POLITICA
Un avvocato come ministro... dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica (8.V.2008) 1
Le mani della Nestlè sull’università italiana – con la benedizione della CRUI (23.IV.2008) 5
Approvato il DdL “Gelmini”. L’università italiana: «Bis videor mori» (23.XII.2010) 6
<<Mariastella Gelmini è nata a Leno, in provincia di Brescia, il 1° luglio del 1973.
Avvocato, è specializzata in diritto amministrativo.
Entrata in Forza Italia sin dal 1994, nel 1998 è stata prima degli eletti al Comune di Desenzano, ricoprendo sino al 2002 la carica di Presidente del Consiglio Comunale.
Dal 2002 è stata assessore al Territorio della Provincia di Brescia e, dal 2004, assessore all'Agricoltura.
Prima degli eletti nella circoscrizione di Brescia per Forza Italia, entra nel Consiglio Regionale della Lombardia nell'aprile del 2005.
Il mese successivo è nominata da Silvio Berlusconi coordinatrice regionale di Forza Italia in Lombardia.
Nel 2006 è eletta per la prima volta alla Camera dei Deputati per la XV legislatura, dove è stata membro della Giunta per le autorizzazioni a procedere, del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa e della II Commissione giustizia.
Nel 2008 è stata riconfermata alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Lombardia II nelle liste del Popolo della Libertà per la XVI legislatura ed è stata nominata ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca scientifica nel IV Governo Berlusconi.>>
[ La biografia qui riportata è quella ufficiale; la data è quella della prima riunione del Consiglio dei Ministri del nuovo governo.
http://www.governo.it/Governo/Biografie/ministri/Gelmini_Mariastella.html ]
<<ROMA - Si possono superare due esami universitari rispondendo esattamente a otto quiz su venti. Per tre esami basta superarne dodici su trenta. Ti togli quattro esami con sedici risposte giuste su un totale di quaranta quiz. Poi c' è la maxiofferta, da non perdere. Cinquanta quiz, venti risposte corrette e ti porti a casa cinque esami. Proprio così, cinque esami universitari. Tempo previsto: da un' ora e mezza a due ore per la maxiofferta. E tutto lo stesso giorno. L' esame a saldo, il primo nella storia degli atenei del nostro paese, dovrebbe debuttare il 25 luglio nella facoltà di Scienze sociali, politiche e del territorio dell' ateneo di Lecce. Il condizionale è d' obbligo perché alcuni prof della facoltà si sono ribellati e hanno chiesto al rettore dell' università del Salento Domenico Laforgia, succeduto al professor Oronzo Limone, dimessosi in seguito ad un' inchiesta giudiziaria, di fermare tutto. Nella facoltà li chiamano esami accorpati. Sono riservati ai fuoricorso, più o meno la metà degli iscritti. Le regole sono semplici. Ci sono tre grandi aree disciplinari. Si comincia il 25 luglio alle 9.30 con la prima (psico-pedagogica e professionale). Alle 12 tocca alla seconda area disciplinare (socio-metodologica-antropologica). Alle 16 sarà la volta della terza (storico-filosofica e giuridico-economica). Uno studente fuoricorso può sostenere, nella stessa giornata, almeno due esami in una o più aree. Se deciderà di farne cinque per area dovrà affrontare 150 quiz (120 a risposta multipla e 30 vero/falso). Rispondendo correttamente almeno a 60 test avrà superato la bellezza di quindici esami in sei ore. Con un 18, ma date le circostanze non vale la pena andare troppo per il sottile. Secondo la docimologia della facoltà infatti il 4 corrisponde al 18. Mentre cinque risposte esatte su dieci danno diritto ad un 20, sei a un 22, sette a un 24 e via dicendo. Poiché non vi è un tetto di esami, paventano i prof che si sono dissociati dagli esami accorpati, in teoria uno studente potrebbe quasi laurearsi in sei ore. «La facoltà ha scelto di abbassare il numero dei fuoricorso per allinearsi ai parametri di qualità indicati dal Miur ed ottenere gli incentivi - dice il professor Giuseppe Schiavone, ordinario di Storia delle dottrine politiche -. Purtroppo è stata scelta la via della regalia». «Si prefigura - dice ancora - una truffa allo Stato. I fondi saranno stanziati sulla base di dati drogati». «Non si può fare un esame universitario con quattro crocette - protesta il professor Woytek Pankiewicz, ordinario di Diritto pubblico - in un contesto dove non è garantita la segretezza dei quiz». La facoltà ha infatti concesso ai docenti di delegare la preparazione dei test a dottorandi e collaboratori, poco più che laureati.>>
[Giulio Benedetti: “Rivolta contro gli esami in saldo «Con un quiz ne superi quindici»”, Corriere della Sera, 20 luglio 2008.
