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ABUSI

 

Bocciatura "punitiva" a un esame di dottorato: il CUN difende la commissione. Il caso di David Aliaga (1999-2000) 1

Ordinario di farmacologia accusato di "taglieggiare" ricercatori (29.VI.2004) 5

Docenti universitari in politica (1.XII.2005) 5

Un licenziamento totalmente illegale (9.I.2006) 6

Licenziamento dopo mobbing: la testimonianza del “caso unico” di cui sopra (31.I.2006) 6

Precariato a La Sapienza (14.II.2007) 8

Petizione per rendere giustizia a David Aliaga (11.III.2007) 8

Elezioni del rettore a Perugia: cambiare lo statuto per rimanere in carica (30.III.2007) 9

Pisa: vietato discutere delle giornate di Genova 2001 all’università (17.VII.2007) 12

La libertà accademica al tempo dei Bush: licenziato negli U.S.A. critico dell’imperialismo americano (27.VIII.2007) 12

Fare un libro copiando le tesi dei propri studenti (5.IX.2008) 13

Il “laboratorio della morte” a Catania (e se ti ammali, niente più borsa di studio) (29.XI.2008) 14

Anche laureandi nel “laboratorio della morte” di Catania (13.XII.2008) 16

Senatore e professore presenta all’università di Pisa libro su Perché dobbiamo dirci cristiani: e la polizia carica gli studenti (4.III.2009) 17

 

 

Bocciatura "punitiva" a un esame di dottorato: il CUN difende la commissione. Il caso di David Aliaga (1999-2000)

La commissione del Consiglio Universitario Nazionale si esprime sul caso di David Aliaga (5-6 maggio 1999)

<<La commissione ad hoc sul "Caso ALLIAGA" ha presentato il seguente documento:

"La Commissione ad hoc, composta dai Consiglieri De Zanche, Grilli di Cortona, Nicosia, Polara, Ruggiu e Sanna, esaminata la documentazione disponibile sul caso, propone al Consiglio le seguenti conclusioni e suggerisce all'Amministrazione di compiere tutti i passi necessari per una definitiva e completa informazione sul caso alla comunita' scientifica internazionale, al fine di respingere accuse di inefficienza o illegittimita'.

Breve storia (prevalentemente sulla base di informazioni fornite dal dr. Aliaga) Nei primi mesi del 1987 il dr. David Aliaga supera l'esame di ammissione al dottorato di ricerca in Etnoantropologia presso l'Universita' della Calabria.

Nel gennaio del 1990 il Rettore dell'Universita' della Calabria attesta che il dr. Aliaga ha regolarmente concluso il suo programma di dottorato.

Nel febbraio del 1990, a causa di difficolta' finanziarie che lo costringono a lasciare l'Italia per il Canada, il dr. Aliaga chiede al Ministro e agli Uffici preposti la concessione di una proroga per la preparazione della sua tesi di dottorato.

Non risulta che gli sia giunta una lettera di risposta, tant'e' vero che nel maggio 1990 il dr. Aliaga viene informato della composizione della Commissione giudicatrice, viene invitato ad inviare la sua tesi ai Commissari e, nonostante la reiterazione della richiesta di proroga, gli viene inviata (in Cile) la comunicazione della data dell'esame (13 novembre 1990).

Ottenuta la proroga, in data 5 luglio 1991 al dr. Aliaga viene comunicata la composizione della nuova Commissione esaminatrice. Qualche giorno piu' tardi, egli riceve un telegramma con l'invito a presentarsi a Roma per la prova finale il 25 luglio 1991.

In tale data la Commissione non si sarebbe presentata. In seguito a contatti con i Commissari, si sarebbe convenuto di tenere l'esame finale il 7 agosto 1991.

Il 7 agosto 1991 il dr. Aliaga sostiene l'esame finale. La Commissione, unanime, "non ritiene di poter proporre il dr. Aliaga per il conferimento del titolo di Dottore di ricerca".


Osservazioni della Commissione ad hoc

Negli ultimi due anni molti docenti italiani, compresi i membri del CUN, sono stati inondati di messaggi, sia da parte del dr. Aliaga che da parte di colleghi italiani e stranieri, che peroravano la causa del dr. Aliaga adducendo motivi che spaziavano dalla richiesta di una prova d'appello all'accusa di discriminazione degli studenti stranieri in Italia e, infine, all'accusa ai professori italiani di non fare bene il proprio lavoro.

