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CORRUZIONE

 


«Prostituzione professionale» in farmacologia (25.III.2002)

Ha suscitato non poco scalpore un articolo-inchiesta uscito, in questi ultimi giorni, sul giornale britannico “The Guardian”, sulla spregiudicata politica di commercializzazione degli psicofarmaci, soprattutto antidepressivi. In particolare, lo scandalo denunciato dal “Guardian” si riferisce al fatto che taluni ricercatori universitari ricevono rilevanti somme di denaro da importanti ditte farmaceutiche, per articoli pubblicati su riviste scientifiche, nei quali vengono decantate le proprietà terapeutiche di nuovi psicofarmaci, prodotti dalle ditte stesse. L’aspetto più sconcertante di tale vicenda è che i veri autori di questi articoli non sarebbero, in realtà, i professori universitari che li hanno firmati, bensì gli uffici di propaganda delle stesse ditte produttrici degli psicofarmaci.

 “The Guardian” ha anche pubblicato una sorta di “tariffario” che viene abitualmente applicato, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, per remunerare i professori che organizzano i congressi e i simposi sponsorizzati dalle case farmaceutiche. Un autorevole rappresentante della ricerca scientifica negli Stati Uniti, il prof. Fuller Torrey, direttore della Stanley Foundation Research Programmes di Bethesda (Maryland), ha bollato, senza mezzi termini, questa degenerazione del costume nel mondo della ricerca accademica, definendola testualmente come “a high-class form of professional prostitution” (“una forma di prostituzione professionale ad alto livello”). 

Le rivelazioni del “Guardian“ hanno dato ulteriore materia di riflessione su un fenomeno che, in realtà, è ormai ben noto, per la sua diffusione e gravità, anche nel nostro paese, tanto da essere stato, a più riprese, dibattuto da diversi giornali e reti televisive. Non è un mistero per nessuno che, anche in Italia, i principali congressi delle Società scientifiche di Psichiatria, Psicopatologia, Neurologia, ecc., dipendenti dalle più importanti cattedre universitarie, sono sponsorizzati da potenti ditte afferenti alle multinazionali del farmaco e vengono celebrati in concomitanza con il lancio commerciale di nuove (e, talora, meno nuove) generazioni di psicofarmaci. 

È stato a più riprese segnalato come, al fine di agevolare la commercializzazione di taluni psicofarmaci (soprattutto antidepressivi e ansiolitici) si sia arrivati persino ad una sostanziale adulterazione del metodo di classificazione degli stati di sofferenza psichica, che vengono inquadrati secondo categorie grossolane, al fine di consentire una più ampia indicazione terapeutica per certi tipi di psicofarmaci. (A questo scopo, viene utilizzato soprattutto il Manuale DSM) È ben noto come categorie nosografiche fatiscenti (come le cosiddette “distimie”), siano state oggetto di congressi, simposi e tavole rotonde, dove venivano anche indicati, come terapie specifiche, farmaci prodotti dalle ditte che sponsorizzavano i simposi stessi.

Anche nei concorsi universitari è stato denunciato il pesante intervento delle case farmaceutiche, al fine di promuovere quei candidati che si dimostrino più favorevoli all’uso indiscriminato degli psicofarmaci. Molti si sono chiesti e si chiedono, tuttora, se il progresso tecnologico e psicofarmacologico debba essere necessariamente pagato al prezzo di una simile subordinazione del pensiero scientifico, della ricerca clinica e, soprattutto, della salute pubblica, al “business” della produzione industriale e del mercato planetario degli psicofarmaci. 

Per quanto notevoli vantaggi siano stati acquisiti, da parte dell’assistenza psichiatrica, con lo sviluppo della psicofarmacologia, è tuttavia indubbio che una diffusione indiscriminata e aspecifica, per scopi commerciali, dell’uso di molti psicofarmaci, rappresenti un serio pericolo per la salute dei cittadini. È il caso di chiedersi se le istituzioni che sono preposte alla tutela della salute pubblica e dell’etica professionale (come gli Ordini dei Medici, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università, ecc.) abbiano mai dedicato sufficiente attenzione a questi inquietanti fenomeni che, ormai da diversi decenni, inquinano la ricerca scientifica e certamente non giovano alla credibilità dell’assistenza psichiatrica.

[G. Giacomo Giacomini: “Un articolo del Guardian / Come le ditte farmaceutiche influenzano la ricerca scientifica i concorsi universitari e l’assistenza psichiatrica”, Il Secolo XIX, 25 marzo 2002]

 Ammissione a Oxford (25.III.2002)

<<LONDRA – Per chi ambisce a una prestigiosa laurea dell’università di Oxford, uno dei titoli di studio più ambiti del mondo, capace di aprire le porte ai massimi livelli di qualsiasi professione, da ieri c’è una bella – si fa per dire – notizia: la laurea è in vendita. Costa, circa, 487 mila euro. La rivelazione viene dal Sunday Times, che ha infiltrato un proprio giornalista negli austeri cortili medievali di Pembroke, uno dei college più antichi di Oxford. Fingendo di essere un banchiere inglese che lavora negli Stati Uniti, padre di un mediocre studente che sta per finire le superiori, l’ambizioso padre-reporter ha posto senza mezzi termini la fatidica domanda: “Se faccio una donazione, una donazione da 300 mila sterline, siete pronti a chiudere un occhio sui voti di mio figlio e ad ammetterlo a Oxford?”. La risposta del senior fellow di Pembroke, il reverendo John Platt, è stata: “Se mi promette di mantenere il massimo riserbo su questa conversazione, le rispondo che sì, molto probabilmente creeremo un posto in più per suo figlio. Abbiamo bisogno di quei fondi. Però le consiglierei di versarli non direttamente a suo nome, ma attraverso un trust anonimo, in modo da rendere difficile collegare il vostro nome ai soldi”.

La riservatezza è subito andata a farsi benedire. E lo scandalo è scoppiato. Anche se si è sempre sospettato che le generose donazioni potessero essere legate ad altrettanto generose promozioni, per Oxford questo è uno shock senza precedenti. Prima ancora che l’articolo fosse pubblicato, l’università ha aperto un’inchiesta sui metodi di selezione usati da Pembroke. Il vice rettore di Oxford, Colin Lucas, si è dichiarato “sconvolto da queste accuse. Tali azioni sono in contraddizione con tutti i principi sui quali sono basati i nostri criteri di ammissione”.

