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CORRUZIONE
«Prostituzione professionale» in
farmacologia (25.III.2002)
Ha suscitato non poco scalpore un articolo-inchiesta
uscito, in questi ultimi giorni, sul giornale britannico “The
Guardian”, sulla spregiudicata politica di commercializzazione
degli psicofarmaci, soprattutto antidepressivi. In particolare, lo
scandalo denunciato dal “Guardian” si riferisce al fatto
che taluni ricercatori universitari ricevono rilevanti somme di
denaro da importanti ditte farmaceutiche, per articoli pubblicati su
riviste scientifiche, nei quali vengono decantate le proprietà
terapeutiche di nuovi psicofarmaci, prodotti dalle ditte stesse.
L’aspetto più sconcertante di tale vicenda è che
i veri autori di questi articoli non sarebbero, in realtà, i
professori universitari che li hanno firmati, bensì gli uffici
di propaganda delle stesse ditte produttrici degli psicofarmaci.
“The Guardian” ha anche pubblicato
una sorta di “tariffario” che viene abitualmente
applicato, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, per remunerare i
professori che organizzano i congressi e i simposi sponsorizzati
dalle case farmaceutiche. Un autorevole rappresentante della ricerca
scientifica negli Stati Uniti, il prof. Fuller Torrey, direttore
della Stanley Foundation Research Programmes di Bethesda (Maryland),
ha bollato, senza mezzi termini, questa degenerazione del costume nel
mondo della ricerca accademica, definendola testualmente come “a
high-class form of professional prostitution” (“una forma
di prostituzione professionale ad alto livello”).
Le rivelazioni del “Guardian“ hanno dato
ulteriore materia di riflessione su un fenomeno che, in realtà,
è ormai ben noto, per la sua diffusione e gravità,
anche nel nostro paese, tanto da essere stato, a più riprese,
dibattuto da diversi giornali e reti televisive. Non è un
mistero per nessuno che, anche in Italia, i principali congressi
delle Società scientifiche di Psichiatria, Psicopatologia,
Neurologia, ecc., dipendenti dalle più importanti cattedre
universitarie, sono sponsorizzati da potenti ditte afferenti alle
multinazionali del farmaco e vengono celebrati in concomitanza con il
lancio commerciale di nuove (e, talora, meno nuove) generazioni di
psicofarmaci.
È stato a più riprese segnalato come,
al fine di agevolare la commercializzazione di taluni psicofarmaci
(soprattutto antidepressivi e ansiolitici) si sia arrivati persino ad
una sostanziale adulterazione del metodo di classificazione degli
stati di sofferenza psichica, che vengono inquadrati secondo
categorie grossolane, al fine di consentire una più ampia
indicazione terapeutica per certi tipi di psicofarmaci. (A questo
scopo, viene utilizzato soprattutto il Manuale DSM) È ben noto
come categorie nosografiche fatiscenti (come le cosiddette
“distimie”), siano state oggetto di congressi, simposi e
tavole rotonde, dove venivano anche indicati, come terapie
specifiche, farmaci prodotti dalle ditte che sponsorizzavano i
simposi stessi.
Anche nei concorsi universitari è stato
denunciato il pesante intervento delle case farmaceutiche, al fine di
promuovere quei candidati che si dimostrino più favorevoli
all’uso indiscriminato degli psicofarmaci. Molti si sono
chiesti e si chiedono, tuttora, se il progresso tecnologico e
psicofarmacologico debba essere necessariamente pagato al prezzo di
una simile subordinazione del pensiero scientifico, della ricerca
clinica e, soprattutto, della salute pubblica, al “business”
della produzione industriale e del mercato planetario degli
psicofarmaci.
Per quanto notevoli vantaggi siano stati acquisiti,
da parte dell’assistenza psichiatrica, con lo sviluppo della
psicofarmacologia, è tuttavia indubbio che una diffusione
indiscriminata e aspecifica, per scopi commerciali, dell’uso di
molti psicofarmaci, rappresenti un serio pericolo per la salute dei
cittadini. È il caso di chiedersi se le istituzioni che sono
preposte alla tutela della salute pubblica e dell’etica
professionale (come gli Ordini dei Medici, il Ministero della Salute,
il Ministero dell’Università, ecc.) abbiano mai dedicato
sufficiente attenzione a questi inquietanti fenomeni che, ormai da
diversi decenni, inquinano la ricerca scientifica e certamente non
giovano alla credibilità dell’assistenza psichiatrica.
[G. Giacomo Giacomini: “Un
articolo del Guardian / Come le ditte farmaceutiche
influenzano la ricerca scientifica i concorsi universitari e
l’assistenza psichiatrica”, Il Secolo XIX, 25
marzo 2002]
Ammissione
a Oxford
(25.III.2002)
<<LONDRA – Per chi ambisce a una
prestigiosa laurea dell’università di Oxford, uno dei
titoli di studio più ambiti del mondo, capace di aprire le
porte ai massimi livelli di qualsiasi professione, da ieri c’è
una bella – si fa per dire – notizia: la laurea è
in vendita. Costa, circa, 487 mila euro. La rivelazione viene dal
Sunday Times, che ha infiltrato un proprio giornalista
negli austeri cortili medievali di Pembroke, uno dei college più
antichi di Oxford. Fingendo di essere un banchiere inglese che lavora
negli Stati Uniti, padre di un mediocre studente che sta per finire
le superiori, l’ambizioso padre-reporter ha posto senza mezzi
termini la fatidica domanda: “Se faccio una donazione, una
donazione da 300 mila sterline, siete pronti a chiudere un occhio sui
voti di mio figlio e ad ammetterlo a Oxford?”. La risposta del
senior fellow di Pembroke, il reverendo John Platt, è
stata: “Se mi promette di mantenere il massimo riserbo su
questa conversazione, le rispondo che sì, molto probabilmente
creeremo un posto in più per suo figlio. Abbiamo bisogno di
quei fondi. Però le consiglierei di versarli non direttamente
a suo nome, ma attraverso un trust anonimo, in modo da rendere
difficile collegare il vostro nome ai soldi”.
La riservatezza è subito andata a farsi
benedire. E lo scandalo è scoppiato. Anche se si è
sempre sospettato che le generose donazioni potessero essere legate
ad altrettanto generose promozioni, per Oxford questo è uno
shock senza precedenti. Prima ancora che l’articolo fosse
pubblicato, l’università ha aperto un’inchiesta
sui metodi di selezione usati da Pembroke. Il vice rettore di Oxford,
Colin Lucas, si è dichiarato “sconvolto da queste
accuse. Tali azioni sono in contraddizione con tutti i principi sui
quali sono basati i nostri criteri di ammissione”.
Permbroke è uno dei migliori tra i 39 college
che compongono l’università di Oxford. Ma è anche
uno dei meno ricchi. Fondato nel 1624, l’anno scorso ha
incassato in donazioni “solo” un milione di euro. Un
college come St. John ne ha incassati dieci volte tanto. Ma Pembroke
sta raccogliendo fondi per ristrutturare una delle residenze degli
studenti e mettere internet in ogni stanza: ha bisogno di soldi. Per
averli, il college sembra pronto a qualche compromesso di troppo.