Al riguardo, la Commissione rileva quanto segue:

la relazione della Commissione giudicatrice, allegata al verbale della riunione del 7 agosto 1991, analizza in maniera estremamente puntuale il lavoro del candidato e conclude affermando che "nel corso della lunga discussione il candidato non ha offerto elementi di conoscenza teorica e metodologica tali da integrare le carenze presenti nel suo lavoro";

 

il dr. Aliaga non aveva diritto a ripetere l'esame, come ha piu' volte richiesto, cosi' come non lo hanno gli altri dottorandi italiani e stranieri, secondo la normativa vigente fin dall'istituzione del dottorato di ricerca in Italia; il cambio della Commissione, lamentato dal dr. Aliaga, e' conseguenza della sua richiesta di proroga, in quanto la normativa prevede che le Commissioni d'esame finale siano rinnovate ogni anno; in base alla normativa vigente nel periodo in cui il dr. Aliaga ha frequentato il corso di dottorato, la proroga poteva essere concessa, a discrezione del Ministro, solamente in casi eccezionali. Al dr. Aliaga e' stato quindi riservato un trattamento di favore, che a pochi italiani e' stato concesso; in base alla legge, il dr. Aliaga non aveva diritto alla borsa di studio, in quanto cittadino extracomunitario. Si fa rilevare che, come riconosciuto dallo stesso dr. Aliaga, l'Universita' della Calabria lo sostenne finanziariamente per otto mesi. Non si tratta, comunque, di materia di competenza del MURST; e' molto strano l'episodio della convocazione in data 25 luglio 1991. Va sottolineato, in proposito, che la documentazione relativa non e' piu' reperibile in quanto, per prassi, questo tipo di documentazione viene mantenuta in archivio solo per un numero limitato di anni. La Commissione ad hoc ha preso visione del telegramma di convocazione dei Commissari per il 7 agosto 1991, conservato dalla Presidente della Commissione, prof. Amalia Signorelli, interpellata in proposito; se il dr. Aliaga riteneva di essere stato danneggiato dal comportamento dei Commissari, avrebbe avuto a suo tempo la possibilita' di adire le vie legali contro l'operato della Commissione giudicatrice e del MURST.

 

Conclusione

La Commissione ad hoc ritiene che le lamentele del dr. Aliaga, appoggiato da vari Colleghi stranieri e italiani che gli hanno espresso solidarieta' (pur ammettendo esplicitamente di non essere a conoscenza dei fatti), siano infondate."

L'Aula ha approvato il documento all'unanimita'>>

La risposta di Aliaga

<<Stimati colleghi:

 

J'accuse la commissione ad hoc del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), per le sue conclusioni che scagionano di fatto il sistema delle sue inadempienze e protegge il comportamento censurabile di alcune delle persone coinvolte nella mia vicenda.

 

Voglio far alcune (ne ho tante) domande alla commissione sulle cose non fatte; voglio anche replicare molto succintamente alcune delle affermazioni fatte sulla mia vicenda dalla commissione ad-hoc del CUN:

 

- Perché la commissione non ha indagato e non ha fornito alcuna valida spiegazione per l'incredibile episodio del 25 luglio, 1991 quando nessun membro della commissione esaminatrice si è presentato in quel giorno, fissato dallo stesso CUN per il mio esame di dottorato?.

 

- Perché la commissione ad hoc non ha risposto al fatto della nomina di nuovi commissari occorsa soltanto due settimane prima dell'esame (ricordo a tutti che io ero in Canada). Avevano, i nuovi commissari, avuto a disposizione la documentazione e il tempo per valutare il mio lavoro? Direi di no, perché io ho dovuto consegnare ad uno dei commissari la mia tesi un paio di giorni prima dell'esame.


- Perché la commissione ad hoc non prende neanche in considerazione il fatto che la nuova commissione esaminatrice nazionale non avesse con sé (e quindi non poteva conoscere) al momento dell'esame la valutazione sul mio lavoro fatta dal Collegio dei Docenti?. Ho dovuto dare io stesso al Presidente della commissione Prof.ssa. Amalia Signorelli una mia copia di quella valutazione al momento dell'esame.