Permbroke è uno dei migliori tra i 39 college che compongono l’università di Oxford. Ma è anche uno dei meno ricchi. Fondato nel 1624, l’anno scorso ha incassato in donazioni “solo” un milione di euro. Un college come St. John ne ha incassati dieci volte tanto. Ma Pembroke sta raccogliendo fondi per ristrutturare una delle residenze degli studenti e mettere internet in ogni stanza: ha bisogno di soldi. Per averli, il college sembra pronto a qualche compromesso di troppo. (r.o.)>>

[“Oxford, bufera sull’università / ammissioni in cambio di donazioni”, la Repubblica, 25 marzo 2002, p. 16]

 

Compravendita di esami e altri abusi all’università di Bari (2.II.2005)

 <<BARI – Il preside lancia l’allarme su un traffico di esami all’università di Bari: “duecento euro per un voto sul libretto. Aiutatemi a raccogliere le prove”. È bufera sulla facoltà di Economia. Il sospetto ha la voce più autorevole della facoltà, Carlo Cecchi che ha scritto una lettera riservata a tutti i suoi colleghi. “Caro collega, a ogni sessione di esami giungono voci, proteste e accuse generalizzate su esami venduti e favoritismi”, si legge nel documento protocollato con il numero “05 del 2005”.

 Due pagine scritte al computer, datate 17 gennaio 2005, con le quali il numero uno di Economia  segnala agli insegnanti una serie di anomalie  e ammonisce tutti a “stare attenti”. Cecchi parla di “accuse generiche”. Ma è molto informato, il preside, perché nel documento cita “una sorta di tariffario” per favorire questo o quel candidato. “Corrono quotazioni da 150 a 200 euro. In questi casi e per questi importi è fin troppo evidente che il professore certamente non è colluso, ma che è inconsapevolmente al centro di un traffico posto in essere da sedicenti intermediari o da millantatori di credito”. La lettera, in questo caso, non fa riferimento a esami fondamentali, ma a prove che in genere non “hanno mai creato particolari problemi”.

 È stata un’inchiesta interna, “sto tentando di acquisire prove senza far chiasso” dice Cecchi commentando la lettera. E nel frattempo chiede ai docenti di adottare ogni precauzione perché “non vi siano interferenze di alcun genere di persone estranee alla commissione esaminatrice, già  a partire dalla fase di organizzazione dell’esame”. Il riferimento probabilmente è per il personale non docente che lavora all’università e che durante gli esami entra ed esce dalle aule o addirittura si avvicina, con scuse banale, ai professori durante le interrogazioni. Cecchi spiega che la facoltà è sana e che anzi potrebbe essere vittima di venditori di frottole, di qualcuno che cerca di far quattrini sulla pelle degli studenti. Un dipendente ‘infedele’ forse, che per un pugno di euro sta facendo finire nella bufera una fetta dell’ateneo barese. Una ‘truffa’, insomma. “Ricordo il film La grande guerra di Monicelli – scrive il preside Cecchi – in cui il fante piantone, che aveva promesso un interessamento dietro compenso (Alberto Sordi), si avvicinava con aria ammiccante all’ufficiale addetto alla selezione per chidere se fosse stato possibile chiudere una finestra alle spalle di un soldato indicato (“quello spilungone là”, nella persona di Vittorio Gassman), che attendeva la risoluzione di un problema di ben diversa dimensione”.

 Tra le aule d’esame di economia, insomma, si aggirerebbero come minimo dei millantatori. “Non ho le prove, lo ripeto sono mugugni nei corridoi – dice il preside – Ma le voci sono così insistenti che non potevo più ignorarle”. Di ben altre voci parlano gli studenti: “Un professore ti promuove all’esame se sei andato a ripetizioni private da un suo amico: bastano solo sei lezioni e 1500 euro”.

 E così un uovo terremoto scuote l’ateneo barese, dopo l’arresto, nel settembre 2003, del responsabile dell’ufficio relazioni con il pubblico e di un segretario della facoltà di Scienze della comunicazione che consegnavano alle studentesse i test di ammissione alla facoltà in cambio di favori a luci rosse e dopo lo scandalo dei cardiologi  l’inchiesta del giugno 2004 che ha portato in cella il professor Paolo Rizzon e altri quattro “baroni”.>>

 [Cristina Zagaria: “Bari, mercato di esami in facoltà”, la Repubblica, 2 febbraio 2005, pp. 1, 24.]

Compravendita di lauree in odontoiatria e scienze della formazione a Roma (14.XII.2004)

<<TORINO - Quarantuno perquisizioni sono state eseguite oggi in tutta Italia nell' ambito dell' inchiesta sull' acquisto di false lauree in odontoiatria e scienze della formazione. Tra gli indagati ci sono anche 15 docenti universitari, titolari di cattedra a Roma. L' inchiesta, coordinata dalla Procura di Torino, è stata condotta dai carabinieri del Nas di Cremona. Secondo quanto è stata riferito in una conferenza stampa, tenutasi presso il comando provinciale dei carabinieri di Torino, i provvedimenti di stamattina sono uno sviluppo del procedimento che nel luglio scorso aveva portato a 11 custodie cautelari in carcere.

Tutti i docenti indagati operavano a ''La Sapienza'' (facoltà di medicina e chirurgia) e ''Roma III'' (scienza della formazione). I carabinieri hanno acquisito della documentazione anche alla facoltà di medicina dell' ateneo di Catania. ''Le università – ha comunque precisato il colonnello Leopoldo De' Filippi, comandante del gruppo antisofisticazioni di Milano – non sono corresponsabili''. I professori, secondo quanto hanno appurato i militari, prendevano denaro o regali per confezionare - con la complicità di funzionari dell' ateneo - dei percorsi di laurea in favore degli aspiranti dottori: si falsificavano i verbali di esami mai avvenuti (chimica costava tremila euro, medicina legale quattromila) oppure si rivelavano ai candidati le risposte in anticipo; a volte, inoltre, allo studente veniva persino confezionata la tesi. Alcuni indagati, a titolo di compenso per il loro interessamento, ricevevano una sorta di stipendio mensile di mille euro, altri si accontentavano di mance o di viaggi-premio. Con questo sistema, che al futuro odontoiatra poteva costare fino a 400 milioni di vecchie lire, sarebbero stati conferiti a partire dal 1993 almeno sessanta titoli di dottore fittizi a persone residenti in ogni parte d'Italia, uno quali, come e' stato accertato, non aveva nemmeno il diploma di scuola media superiore. La maggior parte dei loro studi professionali è già stata chiusa dai carabinieri. Le indagini erano partite la scorsa estate e avevano portato all'arresto di Carmelo Langellotti, titolare della società di orientamento scolastico e universitario ''Gruppo Lange'' di Grugliasco (Torino) e di altre dieci persone. Il numero degli indagati, per entrambi i filoni di inchiesta, tocca quota novantanove. Il pm Anna Maria Baldelli procede per associazione per delinquere, corruzione aggravata, truffa, ricettazione, falso e millantato credito.>> 

 [“Falsi docenti nel mirino, indagati 15 docenti”, Ansa, 14 dicembre 2004]

 

Nepotismo all’università di Bari (3.III.2005)

<<BARI - La stanza numero 24 è quella del professore Giovanni Tatarano, ordinario di Diritto privato. Suo figlio Marco insegna lì accanto, nella stanza numero 4. Sua figlia Maria Chiara riceve gli studenti proprio di fronte a papà, nella stanza numero 12. Tutta la famiglia in un corridoio. E non come quegli altri, che si sono sparpagliati invece su quattro piani e sopra cinque cattedre. Quegli altri che si chiamano Dell'Atti, tutti parenti, tutti docenti.