<<Novantatré per cento di ammessi agli orali! Come resistere alla tentazione? E così, tra i furbetti che nel 2001 scesero dal profondo Nord a fare gli esami da avvocato a Reggio Calabria si infilò anche Mariastella Gelmini. Ignara delle polemiche che, nelle vesti di ministro, avrebbe sollevato con i (giusti) sermoni sulla necessità di ripristinare il merito e la denuncia delle condizioni in cui versano le scuole meridionali. Scuole disastrose in tutte le classifiche «scientifiche» internazionali a dispetto della generosità con cui a fine anno vengono quasi tutti promossi.
La notizia, stupefacente proprio per lo strascico di polemiche sulla preparazione, la permissività, la necessità di corsi di aggiornamento, il bagaglio culturale dei professori del Mezzogiorno, polemiche che hanno visto battagliare, sull'uno o sull'altro fronte, gran parte delle intelligenze italiane, è stata data nella sua rubrica su laStampa.it da Flavia Amabile. La reazione degli internauti che l'hanno intercettata è facile da immaginare. Una per tutti, quella di Peppino Calabrese: «Un po' di dignità ministro: si dimetta!!» Direte: possibile che sia tutto vero? La risposta è nello stesso blog della giornalista. Dove la Gelmini ammette. E spiega le sue ragioni.
Un passo indietro. È il 2001. Mariastella, astro nascente di Forza Italia, presidente del consiglio comunale di Desenzano ma non ancora lanciata come assessore al Territorio della provincia di Brescia, consigliere regionale lombarda, coordinatrice azzurra per la Lombardia, è una giovane e ambiziosa laureata in giurisprudenza che deve affrontare uno dei passaggi più delicati: l'esame di Stato.
Per diventare avvocati, infatti, non basta la laurea. Occorre iscriversi all'albo dei praticanti procuratori, passare due anni nello studio di un avvocato, «battere» i tribunali per accumulare esperienza, raccogliere via via su un libretto i timbri dei cancellieri che accertino l'effettiva frequenza alle udienze e infine superare appunto l'esame indetto anno per anno nelle sedi regionali delle corti d'Appello con una prova scritta (tre temi: diritto penale, civile e pratica di atti giudiziari) e una (successiva) prova orale. Un ostacolo vero. Sul quale si infrangono le speranze, mediamente, della metà dei concorrenti. La media nazionale, però, vale e non vale. Tradizionalmente ostico in larga parte delle sedi settentrionali, con picchi del 94% di respinti, l'esame è infatti facile o addirittura facilissimo in alcune sedi meridionali.
Un esempio? Catanzaro. Dove negli anni Novanta l'«esamificio» diventa via via una industria. I circa 250 posti nei cinque alberghi cittadini vengono bloccati con mesi d'anticipo, nascono bed&breakfast per accogliere i pellegrini giudiziari, riaprono in pieno inverno i villaggi sulla costa che a volte propongono un pacchetto «all-included»: camera, colazione, cena e minibus andata ritorno per la sede dell'esame.
Ma proprio alla vigilia del turno della Gelmini scoppia lo scandalo dell'esame taroccato nella sede d'Appello catanzarese. Inchiesta della magistratura: come hanno fatto 2.295 su 2.301 partecipanti, a fare esattamente lo stesso identico compito perfino, in tantissimi casi, con lo stesso errore («recisamente» al posto di «precisamente», con la «p» iniziale cancellata) come se si fosse corretto al volo chi stava dettando la soluzione? Polemiche roventi. Commissari in trincea: «I candidati — giura il presidente della «corte» forense Francesco Granata — avevano perso qualsiasi autocontrollo, erano come impazziti». «Come vuole che sia andata? — spiega anonimamente una dei concorrenti imbroglioni —. Entra un commissario e fa: "Scrivete". E comincia a dettare il tema. Bello e fatto. Piano piano. Per dar modo a tutti di non perdere il filo».