(r.o.)>>
[“Oxford, bufera sull’università
/ ammissioni in cambio di donazioni”, la Repubblica, 25
marzo 2002, p. 16]
Compravendita di esami e altri abusi all’università
di Bari (2.II.2005)
<<BARI – Il preside lancia l’allarme su un
traffico di esami all’università di Bari: “duecento
euro per un voto sul libretto. Aiutatemi a raccogliere le prove”.
È bufera sulla facoltà di Economia. Il sospetto ha la
voce più autorevole della facoltà, Carlo Cecchi che ha
scritto una lettera riservata a tutti i suoi colleghi. “Caro
collega, a ogni sessione di esami giungono voci, proteste e accuse
generalizzate su esami venduti e favoritismi”, si legge nel
documento protocollato con il numero “05 del 2005”.
Due pagine scritte al computer, datate 17
gennaio 2005, con le quali il numero uno di Economia segnala
agli insegnanti una serie di anomalie e ammonisce tutti a
“stare attenti”. Cecchi parla di “accuse
generiche”. Ma è molto informato, il preside, perché
nel documento cita “una sorta di tariffario” per favorire
questo o quel candidato. “Corrono quotazioni da 150 a 200 euro.
In questi casi e per questi importi è fin troppo evidente che
il professore certamente non è colluso, ma che è
inconsapevolmente al centro di un traffico posto in essere da
sedicenti intermediari o da millantatori di credito”. La
lettera, in questo caso, non fa riferimento a esami fondamentali, ma
a prove che in genere non “hanno mai creato particolari
problemi”.
È stata un’inchiesta interna,
“sto tentando di acquisire prove senza far chiasso” dice
Cecchi commentando la lettera. E nel frattempo chiede ai docenti di
adottare ogni precauzione perché “non vi siano
interferenze di alcun genere di persone estranee alla commissione
esaminatrice, già a partire dalla fase di organizzazione
dell’esame”. Il riferimento probabilmente è per il
personale non docente che lavora all’università e che
durante gli esami entra ed esce dalle aule o addirittura si avvicina,
con scuse banale, ai professori durante le interrogazioni. Cecchi
spiega che la facoltà è sana e che anzi potrebbe essere
vittima di venditori di frottole, di qualcuno che cerca di far
quattrini sulla pelle degli studenti. Un dipendente ‘infedele’
forse, che per un pugno di euro sta facendo finire nella bufera una
fetta dell’ateneo barese. Una ‘truffa’, insomma.
“Ricordo il film La grande guerra di Monicelli –
scrive il preside Cecchi – in cui il fante piantone, che aveva
promesso un interessamento dietro compenso (Alberto Sordi), si
avvicinava con aria ammiccante all’ufficiale addetto alla
selezione per chidere se fosse stato possibile chiudere una finestra
alle spalle di un soldato indicato (“quello spilungone là”,
nella persona di Vittorio Gassman), che attendeva la risoluzione di
un problema di ben diversa dimensione”.
Tra le aule d’esame di economia,
insomma, si aggirerebbero come minimo dei millantatori. “Non ho
le prove, lo ripeto sono mugugni nei corridoi – dice il preside
– Ma le voci sono così insistenti che non potevo più
ignorarle”. Di ben altre voci parlano gli studenti: “Un
professore ti promuove all’esame se sei andato a ripetizioni
private da un suo amico: bastano solo sei lezioni e 1500 euro”.
E così un uovo terremoto scuote l’ateneo
barese, dopo l’arresto, nel settembre 2003, del responsabile
dell’ufficio relazioni con il pubblico e di un segretario della
facoltà di Scienze della comunicazione che consegnavano alle
studentesse i test di ammissione alla facoltà in cambio di
favori a luci rosse e dopo lo scandalo dei cardiologi
l’inchiesta del giugno 2004 che ha portato in cella il
professor Paolo Rizzon e altri quattro “baroni”.>>
[Cristina Zagaria: “Bari, mercato di esami in
facoltà”, la Repubblica, 2 febbraio 2005, pp. 1,
24.]
Compravendita di lauree in odontoiatria e scienze della
formazione a Roma (14.XII.2004)
<<TORINO - Quarantuno perquisizioni sono state
eseguite oggi in tutta Italia nell' ambito dell' inchiesta sull'
acquisto di false lauree in odontoiatria e scienze della formazione.
Tra gli indagati ci sono anche 15 docenti universitari, titolari di
cattedra a Roma. L' inchiesta, coordinata dalla Procura di Torino, è
stata condotta dai carabinieri del Nas di Cremona. Secondo quanto è
stata riferito in una conferenza stampa, tenutasi presso il comando
provinciale dei carabinieri di Torino, i provvedimenti di stamattina
sono uno sviluppo del procedimento che nel luglio scorso aveva
portato a 11 custodie cautelari in carcere.
Tutti i docenti indagati operavano a ''La Sapienza''
(facoltà di medicina e chirurgia) e ''Roma III'' (scienza
della formazione). I carabinieri hanno acquisito della documentazione
anche alla facoltà di medicina dell' ateneo di Catania. ''Le
università – ha comunque precisato il colonnello
Leopoldo De' Filippi, comandante del gruppo antisofisticazioni di
Milano – non sono corresponsabili''. I professori, secondo
quanto hanno appurato i militari, prendevano denaro o regali per
confezionare - con la complicità di funzionari dell' ateneo -
dei percorsi di laurea in favore degli aspiranti dottori: si
falsificavano i verbali di esami mai avvenuti (chimica costava
tremila euro, medicina legale quattromila) oppure si rivelavano ai
candidati le risposte in anticipo; a volte, inoltre, allo studente
veniva persino confezionata la tesi. Alcuni indagati, a titolo di
compenso per il loro interessamento, ricevevano una sorta di
stipendio mensile di mille euro, altri si accontentavano di mance o
di viaggi-premio. Con questo sistema, che al futuro odontoiatra
poteva costare fino a 400 milioni di vecchie lire, sarebbero stati
conferiti a partire dal 1993 almeno sessanta titoli di dottore
fittizi a persone residenti in ogni parte d'Italia, uno quali, come
e' stato accertato, non aveva nemmeno il diploma di scuola media
superiore. La maggior parte dei loro studi professionali è già
stata chiusa dai carabinieri. Le indagini erano partite la scorsa
estate e avevano portato all'arresto di Carmelo Langellotti, titolare
della società di orientamento scolastico e universitario
''Gruppo Lange'' di Grugliasco (Torino) e di altre dieci persone. Il
numero degli indagati, per entrambi i filoni di inchiesta, tocca
quota novantanove. Il pm Anna Maria Baldelli procede per associazione
per delinquere, corruzione aggravata, truffa, ricettazione, falso e
millantato credito.>>
[“Falsi docenti nel mirino, indagati 15
docenti”, Ansa, 14 dicembre 2004]
Nepotismo all’università di Bari
(3.III.2005)
<<BARI - La stanza numero 24 è
quella del professore Giovanni Tatarano, ordinario di Diritto
privato. Suo figlio Marco insegna lì accanto, nella stanza
numero 4. Sua figlia Maria Chiara riceve gli studenti proprio di
fronte a papà, nella stanza numero 12. Tutta la famiglia in un
corridoio. E non come quegli altri, che si sono sparpagliati invece
su quattro piani e sopra cinque cattedre. Quegli altri che si
chiamano Dell'Atti, tutti parenti, tutti docenti.