Ma mai tanti e mai tanto esimi come i Massari, nove tra fratelli e nipoti e cugini, probabilmente la tribù accademica più numerosa d'Italia. Benvenuti all'Università di Bari, benvenuti nella città dove in pochi intimi si spartiscono il sapere e il potere.

Buongiorno, dov'è la stanza del professore Girone? "Girone chi?", risponde spazientito il vecchio custode di Economia e Commercio. Girone Giovanni il Magnifico Rettore o Girone Raffaella che è sua figlia?, Girone Gianluca che è suo figlio o Girone Sallustio Giulia che è sua moglie? In ordine, stanza numero 3, stanza numero 26, stanza numero 58, stanza numero 13. E aggiunge, sempre più infastidito il custode: "Poi se vuole parlare con un altro parente stretto dei Girone, ci sarebbe pure il dottore Francesco Campobasso, associato di statistica, che è il marito della professoressa Raffaella, quinto piano, stanza numero 19".

E' cominciato così il nostro viaggio in quel labirinto che è l'Ateneo pugliese, concorsi pilotati, test truccati, esami comprati e venduti, tentate estorsioni e una Parentopoli che è ormai al di là del bene e del male. Lo scandalo sta dilagando. E a Bari, per la prima volta la razza barona trema. Sussurri, voci, grida. Si sta scoprendo un vero verminaio nell'Università dalle più antiche tradizioni delle Puglie. Facoltà dopo facoltà, dipartimento dopo dipartimento. E anche sotto la spinta di una valanga di anonimi.

Sono tanti i Corvi che volano nel cielo di Bari in queste settimane di paura. Raccontano di tutto e di tutti, spiegano in lunghe lettere (con tanto di allegati grafici e di alberi genealogici) come una mezza dozzina di clan accademici hanno allungato le mani sull'Università. "Arrivano ogni mattina sulle scrivanie dei sostituti con la posta prioritaria", confessa il procuratore aggiunto Marco Dinapoli, il magistrato che coordina le indagini sulla pubblica amministrazione. Denunce di combine nelle commissioni esaminatrici, nomi, cognomi, favori incrociati per piazzare di qua e di là consanguinei o amanti, fidanzati e generi. Ci sono inchieste aperte dappertutto. A Veterinaria e a Matematica, a Scienze delle Comunicazioni, a Cardiologia, a Ginecologia, a Genetica, al Politecnico. Ma è Economia e Commercio - dove il rettore Giovanni Girone è ordinario di Statistica - che è il cuore della razza barona barese, è in quell'edificio grigio a cinque piani il suq delle cattedre.

Sono tutte qui le grandi famiglie accademiche, tutte super rappresentate a cominciare da quella del Magnifico fino agli illustrissimi Massari, tre fratelli - Giansiro, Lamberto e Lanfranco - e poi un nugolo di figli ricercatori. Concorsi a regola d'arte, carte naturalmente sempre a posto come vuole la legge. Tanto a vincere sono soprattutto i parenti. Il preside della facoltà si chiama Carlo Cecchi e allarga sconsolato le braccia: "A me i professori me li regalano le commissioni aggiudicatrici dei concorsi: cosa posso fare io? Io non sono mai stato nelle commissioni di esami".

Senza vergogna e senza pudore una dozzina di clan accademici, anno dopo anno, si sono impadroniti dell'Ateneo. "E' come se ci fosse stata una competizione tra alcuni professori a chi riusciva a collocare più membri del proprio gruppo familiare", commenta Nicola Colaianni, ex magistrato di Cassazione, il docente di Diritto pubblico nominato dal senato accademico a presiedere una commissione d'inchiesta sui buchi neri dell'ateneo. La sua relazione finale l'altro ieri è finita dritta dritta alla procura della Repubblica.

Ci sono i clan ad Economia e Commercio e ci sono quelli al Policlinico, altro girone infernale della cultura universitaria pugliese. Clan e ancora clan, lo scambio di promesse per un posto di ricercatore o di associato, i figli e i nipoti tutti specializzandi, sempre gli stessi nomi che occupano le stesse cattedre: i Ponzio a Lingue, i Foti al Politecnico e via via tutti gli altri. Fino alle grandi famiglie dei "professori" del Policlinico. Quasi tutti hanno trovato un dottorato di ricerca o un incarico nella stessa clinica del padre o dello zio o del cugino. A Psichiatria. A Ortopedia. A Neurochirurgia. A Endocrinologia. A Chirurgia generale. Un elenco infinito. Con il 40 per cento circa dei figli dei primari nella stessa facoltà dei padri e, molto spesso, nella stessa struttura operativa. Con l'età dei "fortunati" parenti a volte molto sospetta, mediamente dieci anni più bassa di quella dei loro colleghi senza blasone.

Privilegi di casta e anche qualcosa di più. Come quell'holding che gestiva concorsi con il trucco a Cardiologia, il fondatore della scuola barese Paolo Rizzon arrestato per associazione a delinquere "finalizzata al falso e alla corruzione", secondo i giudici un componente di rango di una sorta di Cupola che "dirigeva" gli affari della cardiologia. E non solo in Puglia. O come il primario di Ginecologia e ostetricia Sergio Schonauer, indagato per avere votato una commissione che avrebbe dovuto giudicare suo figlio Luca per un posto di ricercatore nella sua stessa clinica. E' la prepotente "normalità" di questa Bari universitaria che si sente impunita, è l'intrigo alla luce del sole, l'omertà delle complicità estese.

Rettore, ma cos'è questa sua Università, una sola grande famiglia? Prima Giovanni Girone travolge con la sua mole un gruppo di giornalisti e si fa sfuggire un magnifico "vaff...", poi si scusa, minaccia la solita querela a chiunque parli o scriva dei suoi e degli altri parenti cattedratici, finalmente si placa e ci fa entrare nella sua stanza. Alle sue spalle due grandi foto, una di Padre Pio e l'altra di Aldo Moro. E alla fine Girone sospira: "I nomi non c'entrano, i concorsi o sono corretti o non sono corretti. E nel caso di mia moglie e dei miei figli è stato tutto regolarissimo: quel che conta è soltanto la produzione scientifica". Così parla il Magnifico rettore dell'Università di Bari, l'ateneo delle grandi tribù.>>

[Attilio Bolzoni: “Dopo concorsi pilota, esami venduti e test truccati, nel mirino dei magistrati ci sono ora decine di casi di nepotismo/ L'università affare di famiglia – A Bari mogli e figli in cattedra”, la Repubblica, 3 marzo 2005)]

 

Nepotismo alle facoltà di medicina e chirurgia a Roma (25.VI.2005)

 <<Tra le dinastie accademiche negli atenei romani le facoltà di Medicina e Chirurgia meritano una menzione a parte. Che si tratti della Sapienza o di Tor Vergata, non cambia. sarà per vocazione al sapere o per tradizione ma in queste facoltà si ritrovano intere famiglie. Prendi per esempio la casata di Giovanni Dolci, professore ordinario, docente di Clinica Odontoiatrica e potente direttore del Dipartimento in Scienze Odontostomatologiche alla Sapienza. Marco Dolci, uno dei figli, è professore ordinario a Chieti in malattie odontostomatologiche, il cui settore disciplinare è indicato con al sigla “MED28”. L’università di Chieti non è quella di Roma, è vero, ma ci vuole poco per tornare negli atenei della capitale: Alessandro Dolci, altro figlio di Giovanni, è ricercatore a Tor Vergata. In cosa ricerca? Anche lui in “MED28”. In questo caso preciso due diverse famiglie accademiche incrociano i loro percorsi: al regolare concorso con due soli posti disponibili l’altro vincitore insieme ad Alessandro Dolci è Patrizio Bollero, anch’egli figlio di un padre a capo di un’importante struttura: Enrico Bollero è infatti il direttore generale del Policlinico di Tor Vergata.