Le polemiche si
trascinano per mesi e mesi al punto che il governo Berlusconi non
vede alternative: occorre riformare il sistema con cui si fanno
questi esami. Un paio di anni e nel 2003 verrà varata, per le
sessioni successive, una nuova regola: gli esami saranno giudicati
estraendo a sorte le commissioni così che i compiti pugliesi
possano essere corretti in Liguria o quelli sardi in Friuli e così
via. Riforma sacrosanta. Che già al primo anno rovescerà
tradizioni consolidate: gli aspiranti avvocati lombardi ad esempio,
valutati da commissari d'esame napoletani, vedranno la loro quota di
idonei raddoppiare dal 30 al 69%.
Per contro, i messinesi
esaminati a Brescia saranno falciati del 34% o i reggini ad Ancona
del 37%. Quanto a Catanzaro, dopo certi record arrivati al 94% di
promossi, ecco il crollo: un quinto degli ammessi precedenti.
In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 la Gelmini si trova dunque a scegliere, spiegherà a Flavia Amabile: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria».
I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme.
Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». Del resto, aggiunge, lei ha «una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento». Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? «Assolutamente regolare». Non severissimo, diciamo, neppure in quella sessione. Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Così facevan tutti, dice Mariastella Gelmini. Da oggi, dopo la scoperta che anche lei si è infilata tra i furbetti che cercavano l'esame facile, le sarà però un po' più difficile invocare il ripristino del merito, della severità, dell'importanza educativa di una scuola che sappia farsi rispettare. Tutte battaglie giuste. Giustissime. Ma anche chi condivide le scelte sul grembiule, sul sette in condotta, sull'imposizione dell'educazione civica e perfino sulla necessità di mettere mano con coraggio alla scuola a partire da quella meridionale, non può che chiedersi: non sarebbero battaglie meno difficili se perfino chi le ingaggia non avesse cercato la scorciatoia facile? >>
[Gian Antonio Stella: “Da Brescia a Reggio Calabria. Così la Gelmini diventò avvocato – L'esame di abilitazione all'albo nel 2001. Il ministro dell'Istruzione: «Dovevo lavorare subito», Corriere della Sera, 4 settembre 2008.
http://www.corriere.it/cronache/08_settembre_04/stella_dbaef098-7a47-11dd-a3dd-00144f02aabc.shtml ]
<<ROMA - Un centinaio di studenti dell'università La Sapienza, a Roma, ha invaso l'aula Magna del Rettorato dove si stava svolgendo l'inaugurazione dell'anno Accademico, bloccando la cerimonia.
«DIMETTITI BUFFONE» - Gli studenti hanno urlato al megafono le loro rivendicazioni, intonando slogan soprattutto nei confonti del rettore come «Dimettiti buffone». Per entrare nell'Aula Magna gli studenti hanno sfondato un'entrata laterale. Il rettore della Sapienza, Luigi Frati, è stato quindi costretto ad abbandonare la sala.
IL BOTTA E RISPOSTA - Un gruppo di studenti della Sapienza, di quelli che hanno invaso l'Aula magna durante lo svolgimento dell'inaugurazione dell'Anno accademico, ha riferito che «il rettore Frati ci ha apostrofati con il termine fascisti». Il rettore, parlando al microfono, prima di abbandonare l'Aula magna ha sottolineato che il comportamento degli studenti «non è stato democratico». Poi, lasciando l'inaugurazione, e parlando con gli altri docenti, i ha aggiunto: «Sono cani sciolti, non hanno nemmeno un leader». Ma non è finita: «Ho detto fascisti agli studenti che hanno fatto il blitz, perché per me fascista è uno che non fa parlare gli altri - ha sottolineato successivamente nel corso di una conferenza stampa seguita alla manifestazione - . Ed è un termine, questo, che posso dire di usare a ragion veduta, visto che mio padre era un partigiano». Non solo: «Sono più di sinistra io - ha aggiunto - di certi pariolini che si vestono da gruppettari per venire all'università e poi girano in Smart per Roma».