 

- Perché la commissione ad hoc non ha indagato sulle ragioni della totale inadempienza del Prof. Luigi M. Lombardi Satriani dalla sua funzione di tutore?, questa inadempienza era stata già denunciata in una lettera del Prof. Russel King (esperto inglese sull'emigrazione di ritorno) che ho incontrato all'Università degli Studi della Calabria, lettera inviata nel 1991 al Prof. Tullio Tentori, allora Presidente dell'Associazione degli Etno-Antropologi Italiani.

 

- Perché la commissione ad hoc non ha richiesto ed ottenuto il mio curriculum didattico, che certificava i corsi seguiti e i voti ottenuti, nonché la descrizione del mio lavoro svolto (seminari e corsi) nei tre anni trascorsi presso l'Università degli Studi della Calabria?.

 

- Perché la commissione ad hoc afferma falsamente che l'Università della Calabria mi abbia dato una borsa di studio?. Questa affermazione costituisce una prova di quanto la commissione del CUN fosse poco informata e dimostra che i membri non hanno consultato la documentazione ufficiale, né tantomeno letto con la dovuta attenzione la documentazione sul mio caso ampiamente diffusa attraverso internet.

 

- Perché la commissione non ha consultato me che ero, e sono al centro di tutta questa vicenda?, in quale parte del mondo un imputato o un testimone non è chiamato a dare la sua testimonianza dei fatti?

 

Da molto tempo era noto a me e ai colleghi del CUN il giudizio negativo della commissione esaminatrice sul mio lavoro; io mi domando, perché la commissione ad hoc del CUN non abbia voluto indagare sull'incredibile differenza che esiste tra questo giudizio e quello del Collegio dei Docenti (composto da tre famosi antropologi italiani) sul mio lavoro?. Mi domando anche se il Collegio dei Docenti che ha giudicato positivamente per tre anni il mio lavoro accademico svolto all'Università della Calabria, ha fatto una valutazione sbagliata o non veritiera?. In una situazione come questa, che può fare un studente, perdere tre anni di studio e della sua vita, senza alcuna possibilità di ricorso? A me pare una vera e propria vergogna che qualsiasi studente possa essere costretto a sottostare ad una simile situazione. Ciò per me e una chiara violazione dei diritti umani e la dice lunga sul potere assoluto, incontestabile e di casta che i professori italiani hanno sui loro studenti.

Il comitato ad-hoc del CUN non può concludere semplicemente che l'episodio del 25 luglio 1991 e soltanto "un episodio strano". Il CUN è responsabile di verificare la correttezza delle procedure. La commissione era stata messa in carica per fornire una spiegazione del perché quell'episodio incredibile sia accaduto. Invece, la commissione ad hoc afferma candidamente che non può avere acceso alla documentazione relativa. Quando una commissione non può avere acceso a dei documenti essenziali per il giudizio, o si astiene o si dimette. Il comportamento della commissione ad hoc invece solleva il sospetto (condiviso da tutti i miei colleghi) che si voglia proteggere qualcuno.

Infine, la commissione, con un cinismo incredibile, dichiara che se pensavo di essere danneggiato, avrei dovuto fare appello ad un tribunale. Ma non era la stessa commissione ad hoc che doveva giudicare se fossi stato o no danneggiato?

Cari colleghi, la relazione della commissione ad hoc conferma che il sistema non regge, che segue comportamenti non trasparenti e non etici, che usa l'arroganza per difendere ciò che non si può difendere. Mi aspettavo di più della commissione ad hoc del CUN. Mi aspettavo una relazione attenta e puntuale ai fatti accaduti, un'analisi critica delle molte inadempienze denunciate, che hanno poi portato ad un giudizio negativo frettoloso, non documentato e quindi ingiusto nei miei confronti. Invece non è stato cosi. Con il suo atteggiamento di chiusura, il CUN ha perso un'occasione preziosa per migliorare il sistema dei Dottorati di Ricerca in Italia. Infatti il mio non e un caso isolato: è solo uno dei tanti che si sono verificati e che continuano a verificarsi nell'Università italiana. Come tante altre persone prima di me dovrò cercare giustizia fuori dall'Italia. Dovrò cosi per forza rivolgermi all'UNESCO, alla Corte Europea dei Diritti Umani, o a una commissione internazionale di accademici per far valere i miei diritti ed ottenere giustizia?.