 Per rimanere nello stesso corso di laurea c’è anche la famiglia Sfasciotti: Marcello, il padre, professore ordinario di Odontoiatria oggi in pensione, e Gianluca, il figlio, professore associato, che lavora presso la clinica odontoiatrica dove lavorava il padre. Stessa cosa vale per i Ripari: Maurizio, il padre, ordinario alla Sapienza in malattie odontostomatologiche, Francesca, la figlia, è ricercatrice presso la stessa facoltà e sempre nello stesso settore.

 Infine, passando da odontoiatria ad oculistica, c’è la famiglia Scuderi. Giuseppe Scuderi è noto oculista e professore ordinario presso la I Facoltà di Medicina, oggi in pensione. Nicolò Scuderi, uno dei suoi figli, è professore ordinario di Chirurgia Plastica, e Gianluca Scuderi, l’altro figlio, professore associato, sulle orme del padre, in malattie dell’apparato visivo, è stato chiamato dalla II facoltà di Medicina della Sapienza,. anche se nel budget della facoltà non era prevista la spesa per un nuovo posto da associato. Per l’occasione, il preside Frati, anche lui capostipite di un’importante dinastia accademica, in sede di consiglio di facoltà, il 25 gennaio 2005, ha consentito la chiamata trasferendo i fondi necessari per quel posto dalla I alla II facoltà.

 Fin qui i parenti che sicuramente si sono fatti strada per merito, con regolari concorsi e ineccepibili percorsi accademici,. Per scovare una vicenda di nepotismo acclarato alla facoltà di Medicina, bisogna invece andare indietro nel tempo fino a un concorso da professore ordinario del 1988, viziato da falso e abuso di ufficio: quello vinto da Marco De Vincentis, figlio di Italo De Vincentis, Per capire quale paradosso comportava la convivenza di padre e figlio all’interno delle stesse aree accademiche basta leggere cosa scrisse Luigi Fiasconaro, Gip del tribunale di Roma che seguì il caso: “Un rilievo sconcertante sulla produzione scientifica dei tre figlioli – (De Vincentis non era infatti l’unico padre eccellente sotto indagine, cérano altri due docenti, ndr) – è costituito dalla constatazione che la maggior parte dei lavori sia stata effettuata negli istituti diretti dai rispettivi genitori, in collaborazione con aiuti e assistenti di questi ultimi. Le loro pubblicazioni riportano, infatti, il nominativo dei padri, a garanzie della qualità del lavoro stesso”.>>

 [Marco Occhipinti: “Il feudo di medicina e chirurgia/ da padre in figlio le facoltà bottega”, la Repubblica, Roma-Cronaca, 25 giugno 2005, p. iii]

Presidente della Conferenza dei rettori italiani, indagato per aver favorito il figlio a un concorso, attacca la magistratura (25.II.2006)

<<FIRENZE – Piero Tosi, rettore dell’università di Siena e presidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui), è stato sospeso per due mesi dalle sue funzioni con un provvedimento del gip di Siena che lo ha messo sotto indagine per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il pm e il gip di Siena gli rimproverano irregolarità nella stipula della consulenza affidata all’ex direttore amministrativo dell’ateneo andato in pensione anticipata e poi messo sotto contratto per altri 5 anni, nel bando dei concorsi per primario di medicina legale e per associato di chirurgia plastica senza la necessaria delibera del Senato accademico, nel conferimento delle responsabilità dei dipartimenti dell’azienda ospedaliera. “Le presunte irregolarità su questi fatti – ha rivelato Tosi , che per primo ha dato notizia del provvedimento – vengono messe in relazione dalla magistratura, ipotizzando un generale disegno con un presunto interesse personale relativo a un concorso per ricercatore al quale ha partecipato mio figlio”. I fatti si sono svolti tra il 2002 e il 2004. Il provvedimento di sospensione è stato motivato per le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle prove.

Alla spiegazione delle contestazioni, il rettore di Siena ha accompagnato una dura presa di posizione. “Ritengo del tutto infondato il provvedimento – ha detto – Si è voluto colpire la mia persona e l’università di Siena nonché l’autonomia universitaria, giacché alcuni degli atti che mi si addebitano sono riferibili al rispetto dello stato giuridico degli universitari. Ho dedicato 12 anni della mia vita a questa università e gli ultimi 3 alla difesa delle università italiane”. Ieri sera il senato accademico di Siena ha approvato un documento di solidarietà al rettore – che poi è stato fatto proprio da un’assemblea spontanea di docenti, studenti e personale amministrativo – e si è poi autoconvocato in seduta permanente preannunciando che alla fine della riunione tutti i singoli membri del senato si sarebbero dimessi. Solidarietà a Tosi è arrivata dal consiglio di amministrazione della sua università, dal comitato di presidenza della conferenza dei rettori, da altri atenei e rettori, da Comune, Provincia e Ds di Siena, che definiscono “spettacolare” il provvedimento della magistratura.>>

[“‘Favorì il figlio al concorso’. Il gip sospende il capo dei rettori”, la Repubblica, 25 febbraio 2006, p. 29] 

 

Ammissione a Harvard (30.VIII.2006)


<<NEW YORK - Che cosa hanno in comune Lauren Bush, Vanessa Vadim, Jessica Spielberg, Dhani Harrison, Christopher Ovitz e Albert Gore? Sono tutti «figli di papà» che nonostante lo scarso profitto scolastico sono riusciti ad entrare nelle più esclusive università americane Ivy League, in cambio dei favori (e dei milioni di dollari) elargiti dalle loro famiglie a queste istituzioni.