«TREMONTI NON ROMPA LE PALLE A ME» - Il rettore ha parlato anche dei fondi a disposizione delle università. Spero che «Tremonti allenti i quattrini - ha detto - La crisi finanziaria è un problema serio. Siccome Tremonti ha il problema di tagliare, come rettore devo meritare che i tagli vadano da un'altra parte e che non rompa le palle a me». In un Paese, prosegue, in cui «si dice a cinquemila lavoratori andate a casa, non posso dire al governo che voglio i soldi e basta li devo meritare». Frati rircorda a questo proposito che «non c'è un buco nel bilancio della Sapienza che è stato chiuso in pareggio con grandi sacrifici».
LE RAGIONI DEGLI STUDENTI - «Abbiamo travolto anche Frati» hanno gridato gli studenti che hanno interrotto la cerimonia. Gli ospiti sono stati tutti costretti ad abbandonare la celebrazione con il rettore. L'irruzione, hanno spiegato gli studenti, è stata promossa «perché rispetto ai tagli effettuati dal governo e alla legge 133, il rettore già un mese fa si era posto contro il movimento degli studenti e aveva invitato a trattare con un governo che taglia al sistema universitario e scolastico. I risultati poi si vedono: la tragedia di Rivoli è una dimostrazione». Gli studenti avevano chiesto di entrare per poter fare una comunicazione. «Invece - spiega un rappresentante dell'Onda - ci hanno militarizzato la città universitaria per non farci entrare in Aula magna. Così abbiamo deciso di riprenderci i nostri spazi per esprimere il nostro dissenso rispetto al governo e Frati è uno dei principali alleati di questo esecutivo».>>
[“Sapienza, inaugurazione interrotta – Il rettore: «Hanno agito da fascisti»”, Corriere della Sera, 28 novembre 2008
Un ritratto dell’attuale rettore de La Sapienza si trova alla voce Facoltà di medicina, transnazionali del farmaco, politica, nepotismo: oltre la fantasia ]
<<Mancava
solo lei, l'ospite più attesa. Maria Stella Gelmini si è
fatta attendere invano a palazzo Rondanini, sede della Conferenza dei
rettori delle Università italiane (Crui), a Roma. La cerimonia
per la presentazione del "Progetto Axia, università e
impresa per la ricerca" sarebbe stata perfetta con l'arrivo
della titolare del ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca scientifica. Ma alla fine la festa per l'acquisto, da parte
di Nestlè, di una bella fetta di ricerca italiana c'è
stata. Nescafè, latte in polvere e Baci Perugina per tutti, e
ora diversi atenei della penisola saranno al servizio di una delle
multinazionali più importanti al mondo, la numero uno nel
settore alimentare. «Una buona notizia, in un momento in cui i
media parlano sempre male dell'università italiana»
afferma l'anchorwoman del Tg1 Tiziana Ferrario che ha moderato la
presentazione, alla quale hanno partecipato Manuel Andrés,
capo mercato Nestlè in Italia e il professor Enrico Decleva,
rettore dell'Università di Milano e presidente della Crui.
Ieri sono stati presentati i quattro progetti di ricerca che
saranno interamente finanziati da Nestlè, con un investimento
complessivo di circa un milione di euro, incentrati, come ha spiegato
Manuel Andrés, «su argomenti coerenti con le priorità
strategiche del Gruppo in area scientifica e di creazione di valore
condiviso sui temi di alimentazione, sostenibilità e
multiculturalità». Parole di moda, al centro dell'agenda
politica dei paesi occidentali, come si è evinto dai lavori
del G8 agricoltura che si è appena concluso a Treviso. Ma
dietro questi termini così filantropici si cela in realtà
la perpetuazione di Nestlè, stavolta con il benestare di
trentuno università italiane, cioè di un modello di
economia devastante per la popolazione e per l'ambiente.
Non a
caso nei quattro progetti vincitori c'è poca multiculturalità,
poca alimentazione ma molta sostenibilità economica. Il primo
esamina "La reputazione dei cibi nei processi di decisione di
consumo alimentare", allo scopo di «ottenere un modello di
analisi per la misurazione dei criteri che condizionano le scelte
d'acquisto alimentari». Se non è marketing, poco ci
manca. Il secondo progetto riguarda l'«analisi del ruolo dei
media nella costruzione e diffusione della rappresentazione sociale
della sostenibilità»: in pratica, come "educare"
i lettori-spettatori «influenzando di conseguenza i consumi».