Ma mai tanti e mai tanto esimi come i Massari, nove
tra fratelli e nipoti e cugini, probabilmente la tribù
accademica più numerosa d'Italia. Benvenuti all'Università
di Bari, benvenuti nella città dove in pochi intimi si
spartiscono il sapere e il potere.
Buongiorno, dov'è la stanza del professore
Girone? "Girone chi?", risponde spazientito il vecchio
custode di Economia e Commercio. Girone Giovanni il Magnifico Rettore
o Girone Raffaella che è sua figlia?, Girone Gianluca che è
suo figlio o Girone Sallustio Giulia che è sua moglie? In
ordine, stanza numero 3, stanza numero 26, stanza numero 58, stanza
numero 13. E aggiunge, sempre più infastidito il custode: "Poi
se vuole parlare con un altro parente stretto dei Girone, ci sarebbe
pure il dottore Francesco Campobasso, associato di statistica, che è
il marito della professoressa Raffaella, quinto piano, stanza numero
19".
E' cominciato così il nostro viaggio in quel
labirinto che è l'Ateneo pugliese, concorsi pilotati, test
truccati, esami comprati e venduti, tentate estorsioni e una
Parentopoli che è ormai al di là del bene e del male.
Lo scandalo sta dilagando. E a Bari, per la prima volta la razza
barona trema. Sussurri, voci, grida. Si sta scoprendo un vero
verminaio nell'Università dalle più antiche tradizioni
delle Puglie. Facoltà dopo facoltà, dipartimento dopo
dipartimento. E anche sotto la spinta di una valanga di anonimi.
Sono tanti i Corvi che volano nel cielo di Bari in
queste settimane di paura. Raccontano di tutto e di tutti, spiegano
in lunghe lettere (con tanto di allegati grafici e di alberi
genealogici) come una mezza dozzina di clan accademici hanno
allungato le mani sull'Università. "Arrivano ogni mattina
sulle scrivanie dei sostituti con la posta prioritaria",
confessa il procuratore aggiunto Marco Dinapoli, il magistrato che
coordina le indagini sulla pubblica amministrazione. Denunce di
combine nelle commissioni esaminatrici, nomi, cognomi, favori
incrociati per piazzare di qua e di là consanguinei o amanti,
fidanzati e generi. Ci sono inchieste aperte dappertutto. A
Veterinaria e a Matematica, a Scienze delle Comunicazioni, a
Cardiologia, a Ginecologia, a Genetica, al Politecnico. Ma è
Economia e Commercio - dove il rettore Giovanni Girone è
ordinario di Statistica - che è il cuore della razza barona
barese, è in quell'edificio grigio a cinque piani il suq delle
cattedre.
Sono tutte qui le grandi famiglie accademiche, tutte
super rappresentate a cominciare da quella del Magnifico fino agli
illustrissimi Massari, tre fratelli - Giansiro, Lamberto e Lanfranco
- e poi un nugolo di figli ricercatori. Concorsi a regola d'arte,
carte naturalmente sempre a posto come vuole la legge. Tanto a
vincere sono soprattutto i parenti. Il preside della facoltà
si chiama Carlo Cecchi e allarga sconsolato le braccia: "A me i
professori me li regalano le commissioni aggiudicatrici dei concorsi:
cosa posso fare io? Io non sono mai stato nelle commissioni di
esami".
Senza vergogna e senza pudore una dozzina di clan
accademici, anno dopo anno, si sono impadroniti dell'Ateneo. "E'
come se ci fosse stata una competizione tra alcuni professori a chi
riusciva a collocare più membri del proprio gruppo familiare",
commenta Nicola Colaianni, ex magistrato di Cassazione, il docente di
Diritto pubblico nominato dal senato accademico a presiedere una
commissione d'inchiesta sui buchi neri dell'ateneo. La sua relazione
finale l'altro ieri è finita dritta dritta alla procura della
Repubblica.
Ci sono i clan ad Economia e Commercio e ci sono
quelli al Policlinico, altro girone infernale della cultura
universitaria pugliese. Clan e ancora clan, lo scambio di promesse
per un posto di ricercatore o di associato, i figli e i nipoti tutti
specializzandi, sempre gli stessi nomi che occupano le stesse
cattedre: i Ponzio a Lingue, i Foti al Politecnico e via via tutti
gli altri. Fino alle grandi famiglie dei "professori" del
Policlinico. Quasi tutti hanno trovato un dottorato di ricerca o un
incarico nella stessa clinica del padre o dello zio o del cugino. A
Psichiatria. A Ortopedia. A Neurochirurgia. A Endocrinologia. A
Chirurgia generale. Un elenco infinito. Con il 40 per cento circa dei
figli dei primari nella stessa facoltà dei padri e, molto
spesso, nella stessa struttura operativa. Con l'età dei
"fortunati" parenti a volte molto sospetta, mediamente
dieci anni più bassa di quella dei loro colleghi senza
blasone.
Privilegi di casta e anche qualcosa di più.
Come quell'holding che gestiva concorsi con il trucco a Cardiologia,
il fondatore della scuola barese Paolo Rizzon arrestato per
associazione a delinquere "finalizzata al falso e alla
corruzione", secondo i giudici un componente di rango di una
sorta di Cupola che "dirigeva" gli affari della
cardiologia. E non solo in Puglia. O come il primario di Ginecologia
e ostetricia Sergio Schonauer, indagato per avere votato una
commissione che avrebbe dovuto giudicare suo figlio Luca per un posto
di ricercatore nella sua stessa clinica. E' la prepotente "normalità"
di questa Bari universitaria che si sente impunita, è
l'intrigo alla luce del sole, l'omertà delle complicità
estese.
Rettore, ma cos'è questa sua Università,
una sola grande famiglia? Prima Giovanni Girone travolge con la sua
mole un gruppo di giornalisti e si fa sfuggire un magnifico
"vaff...", poi si scusa, minaccia la solita querela a
chiunque parli o scriva dei suoi e degli altri parenti cattedratici,
finalmente si placa e ci fa entrare nella sua stanza. Alle sue spalle
due grandi foto, una di Padre Pio e l'altra di Aldo Moro. E alla fine
Girone sospira: "I nomi non c'entrano, i concorsi o sono
corretti o non sono corretti. E nel caso di mia moglie e dei miei
figli è stato tutto regolarissimo: quel che conta è
soltanto la produzione scientifica". Così parla il
Magnifico rettore dell'Università di Bari, l'ateneo delle
grandi tribù.>>
[Attilio Bolzoni: “Dopo concorsi pilota, esami
venduti e test truccati, nel mirino dei magistrati ci sono ora decine
di casi di nepotismo/ L'università affare di famiglia –
A Bari mogli e figli in cattedra”, la Repubblica,
3 marzo 2005)]
Nepotismo alle facoltà di medicina e chirurgia a Roma
(25.VI.2005)
<<Tra le dinastie accademiche negli atenei romani le
facoltà di Medicina e Chirurgia meritano una menzione a parte.