Ringrazio per l'attenzione,

Dott. David Aliaga

PS:
Le conclusioni della commissione sono al sito:

http://www.murst.it/cun/novita/Notizie-31.htm >>

[David Aliaga, "J'accuse la commissione ad-hoc del CUN", in

 http://www.unica.it/libroaperto/mess44.htm, 20 maggio 2000; sul sito

http://www.unica.it/libroaperto/Estero.htm si trova un'ampia documentazione; per avere una prospettiva più completa sulla vicenda è illuminante l'intervista ad Aliaga pubblicata in

 http://www.justresponse.net/doctoral_torture.html ]

 

Ordinario di farmacologia accusato di "taglieggiare" ricercatori (29.VI.2004)

 

<<GENOVA - Un docente universitario è stato arrestato dalla Finanza con l'accusa di concussione: ha costretto i ricercatori del suo dipartimento a versargli una parte dello stipendio. Protagonista della vicenda è il professor Gennaro Schettini, di 54 anni, ordinario di farmacologia e direttore del dipartimento di neuroscienze (Cba) dell'università di Genova, noto per i suoi studi sull'Alzheimer e sui tumori.


Schettini è stato arrestato nel suo studio al dipartimento di neuroscienze. Nell' inchiesta sono indagate anche la moglie e le due figlie del docente universitario, ora rinchiuso nel carcere di Marassi.

 

Gli investigatori hanno preso in esame gli ultimi due anni di attività del professor Schettini, verificando i movimenti dei suoi conti bancari. Il docente collaborava con vari istituti di ricerca cittadini: le indagini proseguono per accertare quanto il professore abbia effettivamente incassato dai ricercatori che proponeva per la nomina.


Secondo l'accusa, il professore pretendeva una sorta di "pizzo" sui compensi dei ricercatori, che poteva arrivare anche ad oltre la metà dello stipendio. Il nuovo rettore dell'Università di Genova, professor Gaetano Bignardi, è stato informato dagli inquirenti dell'arresto.>>

 

[la Repubblica, “Genova, il professor Schettini assumeva e poi "taglieggiava" i giovani studiosi. Arrestato per concussione / Docente universitario in manette chiedeva il pizzo ai ricercatori”, 29 giugno 2004.

 

Aggiunta (3.III.2008): Il 2 luglio 2004 a Schettini sono stati concessi gli arresti domiciliari. Va detto, data la gravità delle accuse, che fino ad oggi non è stata ancora emessa alcuna sentenza, e che quindi vale la presunzione di innocenza. L’articolo riportato si trova anche, con una diversa titolazione, sul sito del quotidiano suddetto:

http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/cronaca/pizzogenova/pizzogenova/pizzogenova.html

Molti altri particolari sul caso si leggono nel volume M.C. Zagaria, Processo all’università, Bari, Dedalo, alle pp. 65-76, disponibili anche su Internet.]

 

 

Docenti universitari in politica (1.XII.2005)

 

<<Luciano Modica, ex rettore a Pisa e ora senatore ds, le ha definite “università  ad personam”. Sono l’Iit di Genova, ideato da Giulio Tremonti, l’Imt di Lucca, caro a Marcello Pera, e l’Istituto di Scienze umane di Firenze, diretto dallo storico Aldo Schiavone (area di sinistra ma firmatario dell’appello di docenti non ostili alla riforma Moratti), per i quali nell’emendamento alla Finanziaria sono previsti cospicui finanziamenti: in vista delle elezioni “qualche regaluccio a yesmen e potentati non si nega mai”, scrive Modica su l’Unità toscana. Per l’ex rettore i soldi preludono alla trasformazione degli istituti in “nuove università”. Il timore è che due scuole d’eccellenza come la Normale e Sant’Anna di Pisa possano soffrire in futuro la concorrenza dei nuovi atenei. Nel mirino è soprattutto l’Imt di Lucca, nato da appena un anno, al quale sono stati concessi tre milioni di euro. “Uno scandalo per fare un favore a Pera”, accusa il sindaco di Pisa, Paolo Fontanelli.>>

 

[M. La.: “Scuole di eccellenza / Tutto ciò non è Normale”, l’Espresso, 1 dicembre 2005, p. 15]

 

 

Un licenziamento totalmente illegale (9.I.2006)

 

<<Esiste un caso, unico, nel nostro paese di un ricercatore universitario operante presso il Policlinico della più grande università d’Europa, La Sapienza, che è stato licenziato dal Rettore per scarso rendimento appellandosi al Testo Unico degli impiegati civili dello Stato.