A svelare il segreto è il libro «The Price of Admission», firmato da Daniel Golden, laurea a Harvard e una delle penne più autorevoli del Wall Street Journal, vincitore di tanti premi giornalistici tra cui il Pulitzer. La sua provocatoria tesi: i college che si vantano di essere i più rigorosi del mondo scartano regolarmente gli studenti migliori (ignorandone gli ottimi voti nei test), per far posto ai loro coetanei somari, rampolli dell'aristocrazia di Hollywood, Wall Street e Washington. «La meritocrazia nelle scuole americane è un mito», scrive Golden. In realtà la «rich white people », la gente bianca ricca, è decisa a «perpetrare [sic, ndc] il sistema di caste, assicurando che il Paese resti nelle mani delle solite famiglie ». Gli esempi si sprecano. Christopher Ovitz, figlio di Michael, (l'agente più potente della Mecca del cinema) nonostante un «curriculum mediocre e la pessima condotta» (alle medie fu sospeso per aver tirato una mazza da baseball ad una compagna) è entrato alla Brown come «studente speciale». Per sdebitarsi il padre ha sponsorizzato seminari con Martin Scorsese e Dustin Hoffman. Tra gli sponsor più generosi c'è l'ex palazzinaro Charlie Kushner, oggi in carcere per evasione fiscale e finanziamento illecito dei partiti: nel '98 regalò due milioni e mezzo di dollari ad Harvard per olearne l'ingresso al figlio Jared. E nel 2001 fece bis, comprando per tre milioni l'entrata alla New York University per la figlia Dara. Dal nepotismo non sarebbero immuni neppure i Sulzberger, il potente clan dietro il New York Times: dopo l'iscrizione di Cynthia Fox Sulzberger a Duke, il vecchio Arthur Ochs Sulzberger commissionò al giornale una benevola storia di copertina sull'università. E nemmeno i Bush: Lauren, modella part-time dalle chiare idee repubblicane come lo zio e il nonno inquilini della Casa Bianca, è entrata a Princeton, tempio del liberalismo, nonostante la domanda d'iscrizione pervenuta fuori tempo massimo. «L'università ha chiuso un occhio- scrive Golden -. Eppure anche il suo test era considerevolmente inferiore alla norma».

La maglia nera del clientelismo appartiene però alla Brown University. David Zucconi, arbitro delle iscrizioni, avrebbe «aiutato personalmente Vanessa Vadim, figlia di Jane Fonda e Roger Vadim, a saltare tutti gli ostacoli per essere ammessa ». Più tardi la mamma attrice ha inviato un assegno di 750 mila dollari. E lo stesso Zucconi avrebbe corteggiato intensamente, con successo, i figli di ben due Beatles: Dhani Harrison, primogenito di George, e Francesca Gregorini, figliastra di Ringo Starr nata dal matrimonio tra l'ex ragazza di James Bond, Barbara Bach, e l'industriale italiano Augusto Gregorini. Meno fortuna Zucconi ebbe invece con Sofia Loren. Alla Brown, dove era stato subito ammesso, suo figlio Edoardo Ponti preferì la University of Southern California.

La pratica sarebbe esercitata ex equo da repubblicani e democratici. Il figlio dell'ex vice presidente Al Gore è entrato ad Harvard – e così il primogenito del leader dei repubblicani al Senato Bill Frist a Princeton – nonostante i pessimi voti. Mentre un geniale coetaneo «asian american », infinitamente più qualificato, è stato respinto da tutti i migliori atenei «perché figlio di un signor nessuno ». «Nell'America di oggi gli asiatici sono diventati i nuovi ebrei - spiega Golden -. I canoni di ammissione per loro sono infinitamente più duri». La speranza di Daniel Golden? Che il suo libro possa resuscitare la proposta di legge di Ted Kennedy: revocare gli sgravi fiscali e i fondi federali alle università colpevoli di queste pratiche.>>

 [Alessandra Farkas: “Dal figlio di Gore alla nipote di Bush. Libro-denuncia negli Usa /Somari a Harvard (grazie a papà)  Donazioni per entrare al college/ «Così gli atenei scartano regolarmente gli studenti migliori per far posto ai figli dei ricchi» / Iscrizione in ritardo, voti mediocri. Eppure Lauren, nipote di Bush, venne ammessa a Princeton. «Il suo test era molto inferiore alla media»”, Corriere della Sera, 30 agosto 2006]

Il ministro dell’Università: «il corporativismo lobbistico è una malattia e il nepotismo è un delitto» (5.IX.2006)

<<I concorsi universitari, in cui sono formalmente presenti valutazioni per titoli ed esami, è nella pratica dominato da lobbies locali e nepotismo. Cosa intende fare per correggere rapidamente? Francesco da Milano

Sono un ricercatore. Si è molto parlato di "nepotismo" del sistema di reclutamento universitario. Ha sottomano una statistica di quanti vincitori di concorsi accademici sono candidati interni della sede "bandente"? Indizio: è una percentuale con due numeri interi, di cui il primo maggiore o uguale a 9... Claudio Altafini, Sissa Trieste

Non crede che sarebbe opportuno introdurre sistemi più meritocratici nell'università italiana, a partire dalla ripartizione dei fondi? Qui in Inghilterra nessuno si sognerebbe di far fare carriera a raccomandati di scarso valore. Se lo facesse, andrebbe semplicemente incontro a una riduzione della performance e un conseguente taglio dei fondi

Alessandro Aurigi, Newcastle University (UK)

A parte i casi di aperta corruzione, per i quali c'è la magistratura che mi auguro usi la mano pesante, nella formazione, nella scienza e nella ricerca il corporativismo lobbistico è una malattia e il nepotismo è un delitto. Sono stati provati tutti i metodi concorsuali immaginabili senza ridurre significativamente quella dose di arbitrio e di manipolazione che persiste. C'è una sola via: fortissimi meccanismi di valutazione dei risultati che premino il merito, e affidare alla valutazione una quota negli anni crescente del budget complessivo dei finanziamenti. Per questo, dopo la positiva esperienza CNVSU e del CIVR, intendo mettere in Finanziaria la delega per la istituzione della Agenzia nazionale di valutazione. Se funziona potrebbe essere una rivoluzione.>>

 [“[Fabio] Mussi:  «Meno esami più qualità /e rivoluzione contro gli abusi»”, la Repubblica, 5 settembre 2006.

http://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/scuola_e_universita/servizi/universita-governo/universita-mussi-risponde.html]

 Facoltà di medicina, transnazionali del farmaco, politica, nepotismo: oltre la fantasia ( 18.I.2007)

<<I mali del Policlinico? Rosi Bindi non ha mai avuto dubbi. Nel 1999, quando esplose il caso delle infezioni in corsia all'Umberto I, la Bindi, a quel tempo ministro della Sanità, disse chiaro e tondo al Parlamento: "Ritengo che la prima causa di quello che accade sia la gestione diretta da parte dell'università". Sono passati otto anni, quattro governi e una lunga serie di direttori generali, ma i rifiuti nei tunnel del Policlinico sono rimasti al loro posto. Come Luigi Frati, da 16 anni preside della facoltà di Medicina dell'Università la Sapienza, corresponsabile insieme alla Regione dello sfascio. Nato dal sindacato, dotato di ottime relazioni con le case farmaceutiche e con i politici, Frati dal 1990 muove i fili dei concorsi e decide i destini dei primari che governano l'attività ospedaliera del nosocomio più disastrato d'Italia. Immune a indagini e polemiche, a ogni elezione viene riconfermato con un plebiscito dai suoi colleghi. Al Policlinico non si muove foglia che Frati non voglia.