Che si tratti della Sapienza o di Tor Vergata, non cambia. sarà
per vocazione al sapere o per tradizione ma in queste facoltà
si ritrovano intere famiglie. Prendi per esempio la casata di
Giovanni Dolci, professore ordinario, docente di Clinica
Odontoiatrica e potente direttore del Dipartimento in Scienze
Odontostomatologiche alla Sapienza. Marco Dolci, uno dei figli, è
professore ordinario a Chieti in malattie odontostomatologiche, il
cui settore disciplinare è indicato con al sigla “MED28”.
L’università di Chieti non è quella di Roma, è
vero, ma ci vuole poco per tornare negli atenei della capitale:
Alessandro Dolci, altro figlio di Giovanni, è ricercatore a
Tor Vergata. In cosa ricerca? Anche lui in “MED28”. In
questo caso preciso due diverse famiglie accademiche incrociano i
loro percorsi: al regolare concorso con due soli posti disponibili
l’altro vincitore insieme ad Alessandro Dolci è Patrizio
Bollero, anch’egli figlio di un padre a capo di un’importante
struttura: Enrico Bollero è infatti il direttore generale del
Policlinico di Tor Vergata.
Per rimanere nello stesso corso di laurea c’è
anche la famiglia Sfasciotti: Marcello, il padre, professore
ordinario di Odontoiatria oggi in pensione, e Gianluca, il figlio,
professore associato, che lavora presso la clinica odontoiatrica dove
lavorava il padre. Stessa cosa vale per i Ripari: Maurizio, il padre,
ordinario alla Sapienza in malattie odontostomatologiche, Francesca,
la figlia, è ricercatrice presso la stessa facoltà e
sempre nello stesso settore.
Infine, passando da odontoiatria ad
oculistica, c’è la famiglia Scuderi. Giuseppe Scuderi è
noto oculista e professore ordinario presso la I Facoltà di
Medicina, oggi in pensione. Nicolò Scuderi, uno dei suoi
figli, è professore ordinario di Chirurgia Plastica, e
Gianluca Scuderi, l’altro figlio, professore associato, sulle
orme del padre, in malattie dell’apparato visivo, è
stato chiamato dalla II facoltà di Medicina della Sapienza,.
anche se nel budget della facoltà non era prevista la spesa
per un nuovo posto da associato. Per l’occasione, il preside
Frati, anche lui capostipite di un’importante dinastia
accademica, in sede di consiglio di facoltà, il 25 gennaio
2005, ha consentito la chiamata trasferendo i fondi necessari per
quel posto dalla I alla II facoltà.
Fin qui i parenti che sicuramente si sono
fatti strada per merito, con regolari concorsi e ineccepibili
percorsi accademici,. Per scovare una vicenda di nepotismo acclarato
alla facoltà di Medicina, bisogna invece andare indietro nel
tempo fino a un concorso da professore ordinario del 1988, viziato da
falso e abuso di ufficio: quello vinto da Marco De Vincentis, figlio
di Italo De Vincentis, Per capire quale paradosso comportava la
convivenza di padre e figlio all’interno delle stesse aree
accademiche basta leggere cosa scrisse Luigi Fiasconaro, Gip del
tribunale di Roma che seguì il caso: “Un rilievo
sconcertante sulla produzione scientifica dei tre figlioli –
(De Vincentis non era infatti l’unico padre eccellente sotto
indagine, cérano altri due docenti, ndr) – è
costituito dalla constatazione che la maggior parte dei lavori sia
stata effettuata negli istituti diretti dai rispettivi genitori, in
collaborazione con aiuti e assistenti di questi ultimi. Le loro
pubblicazioni riportano, infatti, il nominativo dei padri, a garanzie
della qualità del lavoro stesso”.>>
[Marco Occhipinti: “Il feudo di medicina
e chirurgia/ da padre in figlio le facoltà bottega”, la
Repubblica, Roma-Cronaca, 25 giugno 2005, p. iii]
Presidente della Conferenza dei
rettori italiani, indagato per aver favorito il figlio a un
concorso, attacca la magistratura (25.II.2006)
<<FIRENZE – Piero Tosi, rettore
dell’università di Siena e presidente della Conferenza
dei rettori italiani (Crui), è stato sospeso per due mesi
dalle sue funzioni con un provvedimento del gip di Siena che lo ha
messo sotto indagine per abuso d’ufficio e falso in atto
pubblico. Il pm e il gip di Siena gli rimproverano irregolarità
nella stipula della consulenza affidata all’ex direttore
amministrativo dell’ateneo andato in pensione anticipata e poi
messo sotto contratto per altri 5 anni, nel bando dei concorsi per
primario di medicina legale e per associato di chirurgia plastica
senza la necessaria delibera del Senato accademico, nel conferimento
delle responsabilità dei dipartimenti dell’azienda
ospedaliera. “Le presunte irregolarità su questi fatti –
ha rivelato Tosi , che per primo ha dato notizia del provvedimento –
vengono messe in relazione dalla magistratura, ipotizzando un
generale disegno con un presunto interesse personale relativo a un
concorso per ricercatore al quale ha partecipato mio figlio”. I
fatti si sono svolti tra il 2002 e il 2004. Il provvedimento di
sospensione è stato motivato per le esigenze cautelari del
pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle prove.
Alla spiegazione delle contestazioni, il rettore di
Siena ha accompagnato una dura presa di posizione. “Ritengo del
tutto infondato il provvedimento – ha detto – Si è
voluto colpire la mia persona e l’università di Siena
nonché l’autonomia universitaria, giacché alcuni
degli atti che mi si addebitano sono riferibili al rispetto dello
stato giuridico degli universitari. Ho dedicato 12 anni della mia
vita a questa università e gli ultimi 3 alla difesa delle
università italiane”. Ieri sera il senato accademico di
Siena ha approvato un documento di solidarietà al rettore –
che poi è stato fatto proprio da un’assemblea spontanea
di docenti, studenti e personale amministrativo – e si è
poi autoconvocato in seduta permanente preannunciando che alla fine
della riunione tutti i singoli membri del senato si sarebbero
dimessi. Solidarietà a Tosi è arrivata dal consiglio di
amministrazione della sua università, dal comitato di
presidenza della conferenza dei rettori, da altri atenei e rettori,
da Comune, Provincia e Ds di Siena, che definiscono “spettacolare”
il provvedimento della magistratura.>>
[“‘Favorì il figlio al concorso’.
Il gip sospende il capo dei rettori”, la Repubblica, 25
febbraio 2006, p. 29]
Ammissione a Harvard (30.VIII.2006)
<<NEW YORK - Che cosa hanno in comune
Lauren Bush, Vanessa Vadim, Jessica Spielberg, Dhani Harrison,
Christopher Ovitz e Albert Gore? Sono tutti «figli di papà»
che nonostante lo scarso profitto scolastico sono riusciti ad entrare
nelle più esclusive università americane Ivy League, in
cambio dei favori (e dei milioni di dollari) elargiti dalle loro
famiglie a queste istituzioni.
A svelare il segreto è il libro «The
Price of Admission», firmato da Daniel Golden, laurea a Harvard
e una delle penne più autorevoli del Wall Street Journal,
vincitore di tanti premi giornalistici tra cui il Pulitzer. La sua
provocatoria tesi: i college che si vantano di essere i più
rigorosi del mondo scartano regolarmente gli studenti migliori
(ignorandone gli ottimi voti nei test), per far posto ai loro
coetanei somari, rampolli dell'aristocrazia di Hollywood, Wall Street
e Washington. «La meritocrazia nelle scuole americane è
un mito», scrive Golden. In realtà la «rich white
people », la gente bianca ricca, è decisa a «perpetrare
[sic, ndc] il sistema di caste, assicurando che il Paese resti
nelle mani delle solite famiglie ». Gli esempi si sprecano.