 

Peccato che il Testo Unico non si applichi ai ricercatori (come dovrebbe essere noto anche al Rettore)!

 

Peccato che nessun organo collegiale dell’università La Sapienza, come è invece previsto, si sia espresso al riguardo!

 

Peccato che gli unici pareri espressi (Consiglio Universitario Nazionale e al termine di due ispezioni ministeriali) si siano dichiarati contrari!

 

Ma non è finita.

 

Il Ministro, che dovrebbe tutelare (o almeno non colpire) per il bene dell’università le professionalità che vi operano e che dovrebbe rispettare e far rispettare le leggi vigenti (comprese quelle che prevedono la collegialità delle decisioni che un sistema autonomo quale un Ateneo deve garantire):

 

 

Che continui una situazione nella quale le regole sono negate e che il Ministro ed il Rettore non intervengano per ripristinare il diritto rappresenta è un fatto che consideriamo inaccettabile.

 

Roma, 9 gennaio 2006 >>

 

[“Un ricercatore licenziato sulla base di norme inesistenti!”, Comunicato stampa di Enrico Panini, Segretario generale Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil , www.flcgil.it/home/modules/news/article.php?storyid=983 ]

 

Licenziamento dopo mobbing: la testimonianza del “caso unico” di cui sopra (31.I.2006)

 

<<E pensare che le premesse per una brillante carriera accademica c’erano tutte: da anni studente interno, laureato con lode nel 1965 – relatore il prof. Stefanini – e nello stesso anno nominato assistente volontario presso l’istituto di Patologia Chirurgica, oggi seconda Clinica Chirurgica del Policlinico Umberto I. Ma dopo anni che facevo gavetta qualcuno pensò che era il caso di far largo a dei giovani rampanti entrati dalla finestra in qualità di tecnici laureati. Laureati e rampanti solo sulla carta però, perché in realtà questi giovani tecnici sono entrati in organico con funzioni assistenziali per ragioni di necessità ed urgenza mai dimostrate.

 

Per quel che mi riguarda la conseguenza è stata l’emarginazione dall’attività chirurgica. Ho contestato le scelte arbitrarie del mio capo, con manifestazioni di protesta duramente represse dall’accademia: quasi quattro anni di sospensione cautelare dal servizio, procedimenti disciplinari poi annullati, ben sei le indagini ispettive richieste o disposte dal Ministero, tutte senza indicazioni di responsabilità.

 

Solo nel  1989, dopo ben 24 anni di precariato, sono riuscito a conseguire il titolo di ricercatore confermato, grazie all’intervento del Ministero che ha posto fine ad un concorso durato 7 anni. Ma la conquista del posto di ruolo non ha mutato la situazione di sostanziale emarginazione dall’attività istituzionale e quindi ho deciso di autosospendermi da ogni attività, dichiarandomi provocatoriamente e pubblicamente “retribuito non occupato”.

 

Nella veste di “combattente”de La Sapienza ho iniziato una lotta ultradecennale alle istituzioni via via chiamate in causa e coinvolte nella vicenda: da una parte ho fatto oltre 200 denunce alla Procura della Repubblica, e sono state tutte archiviate, e molti esposti a vari Ministeri (Università, Sanità, Funzione Pubblica, Giustizia) tutti senza risposta; dall’altra ci sono state numerosissime denunce e processi nei miei confronti a seguito delle mie manifestazioni di protesta. Divenuto scomodo e ingestibile il mio caso, su iniziativa del preside della facoltà prof. Frati, è stato risolto dal rettore prof. D’Ascenzo con un inedito licenziamento per scarso rendimento e relativo pensionamento anticipato. A questa mossa ho risposto con una serie di ricorsi, l’ultimo dei quali è ancora pendente davanti al Consiglio di Stato. ma credo che l’esito sia scontato e per me infausto. Infatti, incredibilmente, nonostante due indagini ispettive e l’autorevole parere del Consiglio Universitario Nazionale sulla non applicabilità al personale docente universitario della normativa degli impiegati civili (ex dpr 3/57), il ministro Moratti si è costituita in giudizio davanti al Consiglio di Stato in favore de La Sapienza, peraltro senza dare risposta a ben due interrogazioni parlamentari sull’argomento.