Il terzo è volto all'«individuazione di indicatori
precisi dello stress idrico in agricoltura» attraverso
rilevamenti aerei dei terreni da coltivare per ottimizzare le risorse
d'acqua. Un progetto quasi inutile in Italia, ma evidentemente molto
importante in grandi aree agricole come quelle, ad esempio, del
Brasile, nazione tanto cara a Nestlè. L'ultimo progetto
finanziato, invece, riguarda l'esatto opposto di processi sostenibili
come potrebbe essere la filiera corta: è dedicato allo studio
di «nuovi materiali polimerici per l'imballaggio di alimenti».
Dubitiamo che di questo procedimento si possa avvalere il
fruttivendolo sotto casa…ma forse può essere utile alla
maggiore società agro-alimentare del mondo, presente in oltre
60 paesi, con quasi 500 stabilimenti produttivi e un fatturato di
circa 51 miliardi di dollari, «il 25% del quale investito in
ricerca» ha spiegato ieri il dott. Andrés. In fondo è
solo «grazie a un prodotto come Nescafè che oggi il
Brasile utilizza in toto il caffè prodotto, mentre prima il
governo brasiliano non sapeva che farsene». Sfruttamento
totale. Questo il motto Nestlè, che si tratti di forza lavoro,
di terra o di ecosistemi.
Certo, data la situazione in cui oggi
versa la ricerca italiana, un milione di euro per quattro progetti è
qualcosa di irrinunciabile. Magari tappandosi il naso davanti al
milione e mezzo di bambini che ogni anno muore per malattie e
denutrizione causati dall'allattamento con latte in polvere (dati
Unicef), uno dei prodotti di punta del marchio Nestlè. «Il
numero di vittime causate dall'uso improprio del latte in polvere
ogni mese equivale a quello causato dall'esplosione della bomba di
Hiroshima nel 1945» dichiarò circa quindici anni fa
l'allora direttore esecutivo dell'Unicef, James Grant. Ma l'epoca del
boicottaggio è lontana. Siamo nel nuovo millennio: Nestlè
può parlare di sostenibilità e multiculturalità.
E l'università italiana di privatizzazione della ricerca.
>>
[Daniele Nalbone: “La Nestlè si
compra una fetta d’Università italiana”,
Liberazione, 23 aprile 2009; per il boicottaggio
internazionale contro la Nestlè, tuttora in corso, vedi
il sito www.ribn.it ]
<< Come previsto il ddl Gelmini sull'Università è passato. L'aula del Senato ha dato il via libera definitivo alla riforma dell'università. Il ddl Gelmini è stato approvato con 161 sì, 98 no e 6 astenuti. Hanno votato a favore Pdl, Lega e Fli. Hanno votato contro Pd e Idv. Si sono astenuti (anche se al Senato vale come voto contrario) Udc, Api, Svp e Union Valdotaine. Intanto, soddisfatti del risultato della giornata di proteste di ieri, gli studenti della Sapienza si sono dati appuntamento a dopo le vacanze per riavviare il confronto ed eventualmente rilanciare. "Con la consegna dei pacchi 'contenentì la richiesta di sciopero generale abbiamo avanzato le nostre istanze - sostiene Malvina Giordana, dell'assemblea di Lettere - e quindi crediamo che per oggi non ci sia bisogno di ribadire. Prendiamo atto dei risultati positivi di ieri: dall'aumento esponenziale dei partecipanti al corteo, che ha fortemente spiazzato il governo, all'incontro concesso dal Presidente della Repubblica".>>
[Il giorno prima l’ANDU aveva mandato il seguente comunicato preveggente.]
« Costituzione, con le lacrime.
Il 14 dicembre a
Roma Michela, una studentessa di Pisa, e' andata incontro a coloro
che l'avevano manganellata e li ha fermati leggendo, “con
le
lacrime agli occhi”, la Costituzione. Con la
Costituzione si possono fermare i manganelli, ma la Costituzione non
riesce a fermare coloro che, su ordine della Confindustria e di pochi
Rettori, hanno deciso di cancellare quanto previsto dalla
Costituzione stessa: l'autonomia degli Atenei e la libertà di
insegnamento e di ricerca. Infatti tutti i Gruppi parlamentari hanno
accettato quanto pre-scritto dalla lobby confindustriale trasversale
TreeLLLe: il commissariamento del
Sistema nazionale
universitario e dei singoli Atenei.
Tutto questo è stato scritto già nel 2003, trascritto nei DDL del PD e del Governo e, ad ogni costo e con tutti i mezzi, trasformato in legge.