Christopher Ovitz, figlio di Michael, (l'agente più potente
della Mecca del cinema) nonostante un «curriculum mediocre e la
pessima condotta» (alle medie fu sospeso per aver tirato una
mazza da baseball ad una compagna) è entrato alla Brown come
«studente speciale». Per sdebitarsi il padre ha
sponsorizzato seminari con Martin Scorsese e Dustin Hoffman. Tra gli
sponsor più generosi c'è l'ex palazzinaro Charlie
Kushner, oggi in carcere per evasione fiscale e finanziamento
illecito dei partiti: nel '98 regalò due milioni e mezzo di
dollari ad Harvard per olearne l'ingresso al figlio Jared. E nel 2001
fece bis, comprando per tre milioni l'entrata alla New York
University per la figlia Dara. Dal nepotismo non sarebbero immuni
neppure i Sulzberger, il potente clan dietro il New York Times: dopo
l'iscrizione di Cynthia Fox Sulzberger a Duke, il vecchio Arthur Ochs
Sulzberger commissionò al giornale una benevola storia di
copertina sull'università. E nemmeno i Bush: Lauren, modella
part-time dalle chiare idee repubblicane come lo zio e il nonno
inquilini della Casa Bianca, è entrata a Princeton, tempio del
liberalismo, nonostante la domanda d'iscrizione pervenuta fuori tempo
massimo. «L'università ha chiuso un occhio- scrive
Golden -. Eppure anche il suo test era considerevolmente inferiore
alla norma».
La maglia nera del clientelismo appartiene però
alla Brown University. David Zucconi, arbitro delle iscrizioni,
avrebbe «aiutato personalmente Vanessa Vadim, figlia di Jane
Fonda e Roger Vadim, a saltare tutti gli ostacoli per essere ammessa
». Più tardi la mamma attrice ha inviato un assegno di
750 mila dollari. E lo stesso Zucconi avrebbe corteggiato
intensamente, con successo, i figli di ben due Beatles: Dhani
Harrison, primogenito di George, e Francesca Gregorini, figliastra di
Ringo Starr nata dal matrimonio tra l'ex ragazza di James Bond,
Barbara Bach, e l'industriale italiano Augusto Gregorini. Meno
fortuna Zucconi ebbe invece con Sofia Loren. Alla Brown, dove era
stato subito ammesso, suo figlio Edoardo Ponti preferì la
University of Southern California.
La pratica sarebbe esercitata ex equo da
repubblicani e democratici. Il figlio dell'ex vice presidente Al Gore
è entrato ad Harvard – e così il primogenito del
leader dei repubblicani al Senato Bill Frist a Princeton –
nonostante i pessimi voti. Mentre un geniale coetaneo «asian
american », infinitamente più qualificato, è
stato respinto da tutti i migliori atenei «perché figlio
di un signor nessuno ». «Nell'America di oggi gli
asiatici sono diventati i nuovi ebrei - spiega Golden -. I canoni di
ammissione per loro sono infinitamente più duri». La
speranza di Daniel Golden? Che il suo libro possa resuscitare la
proposta di legge di Ted Kennedy: revocare gli sgravi fiscali e i
fondi federali alle università colpevoli di queste pratiche.>>
[Alessandra Farkas: “Dal figlio di Gore
alla nipote di Bush. Libro-denuncia negli Usa /Somari a Harvard
(grazie a papà) Donazioni per entrare al college/ «Così
gli atenei scartano regolarmente gli studenti migliori per far posto
ai figli dei ricchi» / Iscrizione in ritardo, voti mediocri.
Eppure Lauren, nipote di Bush, venne ammessa a Princeton. «Il
suo test era molto inferiore alla media»”, Corriere
della Sera, 30 agosto 2006]
Il ministro dell’Università: «il
corporativismo lobbistico è una malattia e il nepotismo è
un delitto» (5.IX.2006)
<<I
concorsi universitari, in cui sono formalmente presenti valutazioni
per titoli ed esami, è nella pratica dominato da lobbies
locali e nepotismo. Cosa intende fare per correggere rapidamente?
Francesco da Milano
Sono un ricercatore.
Si è molto parlato di "nepotismo" del sistema di
reclutamento universitario. Ha sottomano una statistica di quanti
vincitori di concorsi accademici sono candidati interni della sede
"bandente"? Indizio: è una percentuale con due
numeri interi, di cui il primo maggiore o uguale a 9... Claudio
Altafini, Sissa Trieste
Non crede che
sarebbe opportuno introdurre sistemi più meritocratici
nell'università italiana, a partire dalla ripartizione dei
fondi? Qui in Inghilterra nessuno si sognerebbe di far fare carriera
a raccomandati di scarso valore. Se lo facesse, andrebbe
semplicemente incontro a una riduzione della performance e un
conseguente taglio dei fondi
Alessandro
Aurigi, Newcastle University (UK)
A parte i casi di aperta corruzione, per i quali c'è
la magistratura che mi auguro usi la mano pesante, nella formazione,
nella scienza e nella ricerca il corporativismo lobbistico è
una malattia e il nepotismo è un delitto. Sono stati provati
tutti i metodi concorsuali immaginabili senza ridurre
significativamente quella dose di arbitrio e di manipolazione che
persiste. C'è una sola via: fortissimi meccanismi di
valutazione dei risultati che premino il merito, e affidare alla
valutazione una quota negli anni crescente del budget complessivo dei
finanziamenti. Per questo, dopo la positiva esperienza CNVSU e del
CIVR, intendo mettere in Finanziaria la delega per la istituzione
della Agenzia nazionale di valutazione. Se funziona potrebbe essere
una rivoluzione.>>
[“[Fabio] Mussi: «Meno esami
più qualità /e rivoluzione contro gli abusi»”,
la Repubblica, 5 settembre 2006.
http://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universita-governo/universita-mussi-risponde.html]
Facoltà di medicina,
transnazionali del farmaco, politica, nepotismo: oltre la fantasia (
18.I.2007)
<<I
mali del Policlinico? Rosi Bindi non ha mai avuto dubbi. Nel 1999,
quando esplose il caso delle infezioni in corsia all'Umberto I, la
Bindi, a quel tempo ministro della Sanità, disse chiaro e
tondo al Parlamento: "Ritengo che la prima causa di quello che
accade sia la gestione diretta da parte dell'università".
Sono passati otto anni, quattro governi e una lunga serie di
direttori generali, ma i rifiuti nei tunnel del Policlinico sono
rimasti al loro posto. Come Luigi Frati, da 16 anni preside della
facoltà di Medicina dell'Università la Sapienza,
corresponsabile insieme alla Regione dello sfascio. Nato dal
sindacato, dotato di ottime relazioni con le case farmaceutiche e con
i politici, Frati dal 1990 muove i fili dei concorsi e decide i
destini dei primari che governano l'attività ospedaliera del
nosocomio più disastrato d'Italia. Immune a indagini e
polemiche, a ogni elezione viene riconfermato con un plebiscito dai
suoi colleghi. Al Policlinico non si muove foglia che Frati non
voglia.