 

Altrettanto incredibilmente, pur di non indagare sulle responsabilità de La sapienza, la mia denuncia di aver percepito uno stipendio per quattro anni dichiaratamente senza fare nulla, veniva archiviata dalla Corte dei Conti, e l’esposto nei confronti del magistrato è rimasto senza una conclusione. Recentemente la richiesta di incontro del presidente dell’ordine e del presidente della federazione nazionale intervenuti in mio favore è stata ignorata dall’attuale Rettore prof. Guarini. ma le autorità accademiche de La sapienza non si facciano illusioni: non accetterò mai l’ignominia di essere il primo e unico docente universitario licenziato per scarso rendimento, invero vittima del mobbing di stato. Mai.

 

Prof. Romano Di Salvo – Studente/combattente de La Sapienza>>

 

[Romano Di Salvo: “Quel medico scomodo licenziato per scarso rendimento”, Liberazione, 31 gennaio 2006, p. 8.]

 

Precariato a La Sapienza (14.II.2007)

 

<<Vorrei riportare alcuni problemi che viviamo quotidianamente come personale “non strutturato” dell’Università di Roma “La sapienza”. Dalle piccole cose spesso si capisce tutto. Innanzitutto i pagamenti: mediamente firmando un contratto o una borsa il primo novembre, non si riceve alcun pagamento prima di marzo/aprile dell’anno successivo. Senza stipendio dai tre mesi ai sei mesi. Per i contratti di docenza (moduli, corsi, didattica integrativa) passano anche due o tre anni prima di ricevere il relativo pagamento.

 

Nonostante sia previsto per legge un fondo di gestione separata all’Inps, non risulta un solo centesimo di contributi versati, dopo anni di lavoro. Non abbiamo diritto neanche ad un rappresentante negli organi accademici, ove vengono prese decisioni vitali per l’Ateneo. Perfino gli studenti, come è giusto che sia, hanno i loro rappresentanti. E non avere rappresentanza significa non avere diritti: infatti non abbiamo accesso ai servizi per il personale, quali asili nido per le mamme con figli, mensa o in alternativa buoni pasto, convenzioni, permesso di accesso ai parcheggi all’interno della città universitaria.

 

Il risultato? La sensazione di essere dei “fantasmi” agli occhi dell’Amministrazione per la quale lavoriamo.>>

 

[Marco Franceschin, Università La Sapienza, “Né docenti né ricercatori – chiamateci ‘fantasmi’”, la Repubblica – Lettere, 14 febbraio 2007, p. 22]

 

 

Petizione per rendere giustizia a David Aliaga (11.III.2007)

 

<<To:  The Italian State

An Appeal to the Italian State for Academic Justice for David Aliaga

To:
Mr Giorgio Napolitano, Italian President

Mr Romano Prodi, Italian Prime Minister

Mr Fabio Mussi, Italian Universities Minister


Dear Sirs,

We urgently invite you to set up a special commission of inquiry in order to resolve the academic injustices suffered by David Aliaga. Such a commission should include an international component with full powers to conduct a comprehensive, correct and impartial review of Mr Aliaga’s case.

Mr Aliaga enrolled on a doctoral course in Ethnoanthropology at the University of Calabria in 1987, duly completed his work and obtained the approval of international experts in the field. But in 1991 an Italian examining commission inexplicably failed him.

Mr Aliaga has always argued convincingly that the examining commission's criteria were based not upon merit but upon vindictiveness as a result of his having reported serious irregularities relating both to the commission and to the supervision he received in the course of his doctoral studies in Italy.