La non-Opposizione
voterà contro il DDL, mentre in realtà condivide i
pilastri del DDL stesso. La NON-opposizione al DDL e'
confermata
dall'intervento sull'Unità di oggi
della senatrice Franco del PD, che NON si oppone (non li nomina
nemmeno) ai contenuti veri del DDL approvato:
poteri assoluti al
Consiglio di Amministrazione e alla presenza in esso degli esterni
(Atenei-ASL), messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori
che
comporta la crescita ulteriore del precariato e l'espulsione degli
attuali precari, accentuazione del localismo nel reclutamento e nelle
carriere, conferma del ruolo NON unico dei docenti, commissariamento
del Sistema nazionale degli Atenei con l'ANVUR.
Per leggere
l'articolo su Michela, i vari DDL e l'intervento della senatrice
Franco cliccare:
www.andu-universita.it/2010/11/05/ddl-mortale/»
[La notizia della votazione è tratta da:
www.liberazione.it/news-file/Universit---il-ddl---legge---LIBERAZIONE-IT.htm ]
<<Paolo Nori trattiene le lacrime a stento mentre legge la mail ricevuta nelle ore scorse da parte dell’università Bicocca di Milano, dove dal prossimo mercoledì avrebbe dovuto tenere un corso in quattro lezioni – «gratuite e aperte a tutti» – sullo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij, su cui lo stesso Nori ha pubblicato nel 2021 l’ultimo suo libro, Sanguina ancora. L'incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij. «Sono arrivato a casa e ho aperto il pc e ho visto una mail che arrivava dalla Bicocca. Diceva “Caro professore, stamattina il prorettore alla didattica mi ha comunicato la decisione presa con la rettrice dì rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è quello dì evitare ogni forma dì polemica soprattutto interna in quanto momento dì forte tensione”», annuncia Nori in una diretta video su Instagram.
La commozione dell’autore originario di Parma è evidente, così come l’incredulità e la rabbia. «Il corso sui romanzi dell’autore russo – spiega Nori – doveva cominciare il prossimo mercoledì un corso di quattro lezioni. Mi avevano invitato loro, si trattava di un’ora e mezza ciascuna, era gratuito e aperto a tutti. Io – continua – trovo che quello che sta succedendo in Ucraina sia una cosa orribile e mi viene da piangere solo a pensarci. Ma quello che sta succedendo in Italia oggi, queste cose qua, sono cose ridicole: censurare un corso è ridicolo». E aggiunge: «Non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia. Ma anche essere un russo morto, che quando era vivo nel 1849 è stato condannato a morte perché aveva letto una cosa proibita lo è. Che una università italiana proibisca una corso su un autore come Dostoevskij è una cosa che io non posso credere, quando ho letto questa mail non ci credevo».
Secondo Nori, proprio ora che c’è la guerra in Ucraina bisognerebbe «parlare dì più di Dostoevskij: l’altro giorno ho presentato “Sanguina ancora” a Firenze alla Leopolda e l’interesse intorno a questo libro era altissimo». Moltissime sono state le manifestazioni di solidarietà da parte dei follower di Nori sia nel corso della diretta del pomeriggio di martedì primo marzo che nei commenti al post.
A commento della decisione dell’ateneo milanese sono intervenuti i “Sentinelli di Milano”, associazione che si occupa di diritti civili: «La decisione della Bicocca è stupida e provinciale. Una cosa da Minculpop. Combattere Putin, comportandosi da Putin, squalifica senza appello questa decisione».>>
<<Alla fine il corso su Dostoevskij si farà: l’università milanese Bicocca ha deciso in mattinata di fare dietrofront sulla decisione presa e comunicata nelle scorse ore allo scrittore Paolo Nori di cancellare il suo corso sullo scrittore russo. >>
[Chiara Baldi, “L’università Bicocca cancella il corso di Paolo Nori su Dostoevskij: «Evitiamo le polemiche». Lo scrittore in lacrime: «È censura». Poi il dietrofront dell’ateneo”, https://www.lastampa.it/cronaca/2022/03/02/news/l_universita_bicocca_cancella_il_corso_di_paolo_nori_su_dostoevskij_evitiamo_le_polemiche_lo_scrittore_in_lacrime_e_ce-2866014/ ]