"Tutti
gli dobbiamo qualcosa", ammette un illustre cattedratico che
chiede di restare anonimo: "I professori vogliono che i propri
allievi possano andare in cattedra con un posto da ordinario o da
associato. Frati può aiutarci a esaudire i nostri desideri.
Come? Bandendo il concorso al momento giusto". Un sistema che ha
accontentato molti, compresi politici e soci in affari. Da Vincenzo
Saraceni, vincitore della cattedra di Fisiatria nel 2001, proprio
quando era assessore alla Salute del Lazio. A Marco Artini, socio di
Frati nella Millennium Biotech, una società che si voleva
lanciare nel business delle biotecnologie. La società non ha
mai operato, ma Artini nel 2002 ha vinto un concorso per ricercatore
nella facoltà del suo socio-preside.
Frati
è nato a Siena 63 anni fa. Laurea alla Cattolica, dal 1980
professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina
della Sapienza, il suo astro sale negli anni Ottanta quando fonda la
Cisl universitaria e rompe il monopolio rosso della Cgil. La sinistra
democristiana gli è riconoscente, lui si lega all'allora
ministro Carlo Donat Cattin e al senatore Severino Lavagnini. Ma i
suoi sponsor sono nel ministero della Pubblica istruzione: il potente
direttore generale Domenico Fazio e il sottosegretario (e poi
ministro) Franca Falcucci. A 40 anni è già
vicepresidente del Consiglio universitario nazionale, il celebre Cun
che gestiva l'assegnazione dei concorsi . Un'attività nella
quale si rivelerà un autentico maestro. "Ho messo in
cattedra più di 200 professori", ripete sovente. E tra
questi sono tantissimi gli amici che gli hanno giurato imperitura
fedeltà.
Nel 1990 raccoglie i frutti
della sua semina e viene eletto per la prima volta preside della
facoltà di Medicina. Da quella postazione preme sulla
conferenza dei presidi di tutta Italia per modificare la tabella
degli insegnamenti in modo da spezzettare le materie e così
moltiplicare le cattedre. In particolare aumentano i ricercatori e i
patologi come Frati che, a sentire l'ex direttore generale del
Policlinico Tommaso Longhi, non brilla certo per l'attenzione ai
pazienti. Secondo Longhi, spesso Frati non firmava le schede di
dimissioni dei malati e non si curava delle diagnosi dell'unità
operativa di Oncologia nella quale è direttore. La linea di
Frati ha pagato: i medici che sono divenuti professori grazie a lui
gli sono riconoscenti e lo dimostrano a ogni elezione. Così il
suo incarico che avrebbe dovuto durare tre anni è ormai
diventato a vita. Alla vigilia della sesta conferma, nel 2005, Frati
ha tentato anche la scalata allo scranno più alto
dell'università. Non è riuscito a diventare rettore, ma
i suoi voti sono stati decisivi per l'elezione di Renato Guarini, che
infatti lo tratta con grande rispetto. Il rettore firma gli atti di
indirizzo relativi al Policlinico ma Guarini ascolta Frati prima di
prendere qualsiasi decisione. Li accomuna anche un certo modo di
intendere la famiglia e l'accademia. Se il rettore vanta due figli
dipendenti dell'ateneo romano, Frati può contare su tre
professori in casa: la moglie e i due figli. Famiglia, calcio e mare.
Frati è un arcitaliano anche nelle passioni: tutti i venerdì
gioca con una squadra di colleghi. Poi via verso gli amati lidi di
Sabaudia, dove si gode il weekend nella villa di famiglia.
L'amore per i figli è
cieco e non distingue sempre tra affetti privati e beni pubblici. Il
14 novembre del 2004, quando la sua diletta primogenita Paola è
stata impalmata da Andrea Marziale, il preside Frati ha usato l'Aula
grande del suo istituto all'università per la festa di nozze
con 200 invitati. Buffet ricchissimo dalla porchetta ai pasticcini,
catering in livrea e la troupe delle 'Iene' a immortalare l'evento.
Paola Frati è laureata in legge, ma è diventata
professore ordinario di medicina legale alla Seconda facoltà
(dove non insegna il padre). L'altro figlio di Frati, Giacomo,
laureato in medicina, ha vinto invece il concorso da ricercatore
nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita
Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta
era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore.
Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura
come professore ordinario di Storia della medicina. Anche suo
fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la
stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa
universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata
una figura importante soprattutto perché era l'amministratore
della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp
& Dohme.
Anche Frati, nel suo ruolo di
professore e ricercatore, ha molti rapporti con i produttori di
medicinali. Il Forum per la formazione biomedica, del quale era
rappresentante legale, riceveva ingenti finanziamenti dalle case
farmaceutiche nel biennio 1993-1994, quando il luminare era membro
della Cuf, Commissione unica del farmaco, quella che decideva se lo
Stato doveva rimborsare pillole e supposte, decretando successi e
fallimenti delle aziende. Frati entrò nella Cuf dopo Mani
pulite e l'arresto del celeberrimo Duilio Poggiolini. Tutto filò
liscio finché si scoprì che molti componenti della Cuf
guidavano istituti di ricerca finanziati con i miliardi delle
multinazionali. Il Forum, creatura di Frati, vantava un giro di
affari di 2 miliardi e 300 milioni di lire nel 1993. Organizzava
corsi di aggiornamento per medici e le società farmaceutiche
contribuivano generosamente alle spese. "Tutto legale", si
difese Frati, "i finanziamenti servivano per la formazione ed
erano stati comunicati al ministero". Gli atti finirono alla
Procura di Roma, ma tutto si risolse in una bolla di sapone. Oggi il
Forum si è trasformato in Anm, Accademia nazionale della
medicina. Frati è il presidente del comitato direttivo dove
troviamo anche il direttore generale del Policlinico Ubaldo
Montaguti.
L'associazione resta uno snodo
importante degli affari di Frati. Su Internet si precisa che non ha
fini di lucro, ma subito si aggiunge che si avvale di un'agenzia di
servizi: la Forum Service. 'L'espresso' è andato a curiosare
alla Camera di commercio scoprendo che Frati (insieme all'Anm e ad
altre quattro persone) è socio della Forum Service. Questa
società ha fatturato dal 2003 al 2005 ben 8 milioni e mezzo di
euro. Oltre a organizzare convegni per i medici di famiglia della
Fimmg, è la casa editrice di decine di libri di professori e
medici. Sono in tanti nel Palazzo a volergli bene. Quando fu messo in
croce dal senatore Valentino Martelli di An per i finanziamenti delle
case farmaceutiche al Forum, Frati è stato difeso dal
centrosinistra. Poi, quando è stato attaccato da sinistra, a
difenderlo c'era il suo collega Marco De Vincentis, candidato alle
regionali con An e amico di Francesco Storace.
L'unico che ha provato a
mettere un freno allo strapotere di Frati è stato Tommaso
Longhi, per quattro volte direttore generale del Policlinico tra il
1994 e il 2003. Longhi ha denunciato le anomalie più
scandalose del Policlinico, mettendo in fila una serie di cifre da
brivido: con un numero di posti letto equivalenti a quello del
Gemelli, l'Umberto I ha il doppio dei medici; i chirurghi effettuano
30 interventi l'anno a fronte di una media europea di cento; c'è
un primario ogni sei pazienti e infine, a parità di studenti,
tra gli anni Sessanta e il 2003 il consiglio di facoltà di
Medicina si è dilatato passando da 40 a oltre 700 membri.