The examining commission had, in fact, failed to turn up on July 25 1991, the day of Mr Aliaga’s examination. Mr. Aliaga has also complained that there was no appeals process to respond to grievances and that a recent review of his case by the Italian national universities council (CUN) was conducted unfairly and that he was not invited to testify about his own ordeal.

The special commission of inquiry should also provide clear answers to the following questions:

• Why did the entire Italian examining commission fail to turn up for Mr Aliaga’s examination?

• Why was there such a wide divergence in evaluation of Mr Aliaga’s work by his supervisor and by international scholars, on one hand, and by the Italian national examining commission, on the other?

• Why did CUN fail to invite Mr Aliaga to defend his case?

• Why do Italian universities not have a proper appeals process which allows students to defend and discuss their grievances?

Your satisfactory response to this petition would provide a first important step towards recognising student dignity, rendering Italian academics more accountable for their evaluations and generally improving the poor credibility of Italian universities.

Sincerely,

The Undersigned >>

[Per Aliaga, vedi “Bocciatura punitiva [...]” sopra. La petizione è stata inserita in data 11 marzo 2007 sul sito http://www.petitiononline.com:80/pacitti/ dove è possibile sottoscriverla.]

 

Elezioni del rettore a Perugia: cambiare lo statuto per rimanere in carica (30.III.2007)


<<Perugia - PER un Magnifico lasciare la poltrona è quasi sempre un’impresa. Ma il caso di Francesco Bistoni da 7 anni avvinghiato alle sorti dell’Ateneo perugino fa storia a sé. Tutte le volte che il suo mandato sta per scadere si concede una proroga. Come fa? Cambia lo statuto. Nel 2005, finiti i tempi, per così dire, regolamentari, aveva già annunciato il ritiro. Saluti, baci, strette di mano. All’ultimo istante ci ha ripensato ed è riuscito a ottenere dal Senato accademico una proroga di un anno. Conclusi anche i supplementari e dunque un secondo mandato extralarge, quando nell’aria risuonava il triplice fischio, e tirava già aria di calci di rigore per decidere il successore, il Magnifico perugino è riuscito a cambiare le regole, a fare in modo che dopo il secondo ce ne fosse un terzo. E chissà che di questo passo non si arrivi al quarto o al quinto mandato, tipo pontificato.


Rettori a vita, Magnifici a tempo indeterminato. Così fan tutti, o quasi. L’Italia è piena di questi accademici, papali, esempi. A Perugia, la città dei ragazzi - due università e un conservatorio, in totale 40 mila studenti - a Perugia, dicevamo, città della cioccolata, quella dolce poltrona fa più gola che altrove. Per modificare lo statuto serviva un maggioranza qualificata. Ma per Bistoni il consenso non è mai stato un problema. Che Magnifico sei, del resto, se non riesci a mettere tutti d’accordo? Con perfetta scelta di tempo, qualche giorno prima di rimodificare quella che gli atenei considerano la loro carta costituzionale, al personale tecnico amministrativo – 54 rappresentanti nel Senato accademico, di cui 33 della Cisl – è stato concesso un aumento di 140 euro lordi. In prossimità del voto, cioè il prossimo 10 maggio, i dipendenti convenzionati con la Asl incasseranno anche gli arretrati, (2700 euro). Per non fare torti a nessuno il Magnifico perugino ha pensato naturalmente anche ai docenti. In primis alla sua facoltà di Medicina e chirurgia, dove pure si segnalavano turbative, proprio a gennaio sono stati nominati 46 professori ordinari.


Un caso? Certo, tutto è possibile. Casualità fu anche la lista fatta pervenire ai giornali locali da un anonimo scrivente. Con due anni di anticipo venivano elencati i vincitori dei concorsi da ricercatore non ancora espletati. Ad una verifica successiva la percentuale d’errore dell’anonimo fu pari a zero. Lui, l’anonimo untore cioè, aveva azzeccato tutti o quasi i pronostici.


