le posizioni ideologiche e antiscientifiche che si sono mobilitate per osteggiare gli ogm. Andando avanti così, l’Italia rischia di finire sotto una cappa di oscurantismo”.

 

Ora è stata approvata la commercializzazione di quattro ogm. Dobbiamo attenderci anche la produzione diretta?

“Sono già molti gli stati in Europa che non si pongono problemi a coltivare ogm. Attualmente, dal punto di vista della legislazione, c’è il caos più totale. Ben vengano delle norme che portino un po’ d’ordine , anche perché i prodotti geneticamente modificati sono quelli più sottoposti a controlli e regolamentazioni. La sicurezza del mais geneticamente modificato è sotto certi aspetti superiore a quella del mai italiano”.

 

[Elena Dusi: “«Era ora, l’Italia punta i piedi / il resto del mondo va avanti»”, la Repubblica, 25 ottobre 2007, p. 23.

Corbellini è attualmente professore straordinario di Storia della medicina per il corso di laurea di Medicina e Chirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma (http://w3.uniroma1.it/dmsp/docenti/Corbellini.htm ). Per la “sicurezza” degli Ogm si veda:

http://www.euractiv.com/en/biotech/commission-transparency-gmo-decisions/article-154355 ]

 

 

Umberto Eco: la versione ufficiale dell’11 settembre è vera perché se no qualcuno avrebbe parlato (1.XI.2007)

 

<< [...] siccome ritengo che il nostro mondo sia nato per caso, non ho difficoltà a ritenere che per caso o per concorso di varie stupidità vi avvengano la maggior parte degli avvenimenti che l'hanno tormentato nel corso dei millenni, dalla guerra di Troia ai giorni nostri, e quindi sono per natura, per scetticismo, per prudenza, sempre incline a dubitare di qualsiasi complotto, perché ritengo che i miei simili siano troppo stupidi per concepirne uno alla perfezione. Questo anche se - per ragioni certamente umorali, ma per impulso incoercibile - sarei propenso a ritenere Bush e la sua amministrazione capaci di tutto.


Non entro (anche per ragioni di spazio) nei particolari degli argomenti usati dai sostenitori di entrambe le tesi, che possono parere tutti persuasivi, ma mi appello soltanto a quella che io definirei la 'prova del silenzio'. Un esempio di prova del silenzio va usato per esempio contro coloro che insinuano che lo sbarco americano sulla Luna sia stato un falso televisivo. Se la navicella americana non fosse arrivata sulla Luna c'era qualcuno che era in grado di controllarlo e aveva interesse a dirlo, ed erano i sovietici; se pertanto i sovietici sono rimasti zitti, ecco la prova che sulla Luna gli americani ci sono andati davvero. Punto e basta.


Per quanto riguarda complotti e segreti l'esperienza (anche storica) ci dice che: 1. Se c'è un segreto, anche se fosse noto a una sola persona, questa persona, magari a letto con l'amante, prima o poi lo rivelerà (solo i massoni ingenui e gli adepti di qualche rito templare fasullo credono che ci sia un segreto che rimane inviolato); 2. Se c'è un segreto ci sarà sempre una somma adeguata ricevendo la quale qualcuno sarà pronto a svelarlo (sono bastati qualche centinaio di migliaia di sterline in diritti d'autore per convincere un ufficiale dell'esercito inglese a raccontare tutto quello che aveva fatto a letto con la principessa Diana, e se lo avesse fatto con sua suocera sarebbe bastato raddoppiare la somma e un gentiluomo del genere l'avrebbe ugualmente raccontato). Ora per organizzare un falso attentato alle due torri (per minarle, per avvisare forze aeree di non intervenire, per nascondere prove imbarazzanti e così via) sarebbe occorsa la collaborazione se non di migliaia almeno di centinaia di persone. Le persone utilizzate per queste imprese non sono mai di solito dei gentiluomini, ed è impossibile che almeno uno di questi non abbia parlato per una somma adeguata. Insomma, in questa storia manca la Gola Profonda.>>

 

[Umberto Eco: “Dov’è la Gola profonda?”. L’espresso, 1 novembre 2002, p. 282, 

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=120&id=22394

Per alcune risposte vedi:

Alcenero: “11 settembre, Umberto Eco e ‘Gola profonda’”,

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=3907&mode=&order=0&thold=0

Giulietto Chiesa: “11 settembre, risposta a Umberto Eco”, http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=3916 ]

 

 

«È necessario che emerga che Forleo e De Magistris sono cattivi magistrati» (4.XII.2007)

 

<< La seconda considerazione è relativa al fatto che il 4 dicembre u.s., un giorno prima che la Prima Commissione del C.S.M. aprisse formalmente la pratica relativa alla procedura di trasferimento d’ufficio della collega Forleo, il Vicepresidente della Commissione, prof. Letizia Vacca, ha reso alla stampa dichiarazioni particolarmente gravi e violente contro i colleghi Forleo e De Magistris.


Per brevità non riporto tutti gli articoli, che mi limito ad elencare, e da essi traggo alcune delle parole attribuite, tra virgolette, alla prof. Vacca, della quale i giornali ci tengono a dire essere al C.S.M. perché indicata dal Partito dei Comunisti Italiani.