"Tutti gli dobbiamo qualcosa", ammette un illustre cattedratico che chiede di restare anonimo: "I professori vogliono che i propri allievi possano andare in cattedra con un posto da ordinario o da associato. Frati può aiutarci a esaudire i nostri desideri. Come? Bandendo il concorso al momento giusto". Un sistema che ha accontentato molti, compresi politici e soci in affari. Da Vincenzo Saraceni, vincitore della cattedra di Fisiatria nel 2001, proprio quando era assessore alla Salute del Lazio. A Marco Artini, socio di Frati nella Millennium Biotech, una società che si voleva lanciare nel business delle biotecnologie. La società non ha mai operato, ma Artini nel 2002 ha vinto un concorso per ricercatore nella facoltà del suo socio-preside.

Frati è nato a Siena 63 anni fa. Laurea alla Cattolica, dal 1980 professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina della Sapienza, il suo astro sale negli anni Ottanta quando fonda la Cisl universitaria e rompe il monopolio rosso della Cgil. La sinistra democristiana gli è riconoscente, lui si lega all'allora ministro Carlo Donat Cattin e al senatore Severino Lavagnini. Ma i suoi sponsor sono nel ministero della Pubblica istruzione: il potente direttore generale Domenico Fazio e il sottosegretario (e poi ministro) Franca Falcucci. A 40 anni è già vicepresidente del Consiglio universitario nazionale, il celebre Cun che gestiva l'assegnazione dei concorsi . Un'attività nella quale si rivelerà un autentico maestro. "Ho messo in cattedra più di 200 professori", ripete sovente. E tra questi sono tantissimi gli amici che gli hanno giurato imperitura fedeltà.

Nel 1990 raccoglie i frutti della sua semina e viene eletto per la prima volta preside della facoltà di Medicina. Da quella postazione preme sulla conferenza dei presidi di tutta Italia per modificare la tabella degli insegnamenti in modo da spezzettare le materie e così moltiplicare le cattedre. In particolare aumentano i ricercatori e i patologi come Frati che, a sentire l'ex direttore generale del Policlinico Tommaso Longhi, non brilla certo per l'attenzione ai pazienti. Secondo Longhi, spesso Frati non firmava le schede di dimissioni dei malati e non si curava delle diagnosi dell'unità operativa di Oncologia nella quale è direttore. La linea di Frati ha pagato: i medici che sono divenuti professori grazie a lui gli sono riconoscenti e lo dimostrano a ogni elezione. Così il suo incarico che avrebbe dovuto durare tre anni è ormai diventato a vita. Alla vigilia della sesta conferma, nel 2005, Frati ha tentato anche la scalata allo scranno più alto dell'università. Non è riuscito a diventare rettore, ma i suoi voti sono stati decisivi per l'elezione di Renato Guarini, che infatti lo tratta con grande rispetto. Il rettore firma gli atti di indirizzo relativi al Policlinico ma Guarini ascolta Frati prima di prendere qualsiasi decisione. Li accomuna anche un certo modo di intendere la famiglia e l'accademia. Se il rettore vanta due figli dipendenti dell'ateneo romano, Frati può contare su tre professori in casa: la moglie e i due figli. Famiglia, calcio e mare. Frati è un arcitaliano anche nelle passioni: tutti i venerdì gioca con una squadra di colleghi. Poi via verso gli amati lidi di Sabaudia, dove si gode il weekend nella villa di famiglia.

L'amore per i figli è cieco e non distingue sempre tra affetti privati e beni pubblici. Il 14 novembre del 2004, quando la sua diletta primogenita Paola è stata impalmata da Andrea Marziale, il preside Frati ha usato l'Aula grande del suo istituto all'università per la festa di nozze con 200 invitati. Buffet ricchissimo dalla porchetta ai pasticcini, catering in livrea e la troupe delle 'Iene' a immortalare l'evento. Paola Frati è laureata in legge, ma è diventata professore ordinario di medicina legale alla Seconda facoltà (dove non insegna il padre). L'altro figlio di Frati, Giacomo, laureato in medicina, ha vinto invece il concorso da ricercatore nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore. Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura come professore ordinario di Storia della medicina. Anche suo fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata una figura importante soprattutto perché era l'amministratore della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dohme.

Anche Frati, nel suo ruolo di professore e ricercatore, ha molti rapporti con i produttori di medicinali. Il Forum per la formazione biomedica, del quale era rappresentante legale, riceveva ingenti finanziamenti dalle case farmaceutiche nel biennio 1993-1994, quando il luminare era membro della Cuf, Commissione unica del farmaco, quella che decideva se lo Stato doveva rimborsare pillole e supposte, decretando successi e fallimenti delle aziende. Frati entrò nella Cuf dopo Mani pulite e l'arresto del celeberrimo Duilio Poggiolini. Tutto filò liscio finché si scoprì che molti componenti della Cuf guidavano istituti di ricerca finanziati con i miliardi delle multinazionali. Il Forum, creatura di Frati, vantava un giro di affari di 2 miliardi e 300 milioni di lire nel 1993. Organizzava corsi di aggiornamento per medici e le società farmaceutiche contribuivano generosamente alle spese. "Tutto legale", si difese Frati, "i finanziamenti servivano per la formazione ed erano stati comunicati al ministero". Gli atti finirono alla Procura di Roma, ma tutto si risolse in una bolla di sapone. Oggi il Forum si è trasformato in Anm, Accademia nazionale della medicina. Frati è il presidente del comitato direttivo dove troviamo anche il direttore generale del Policlinico Ubaldo Montaguti.

L'associazione resta uno snodo importante degli affari di Frati. Su Internet si precisa che non ha fini di lucro, ma subito si aggiunge che si avvale di un'agenzia di servizi: la Forum Service. 'L'espresso' è andato a curiosare alla Camera di commercio scoprendo che Frati (insieme all'Anm e ad altre quattro persone) è socio della Forum Service. Questa società ha fatturato dal 2003 al 2005 ben 8 milioni e mezzo di euro. Oltre a organizzare convegni per i medici di famiglia della Fimmg, è la casa editrice di decine di libri di professori e medici. Sono in tanti nel Palazzo a volergli bene. Quando fu messo in croce dal senatore Valentino Martelli di An per i finanziamenti delle case farmaceutiche al Forum, Frati è stato difeso dal centrosinistra. Poi, quando è stato attaccato da sinistra, a difenderlo c'era il suo collega Marco De Vincentis, candidato alle regionali con An e amico di Francesco Storace.