Longhi non si è limitato a stilare statistiche, ha puntato il
dito sui doppi incarichi di Frati. Il super preside si era fatto
nominare direttore scientifico dell'istituto privato Neuromed in
provincia di Isernia (per il quale hanno lavorato anche i figli
Giacomo e Paola). Per Longhi quell'incarico era incompatibile con
quello di direttore dell'unità di Oncologia del Policlinico.
Revocò Frati e gli chiese indietro i compensi ricevuti. Non lo
avesse mai fatto. Frati lo ha trascinato in tribunale (ottenendo la
reintegra nel posto) e gli ha scatenato una guerra tale da spingerlo
ad abbandonare l'incarico. A perderci non è stato solo Longhi.
L'ex direttore aveva quasi completato un progetto di ristrutturazione
che prevedeva l'abbattimento delle strutture fatiscenti (quelle al
centro dello scandalo) e la concentrazione delle sale operatorie
disperse nei mille padiglioni. Il progetto aveva avuto tutte le
autorizzazioni. Ma non se ne è fatto niente. Perché?
"Il progetto", accusa Longhi, "è stato bloccato
proprio da Frati". >>
[Primo Di Nicola, Marco Lillo: “Il barone
Frati”, L’espresso, 18 gennaio 2007, pp. 31-2;
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Il-barone-Frati/1477028/8
]
Condannato per corruzione aggravata e continuata? Rimanga in
cattedra! (12.II.2007)
<<Il ministro della Salute Turco e
dell'Università Mussi saltino pure sui loro seggi:
Inutile ogni invito al rigore e all'onestà. I
corrotti, beccati o meno con le mani nel sacco si rallegrino!
Michele Toscano ha vinto la battaglia per preservare
carriera e posizione nonostante una condanna a 1 anno e 4 mesi per
corruzione aggravata e continuata.
Rimarrà Direttore dell'Istituto, manterrà
i suoi privilegi accademici, terrà lezioni e sarà
ancora nelle commissioni di concorso universitario!
Direttore della Cardiochirurgia a Siena, al tempo in
cui riscuoteva tra gli 80 e i 100 milioni all'anno di tangenti da
Ovidio Olivi, nell'ambito della cosiddetta Sanitopoli Toscana
(Toscana felix!), e attualmente Direttore dell'istituto del cuore e
dei grossi vasi al policlinico Umberto 1°di Roma, rimarrà
del tutto impunito. Sulla vicenda della sua sospensione si era
pronunciata anche la Consulta, dando torto alle tesi del
cardiochirurgo tuttavia l'Università La Sapienza ha dovuto
arrendersi e rinunciare a coltivare davanti al Consiglio di Stato
l'azione disciplinare contro Toscano. Dunque evviva !
PS : e l'ordine dei medici?
per chi non ricordasse le vicende:
«Da la Repubblica del 22
Febbraio 2001
Tra le persone
coinvolte noti medici e imprenditori accusati di corruzione, truffa e
falso in bilancio
Sanità, nove arresti per tangenti in Toscana
L'inchiesta
riguarda fatti dagli anni '90 a oggi su forniture Asl "truccate"
FIRENZE - Nomi famosi, medici e primari di noti
ospedali. Nove persone sono finite oggi agli arresti domiciliari
nell'ambito di un'inchiesta della procura di Firenze su presunte
tangenti pagate per forniture medico-chirurgiche in alcuni ospedali
toscani. Tra gli arrestati, l'amministratore di una società di
forniture medico ospedaliere e quattro medici. Per tutti, l'accusa è
di corruzione. La guardia di finanza ha fatto anche una quarantina di
perquisizioni, ancora in corso, una delle quali negli uffici della
Regione. Oltre alle perquisizioni, anche 11 informazioni di garanzia
a persone dell'ambiente della sanità toscana e
dell'imprenditoria. Le indagini, svolte dalla guardia di finanza e
coordinate dai pm Giuseppe Nicolosi e Alessandro Nencini, riguardano
fatti che sarebbero avvenuti nel corso degli anni '90.
Sono dieci le misure cautelari emesse, ma soltanto
nove di queste sono state eseguite. I medici coinvolti nell'inchiesta
e tutti costretti agli arresti domiciliari, sono: Marino Vaccari, 70
anni, già primario di Cardiochirurgia a Careggi (Firenze) e
coordinatore della Commissione acquisti presidi medico-ospedalieri
dello stesso nosocomio; Michele Toscano, 56 anni, primario della II
Divisione di Cardiochirurgia al Policlinico Umberto I di Roma e
Direttore della cattedra di Chirurgia Cardiotoracica a "Le
Scotte" di Siena; Ignazio Simonetti, 52 anni, responsabile di
Emodinamica e Interventistica dell'ospedale di Prato e già
responsabile di Emodinamica a Careggi; Achille Bravi, primario
malattie Cardiovascolari 2 a "Le Scotte" di Siena; infine
Franco Santoli, primario di Anestesia e Rianimazione e responsabile
medico degli acquisti presso l'Ospedale pediatrico apuano di Massa
Carrara.
In carcere sono invece finiti Ovidio Olivi, 55 anni,
grossetano residente a Firenze, amministratore di varie società
coinvolte nelle indagini, e Marcello Nannini, 48 anni, tecnico
coadiutore a Careggi, addetto alla predisposizione della
documentazione per le richieste di forniture di presidi
medico-chirurgici. Altre tre, infine, sono le persone agli arresti
domiciliari: Morena Gallorini, 43 anni, di Sesto Fiorentino; Serena
Ceccatelli, 30 anni, di Scandicci (Firenze) e Silvia Pecchioli, 31
anni di Carmignano (Prato).
L'inchiesta ha abbracciato un periodo che va dagli
anni '90 ad oggi e si è incentrata attorno all'attività
della società Hospital Technology, amministrata da Olivi. I
reati contestati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata
alla consumazione di una serie indeterminata di delitti di
corruzione, truffa, turbativa d'asta, frode fiscale e falso in
bilancio. E ciò - secondo l'accusa - "secondo un
programma criminoso perdurante nel tempo e volto a trarre profitto
dalla fornitura di presidi medico-chirurgici alle Asl della regione
toscana".
In pratica, sempre a giudizio degli inquirenti,
"dietro corresponsione di somme di denaro, di benefit personali,
di favori per sè o per altri" la Hospital Technology
sarebbe stata favorita nella aggiudicazione delle forniture. Ciò
sarebbe avvenuto "anche attraverso la redazione di specifiche
tecniche concordate preventivamente così da escludere
automaticamente ogni altro concorrente". Così - rileva la
Procura - sarebbe stato garantito "un rapporto di fornitura
continuativo e costante, svincolato dalle reali esigenze qualitative
e quantitative".»>>
[Paolo Cornaglia-Ferraris, “Un invito alla
corruzione”, 12 febbraio 2007,
http://www.camiciepigiami.org/viewn.asp?nws=1488
]
Il policlinico dell’università di Messina «colonia»
della ’ndrangheta (21.VII.2007)
<<.PALERMO – Un’inchiesta
della Dda [= Direzione Distrettuale Antimafia] di Messina
sull’università ha portato all’emissione ieri di
cinque ordinanze di custodia cautelare e vede indagato anche il
rettore Francesco Tomasello. Uno scandalo, certo, ma solo l’ultimo,
in ordine di tempo, sull’ateneo peloritano. In passato numerose
indagini si sono concentrate su presunti rapporti tra docenti
dell’università e la cosca Morabito di Africo Nuovo, uno
dei clan più potenti della ’ndrangheta calabrese.