Gli articoli a cui faccio riferimento (ma ce ne sono anche altri) sono tutti del 4 dicembre e sono uno di Francesco Grignetti su La Stampa, uno senza firma a pag. 14 de Il Sole 24 Ore, uno di Massimo Martinelli su Il Messaggero, e uno di Anna Maria Greco su Il Giornale.


Ha detto, fra l’altro, la prof. Vacca (riporto le parole indicate tra virgolette negli articoli predetti, finora non smentite):


«Eravamo partiti dalla necessità di verificare l’esistenza dei complotti denunciati. Invece non risulta alcun complotto o intimidazione. Abbiamo constatato invece la situazione difficile che si è venuta a creare per questa rappresentazione mediatica. Una reazione non positiva negli uffici milanesi. Una reazione di disagio. Si sono sentiti tutti offesi ed allarmati. E ora siamo allarmati e sconcertati anche noi».


«Questi giudici che in tv si presentano come eroi, sono dei cattivi giudici che fanno soltanto male alla magistratura. Non basta il sillogismo: “Ho fatto il nome di D’Alema e allora mi perseguitano”. Ci vogliono fatti. Perché se c’è un complotto, allora la situazione è grave e noi interveniamo a difesa del singolo giudice. Ma se poi scopriamo che il complotto non c’è, è anche peggio. Certi comportamenti sono devastanti. E non ci interessa se qualcuno dirà che non ci preoccupiamo di Michele Santoro, della tv o degli effetti sull’opinione pubblica. Noi siamo tenuti a occuparci soltanto della serenità degli uffici giudiziari».


«Dobbiamo solo precisare i capi di contestazione e votare», «è necessario che emerga che Forleo e De Magistris sono cattivi magistrati, e non perché fanno i nomi dei politici».


«Non siamo animati da spirito persecutorio ma solo dalla volontà di riportare serenità in quegli uffici. Nessuno mette in dubbio la buona fede della Forleo, ma il complotto non c’è».


«Le sue dichiarazioni hanno creato preoccupazione negli ambienti giudiziari e sono state lesive dell’immagine dei magistrati di Milano, che si sono sentiti offesi. La situazione appare completamente diversa da come è stata rappresentata da Forleo: non risulta nessun complotto e nessuna intimidazione».


«Questa non è una magistratura seria e questi comportamenti sono devastanti. I magistrati devono fare le inchieste e non gli eroi».


“E quando i giornalisti le chiedono se lo stesso discorso vale per De Magistris, sul quale il C.S.M. si confronterà oggi, lei ammette: «Sì, anche per lui. Che è comunque diverso, molto più lucido».


E ancora, assimilando la Forleo a De Magistris: «Si tratta di figure negative»!!!>>

 

[Felice Lima: “Clementina Forleo e tutti noi avremmo diritto a un ‘giudice’ imparziale”, 7 dicembre 2007

http://toghe.blogspot.com/2007/12/clementina-forleo-e-tutti-noi-avremmo.html

Rimando all’articolo di Lima (giudice del tribunale di Catania) per analisi e contestualizzazione di queste affermazioni.

Letizia Vacca è professore ordinario presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma 3.]

 

 

Paul Feyerabend: chi era costui? (10.I.2008)

 

<<«Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato».>>

 

[Lettera di Carlo Bernardini e altri 66 docenti di fisica dell’Università La Sapienza, Roma, al rettore Renato Guarini.

“In difesa di Galileo e della scienza”, la Repubblica, 10 gennaio 2008. Per esempio anche in:

http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_14/scienziati_contro_papa_5a5df65a-c297-11dc-ab8f-0003ba99c667.shtml

 

Ovviamente accusare chicchessia perché quasi 17 anni e 10 mesi prima aveva «ripreso» in un suo discorso (ma... positivamente, negativamente, o come mera citazione?! Vedere qui) una frase di qualcun altro – chiunque fosse – è un atteggiamento neoinquisitorio. Si può dire che all’ex Prefetto del Sant’Uffizio (Ratzinger, appunto) “ben gli sta”, ma questo sarebbe un altro discorso. Mi preme però ricordare che Paul K. Feyerabend (1924-1994) è stato uno dei maggiori filosofi della scienza del Novecento, conteso dalle università di tutto il mondo. Insegnò o fu visitatore nelle università di Bristol, Minnesota, Berkeley, Londra (sia University College che London School of Economics), Berlino, Yale, Minneapolis, Auckland, Sussex, Kassel, Politecnico di Zurigo. Il suo libro Against Method (1975, 1988, 1993), contenente un’imprescindibile ricostruzione del caso Galilei, è stato tradotto in 17 lingue ed è probabilmente il libro di filosofia della scienza più discusso dell’ultimo quarto di secolo, in campo accademico e no. Quanto agli «scienziati fedeli alla ragione», Feyerabend è, per esempio, uno dei filosofi ringraziati «for comments and advice» dal premio Nobel per la fisica Steven Weinberg nella Prefazione del suo Dreams of a Final Theory (1992).

 

L’affermazione autentica di Feyerabend costituisce il titolo del capitolo 13o della seconda edizione (1988) di Against Method, e dice (mia traduzione):

 

«La Chiesa al tempo di Galileo non solo si mantenne più vicina alla ragione come definita allora e, in parte, anche adesso, ma considerò pure le conseguenze etiche e sociali delle vedute di Galileo. La sua messa sotto accusa [indictment] di Galileo fu razionale e solo l’opportunismo e una mancanza di prospettiva possono richiedere una revisione».]