L'unico che ha provato a mettere un freno allo strapotere di Frati è stato Tommaso Longhi, per quattro volte direttore generale del Policlinico tra il 1994 e il 2003. Longhi ha denunciato le anomalie più scandalose del Policlinico, mettendo in fila una serie di cifre da brivido: con un numero di posti letto equivalenti a quello del Gemelli, l'Umberto I ha il doppio dei medici; i chirurghi effettuano 30 interventi l'anno a fronte di una media europea di cento; c'è un primario ogni sei pazienti e infine, a parità di studenti, tra gli anni Sessanta e il 2003 il consiglio di facoltà di Medicina si è dilatato passando da 40 a oltre 700 membri. Longhi non si è limitato a stilare statistiche, ha puntato il dito sui doppi incarichi di Frati. Il super preside si era fatto nominare direttore scientifico dell'istituto privato Neuromed in provincia di Isernia (per il quale hanno lavorato anche i figli Giacomo e Paola). Per Longhi quell'incarico era incompatibile con quello di direttore dell'unità di Oncologia del Policlinico. Revocò Frati e gli chiese indietro i compensi ricevuti. Non lo avesse mai fatto. Frati lo ha trascinato in tribunale (ottenendo la reintegra nel posto) e gli ha scatenato una guerra tale da spingerlo ad abbandonare l'incarico. A perderci non è stato solo Longhi. L'ex direttore aveva quasi completato un progetto di ristrutturazione che prevedeva l'abbattimento delle strutture fatiscenti (quelle al centro dello scandalo) e la concentrazione delle sale operatorie disperse nei mille padiglioni. Il progetto aveva avuto tutte le autorizzazioni. Ma non se ne è fatto niente. Perché? "Il progetto", accusa Longhi, "è stato bloccato proprio da Frati".  >>

 

[Primo Di Nicola, Marco Lillo: “Il barone Frati”, L’espresso, 18 gennaio 2007, pp. 31-2;

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Il-barone-Frati/1477028/8 ]

 

Condannato per corruzione aggravata e continuata? Rimanga in cattedra! (12.II.2007)

 <<Il ministro della Salute Turco e dell'Università Mussi saltino pure sui loro seggi:

Inutile ogni invito al rigore e all'onestà. I corrotti, beccati o meno con le mani nel sacco si rallegrino!

Michele Toscano ha vinto la battaglia per preservare carriera e posizione nonostante una condanna a 1 anno e 4 mesi per corruzione aggravata e continuata.

Rimarrà Direttore dell'Istituto, manterrà i suoi privilegi accademici, terrà lezioni e sarà ancora nelle commissioni di concorso universitario!

Direttore della Cardiochirurgia a Siena, al tempo in cui riscuoteva tra gli 80 e i 100 milioni all'anno di tangenti da Ovidio Olivi, nell'ambito della cosiddetta Sanitopoli Toscana (Toscana felix!), e attualmente Direttore dell'istituto del cuore e dei grossi vasi al policlinico Umberto 1°di Roma, rimarrà del tutto impunito. Sulla vicenda della sua sospensione si era pronunciata anche la Consulta, dando torto alle tesi del cardiochirurgo tuttavia l'Università La Sapienza ha dovuto arrendersi e rinunciare a coltivare davanti al Consiglio di Stato l'azione disciplinare contro Toscano. Dunque evviva !


PS : e l'ordine dei medici?

per chi non ricordasse le vicende:

«Da la Repubblica del 22 Febbraio 2001

Tra le persone coinvolte noti medici e imprenditori accusati di corruzione, truffa e falso in bilancio

Sanità, nove arresti per tangenti in Toscana

L'inchiesta riguarda fatti dagli anni '90 a oggi su forniture Asl "truccate"

FIRENZE - Nomi famosi, medici e primari di noti ospedali. Nove persone sono finite oggi agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta della procura di Firenze su presunte tangenti pagate per forniture medico-chirurgiche in alcuni ospedali toscani. Tra gli arrestati, l'amministratore di una società di forniture medico ospedaliere e quattro medici. Per tutti, l'accusa è di corruzione. La guardia di finanza ha fatto anche una quarantina di perquisizioni, ancora in corso, una delle quali negli uffici della Regione. Oltre alle perquisizioni, anche 11 informazioni di garanzia a persone dell'ambiente della sanità toscana e dell'imprenditoria. Le indagini, svolte dalla guardia di finanza e coordinate dai pm Giuseppe Nicolosi e Alessandro Nencini, riguardano fatti che sarebbero avvenuti nel corso degli anni '90.

Sono dieci le misure cautelari emesse, ma soltanto nove di queste sono state eseguite. I medici coinvolti nell'inchiesta e tutti costretti agli arresti domiciliari, sono: Marino Vaccari, 70 anni, già primario di Cardiochirurgia a Careggi (Firenze) e coordinatore della Commissione acquisti presidi medico-ospedalieri dello stesso nosocomio; Michele Toscano, 56 anni, primario della II Divisione di Cardiochirurgia al Policlinico Umberto I di Roma e Direttore della cattedra di Chirurgia Cardiotoracica a "Le Scotte" di Siena; Ignazio Simonetti, 52 anni, responsabile di Emodinamica e Interventistica dell'ospedale di Prato e già responsabile di Emodinamica a Careggi; Achille Bravi, primario malattie Cardiovascolari 2 a "Le Scotte" di Siena; infine Franco Santoli, primario di Anestesia e Rianimazione e responsabile medico degli acquisti presso l'Ospedale pediatrico apuano di Massa Carrara.

In carcere sono invece finiti Ovidio Olivi, 55 anni, grossetano residente a Firenze, amministratore di varie società coinvolte nelle indagini, e Marcello Nannini, 48 anni, tecnico coadiutore a Careggi, addetto alla predisposizione della documentazione per le richieste di forniture di presidi medico-chirurgici. Altre tre, infine, sono le persone agli arresti domiciliari: Morena Gallorini, 43 anni, di Sesto Fiorentino; Serena Ceccatelli, 30 anni, di Scandicci (Firenze) e Silvia Pecchioli, 31 anni di Carmignano (Prato).

L'inchiesta ha abbracciato un periodo che va dagli anni '90 ad oggi e si è incentrata attorno all'attività della società Hospital Technology, amministrata da Olivi. I reati contestati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di delitti di corruzione, truffa, turbativa d'asta, frode fiscale e falso in bilancio. E ciò - secondo l'accusa - "secondo un programma criminoso perdurante nel tempo e volto a trarre profitto dalla fornitura di presidi medico-chirurgici alle Asl della regione toscana".