L’ateneo, del quale si è più
volte occupato anche la Commissione antimafia, è stato al
centro di varie inchieste: da quella sulla compravendita di esami,
agli appalti truccati, fino all’assassinio di un docente. La
vittima è il professor Matteo Bottari, genero dell’ex
rettore Guglielmo Stagno D’Alcontres e titolare della cattedra
di endoscopia, ucciso la sera del 15 gennaio 1988 mentre faceva
ritorno a casa. Nell’ambito di questa inchiesta sono emersi gli
interessi dei Morabito sugli appalti del Policlinico, definito dagli
investigatori una “colonia” del clan calabrese. Il
referente della cosca all’interno dell’ateneo, secondo
gli inquirenti, sarebbe stato un collega di Bottari, il professor
Giuseppe Longo, gastroenterologo del Policlinico, arrestato nel
giugno del 1998 per associazione di stampo mafioso.
La posizione del docente, sospettato anche di essere
il mandante dell’omicidio Bottari, fu però archiviata.
Longo è stato assolto anche nel processo Panta rei riguardante
proprio le infiltrazioni della ‘’ndrangheta nella vita
dell’ateneo.
Numerosi i reati contestati agli imputati:
dall’associazione mafiosa alla vendita degli esami, dalle
intimidazioni ai docenti (uno dei quali, il professore Giancarlo
Devero, fu pure ‘gambizzato’ perché si era
rifiutato di promuovere una studentessa) allo spaccio di droga.>>
[“Cinque arresti a Messina / l’ateneo
dove si spara”, Corriere Nazionale, 21 luglio 2007, p.
5]
Il famoso rettore e primario di oncologia che... «non ha mai
visitato un paziente» (20.X.2012)
<<Il
magnifico finisce sotto inchiesta. Alcune cartelle cliniche
sarebbero state falsificate, al fine di coprire l’inadempienza
del reparto che dirige nei confronti della legge sulle cure
palliative ai malati di tumore. Il professor Luigi
Frati, oltreché
essere il rettore del più grande ateneo d’Europa (La
Sapienza), è
anche direttore scientifico dell’istituto Neuromed
di Pozzilli, in Molise,
presidente dell’Accademia
Nazionale di Medicina e
infine primario del reparto di Oncologia
del Policlinico Umberto
I di Roma. In
quest’ultima sede, infatti, il magnifico Frati non si
vedrebbe così spesso. Anzi, come disse qualche tempo fa ai
microfoni di Report
la dottoressa Maria
Luisa Basile (medico
operante nello stesso reparto diretto da Frati), “non è
mai stato presente. Non è mai intervenuto in una scelta,
non ha mai visitato un paziente”.
Lo scorso
marzo, pochi giorni dopo l’inchiesta del programma di
Milena Gabanelli, la Fials
Medici universitari aveva
chiesto tramite un atto formale, indirizzato al premier Mario
Monti, al
ministro dell’Istruzione Francesco
Profumo, a
quello della Salute Renato
Balduzzi, alla
governatrice Renata
Polverini, e al
direttore del policlinico Umberto I Antonio
Capparelli, che
il professor Frati venisse rimosso dal suo incarico di primario
di Oncologia. “Non può solo firmare i turni di
servizio dei medici che coordina, deve visitare e curare
personalmente i pazienti”, denunciava il segretario della
Fials Lazio, Antonio
Sili Scavalli.
Poche settimane – nel mezzo anche una denuncia del
presidente dell’Adusbef, il senatore dell’Idv Elio
Lannutti – e sul caso Frati la Procura di Roma aveva deciso
di aprire un fascicolo, ma senza indagati né ipotesi di
reato.
Da giugno però
qualcosa ha iniziato a muoversi. Ad accelerare le indagini è
stato ancora una volta il sindacato dei lavoratori della sanità.
Tre sono le denunce contro Frati che Antonio Sili Scavali
(per conto della Fials Medici universitari) e Ennio
Biascucci,
segretario nazionale del Comitato sindacati utenti e consumatori,
hanno presentato alla magistratura: una alla Corte dei Conti e
due in Procura. Per “ovviare” in qualche modo alla
sua assenza in reparto, secondo la Fials Medici universitari, il
primario di Oncologia dell’Umberto I avrebbe firmato in
bianco cartelle cliniche e moduli indirizzati alla farmacia
interna e di richiesta di chemioterapie, ma senza il nome del
paziente né prescrizione di farmaci. Così che
potessero essere usati dai suoi subordinati. I magistrati di
piazzale Clodio vogliono vederci chiaro, anche perché a
quegli esposti si aggiunge una mail spedita a Frati da un medico
del suo reparto, in cui viene fatto esplicito riferimento ad una
pratica quasi abitudinaria: quella cioè di modificare le
cartelle cliniche in base ai dettami della legge, entrata in
vigore nel marzo del 2010, che prevede un monitoraggio costante
dell’intensità
del dolore del
paziente durante il ricovero, da riportare sulla cartella. Una
legge che qualsiasi primario, se fosse quotidianamente presente
nel suo reparto, dovrebbe assicurarsi venga applicata dai suoi
medici. E Frati, stando a quanto aveva detto lui stesso a
ilfattoquotidiano.it,
nel suo reparto c’è ogni giorno. “Certo che ci
sto, sto nel laboratorio di oncologia molecolare, che coordino
direttamente, e nel reparto di day
hospital, dove
passo ogni mattina e domando se hanno problemi. Questa dottoressa
che mi accusa – prosegue – è l’unico
medico del mio reparto non specialista in oncologia e continua a
fare fotocopie di ogni cosa e a mandarle ai magistrati”.
Dall’entrata
in vigore di quella legge, però, per quasi un anno sulle
cartelle dei malati in cura nel reparto guidato dal professor
Frati, non ci sarebbe alcuna informazione relativa all’intensità
del dolore. E proprio quando vennero annunciate le ispezioni del
ministero, il reparto di Oncologia del Policlinico Umberto I,
rendendosi conto della grave inadempienza, cercò di
correre ai ripari. In che modo, però, se alcuni dei
pazienti curati l’anno precedente erano stati dimessi?
Falsificando le cartelle. è l’ipotesi. Sono oltre
duecento le cartelle cliniche che, la scorsa settimana, i
carabinieri del Nas hanno sequestrato, su mandato della Procura.
A causa delle quali Frati adesso è iscritto nel registro
degli indagati con l’accusa di falso.>>
[G. Paglino: “Roma, il rettore
della Sapienza Luigi Frati indagato per falso”, il Fatto
Quotidiano, 20 ottobre 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/19/roma-rettore-della-sapienza-luigi-frati-indagato-per-falso/388087/]