In pratica, sempre a giudizio degli inquirenti, "dietro corresponsione di somme di denaro, di benefit personali, di favori per sè o per altri" la Hospital Technology sarebbe stata favorita nella aggiudicazione delle forniture. Ciò sarebbe avvenuto "anche attraverso la redazione di specifiche tecniche concordate preventivamente così da escludere automaticamente ogni altro concorrente". Così - rileva la Procura - sarebbe stato garantito "un rapporto di fornitura continuativo e costante, svincolato dalle reali esigenze qualitative e quantitative".»>>

[Paolo Cornaglia-Ferraris, “Un invito alla corruzione”, 12 febbraio 2007, http://www.camiciepigiami.org/viewn.asp?nws=1488 ]

 

Il policlinico dell’università di Messina «colonia» della ’ndrangheta (21.VII.2007)

 <<.PALERMO – Un’inchiesta della Dda [= Direzione Distrettuale Antimafia] di Messina sull’università ha portato all’emissione ieri di cinque ordinanze di custodia cautelare e vede indagato anche il rettore Francesco Tomasello. Uno scandalo, certo, ma solo l’ultimo, in ordine di tempo, sull’ateneo peloritano. In passato numerose indagini si sono concentrate su presunti rapporti tra docenti dell’università e la cosca Morabito di Africo Nuovo, uno dei clan più potenti della ’ndrangheta calabrese.

L’ateneo, del quale si è più volte occupato anche la Commissione antimafia, è stato al centro di varie inchieste: da quella sulla compravendita di esami, agli appalti truccati, fino all’assassinio di un docente. La vittima è il professor Matteo Bottari, genero dell’ex rettore Guglielmo Stagno D’Alcontres e titolare della cattedra di endoscopia, ucciso la sera del 15 gennaio 1988 mentre faceva ritorno a casa. Nell’ambito di questa inchiesta sono emersi gli interessi dei Morabito sugli appalti del Policlinico, definito dagli investigatori una “colonia” del clan calabrese. Il referente della cosca all’interno dell’ateneo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato un collega di Bottari, il professor Giuseppe Longo, gastroenterologo del Policlinico, arrestato nel giugno del 1998 per associazione di stampo mafioso.

La posizione del docente, sospettato anche di essere il mandante dell’omicidio Bottari, fu però archiviata. Longo è stato assolto anche nel processo Panta rei riguardante proprio le infiltrazioni della ‘’ndrangheta nella vita dell’ateneo.

Numerosi i reati contestati agli imputati: dall’associazione mafiosa alla vendita degli esami, dalle intimidazioni ai docenti (uno dei quali, il professore Giancarlo Devero, fu pure ‘gambizzato’ perché si era rifiutato di promuovere una studentessa) allo spaccio di droga.>>

[“Cinque arresti a Messina / l’ateneo dove si spara”, Corriere Nazionale, 21 luglio 2007, p. 5]





Il famoso rettore e primario di oncologia che... «non ha mai visitato un paziente» (20.X.2012)


<<Il magnifico finisce sotto inchiesta. Alcune cartelle cliniche sarebbero state falsificate, al fine di coprire l’inadempienza del reparto che dirige nei confronti della legge sulle cure palliative ai malati di tumore. Il professor Luigi Frati, oltreché essere il rettore del più grande ateneo d’Europa (La Sapienza), è anche direttore scientifico dell’istituto Neuromed di Pozzilli, in Molise, presidente dell’Accademia Nazionale di Medicina e infine primario del reparto di Oncologia del Policlinico Umberto I di Roma. In quest’ultima sede, infatti, il magnifico Frati non si vedrebbe così spesso. Anzi, come disse qualche tempo fa ai microfoni di Report la dottoressa Maria Luisa Basile (medico operante nello stesso reparto diretto da Frati), “non è mai stato presente. Non è mai intervenuto in una scelta, non ha mai visitato un paziente”.

Lo scorso marzo, pochi giorni dopo l’inchiesta del programma di Milena Gabanelli, la Fials Medici universitari aveva chiesto tramite un atto formale, indirizzato al premier Mario Monti, al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, a quello della Salute Renato Balduzzi, alla governatrice Renata Polverini, e al direttore del policlinico Umberto I Antonio Capparelli, che il professor Frati venisse rimosso dal suo incarico di primario di Oncologia. “Non può solo firmare i turni di servizio dei medici che coordina, deve visitare e curare personalmente i pazienti”, denunciava il segretario della Fials Lazio, Antonio Sili Scavalli. Poche settimane – nel mezzo anche una denuncia del presidente dell’Adusbef, il senatore dell’Idv Elio Lannutti – e sul caso Frati la Procura di Roma aveva deciso di aprire un fascicolo, ma senza indagati né ipotesi di reato.

Da giugno però qualcosa ha iniziato a muoversi. Ad accelerare le indagini è stato ancora una volta il sindacato dei lavoratori della sanità. Tre sono le denunce contro Frati che Antonio Sili Scavali (per conto della Fials Medici universitari) e Ennio Biascucci, segretario nazionale del Comitato sindacati utenti e consumatori, hanno presentato alla magistratura: una alla Corte dei Conti e due in Procura. Per “ovviare” in qualche modo alla sua assenza in reparto, secondo la Fials Medici universitari, il primario di Oncologia dell’Umberto I avrebbe firmato in bianco cartelle cliniche e moduli indirizzati alla farmacia interna e di richiesta di chemioterapie, ma senza il nome del paziente né prescrizione di farmaci. Così che potessero essere usati dai suoi subordinati. I magistrati di piazzale Clodio vogliono vederci chiaro, anche perché a quegli esposti si aggiunge una mail spedita a Frati da un medico del suo reparto, in cui viene fatto esplicito riferimento ad una pratica quasi abitudinaria: quella cioè di modificare le cartelle cliniche in base ai dettami della legge, entrata in vigore nel marzo del 2010, che prevede un monitoraggio costante dell’intensità del dolore del paziente durante il ricovero, da riportare sulla cartella. Una legge che qualsiasi primario, se fosse quotidianamente presente nel suo reparto, dovrebbe assicurarsi venga applicata dai suoi medici. E Frati, stando a quanto aveva detto lui stesso a ilfattoquotidiano.it, nel suo reparto c’è ogni giorno. “Certo che ci sto, sto nel laboratorio di oncologia molecolare, che coordino direttamente, e nel reparto di day hospital, dove passo ogni mattina e domando se hanno problemi. Questa dottoressa che mi accusa – prosegue – è l’unico medico del mio reparto non specialista in oncologia e continua a fare fotocopie di ogni cosa e a mandarle ai magistrati”.

Dall’entrata in vigore di quella legge, però, per quasi un anno sulle cartelle dei malati in cura nel reparto guidato dal professor Frati, non ci sarebbe alcuna informazione relativa all’intensità del dolore. E proprio quando vennero annunciate le ispezioni del ministero, il reparto di Oncologia del Policlinico Umberto I, rendendosi conto della grave inadempienza, cercò di correre ai ripari. In che modo, però, se alcuni dei pazienti curati l’anno precedente erano stati dimessi? Falsificando le cartelle. è l’ipotesi. Sono oltre duecento le cartelle cliniche che, la scorsa settimana, i carabinieri del Nas hanno sequestrato, su mandato della Procura. A causa delle quali Frati adesso è iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di falso.>>

[G. Paglino: “Roma, il rettore della Sapienza Luigi Frati indagato per falso”, il Fatto Quotidiano, 20 ottobre 2012

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/19/roma-rettore-della-sapienza-luigi-frati-indagato-per-falso/388087/]