Francesco Merloni, professore di Scienze politiche lo ha detto e lo ha scritto: «Ci sono anche altre università che hanno fatto la stessa cosa, Brescia, Trento, Siena, a Firenze addirittura è stata fatta una norma transitoria per salvare Marinelli e farlo ricandidare. Due anni fa da noi si giurò che il limite del doppio mandato non sarebbe stato toccato. Se si fosse trattato del sindaco nessuno si sarebbe sognato di farlo. Noi, sì, noi lo abbiamo fatto. È un segnale di declino. Trovo inoltre disdicevole questo timore di parlare. C’è chi teme rappresaglie, vede il rettore come un padre padrone». E ancora: «Docenti e studenti prima del voto hanno subito pressioni infinite, ormai il rettore è diventato detentore in proprio di poteri gestionali e di allocazione delle risorse». Fin qui lo sfogo del professor Merloni.


La storia dell’Ateneo perugino è particolare. È un esempio di come il ruolo dei rettori con gli anni sia molto cambiato. Servono qualità nuove, da manager, da urbanista. Doti che al Magnifico perugino non mancano. Le ha dimostrato sin da quando gli venne in mente di rispolverare il vecchio progetto di un suo predecessore: svuotare un ospedale. Spostare i reparti per creare un unico polo ospedaliero all’ex Silvestrini, a Sant’Andrea delle Fratte.


Il via arriva dopo la firma di un patto per lo sviluppo con gli enti locali. È un intero quartiere universitario che cambia destinazione d’uso. C’è l’accordo con gli enti locali. C’è la Variante al piano regolatore; c’è la Nomura, una finanziaria giapponese già attiva nell’emissione dei titoli regionali post-terremoto pronta a mettere i soldi. Tutto è pronto. Medici, infermieri, malati e studenti del complesso di Monteluce, l’ex policlinico, cominciano a far le valigie e si mettono in moto per scendere a valle. I locali di Medicina sono pronti a trasformarsi in nuove residenze universitarie, un’altra parte in residenziale e tutto il resto destinato a diventare un grande centro commerciale e ospitare le facoltà che attualmente si trovano nella Conca: Economia, Giurisprudenza e Scienze politiche.


Il plastico del nuovo progetto, da Corso Vannucci in giù, nessuno lo ha ancora visto. Non si sa, ad esempio, se la chiesa di Santa Maria della Misericordia, un ex ospedale del remoto 1324, confinerà con un Mc Donald’s. Se la sacrestia o l’oratorio affacceranno su qualche pub-jeanseria.


Ma tant’è. Tutto procede, finché al momento di spostare baracca e burattini si scopre che nei nuovi edifici si starà stretti. «È come pensare di travasare una damigiana di vino in una bottiglia da un litro», si lascia sfuggire un sindacalista della Cgil. E le cronache locali puntualmente registrano.


Francesco Bistoni, 65 anni, nato a Città di Castello, compagno di studi di Luigi Frati, potente preside di Medicina alla Sapienza di Roma [vedi qui (NdC)], non si ferma davanti a niente. Anche se qualcuno comincia a storcere la bocca. «Non contesto la scelta di fare una nuova delibera per introdurre un terzo mandato – dice, senza preamboli, Piero Mignini, segretario comunale dei democratici di sinistra – contesto questi cambiamenti in corso d’opera. Non vorrei che dietro a questo stravolgimento di regole ci fossero strane manovre, tipo decidere sin da adesso chi sarà il prossimo sindaco di Perugia. È una questione di buon gusto». La sua è una delle poche voci critiche in un partito che al rettore ha concesso quello che non avrebbe mai permesso ad un vecchio democristiano.


Già, il partito. Qui vuol direi diesse. In Umbria un’istituzione nell’istituzione. Governano in 89 comuni su 92. A Perugia-città nelle ultime comunali ha raggiunto il 33%. Conta ventitremila iscritti nella regione, per lo più fassiniani, visto l’esito recente dei congressi (la mozione Mussi non è andata oltre il 16%). Fabrizio Bracco, segretario regionale, ex docente di Filosofia politica, per molti è l’esponente di punta del cosiddetto partito dei professori, insieme ai liberal l’altra componente diessina. «Se guardiamo al passato – lui dice – ci accorgiamo che l’università è sempre stata un soggetto di trasformazione del territorio. Non fu forse proprio, Giuseppe Ermini, rettore per oltre un trentennio nonché ministro democristiano della Pubblica istruzione, il motore della cosiddetta edilizia universitaria? Erano i tempi in cui il rettorato era una enclave, una bandiera bianca nel cuore dell’Umbria rossa».


A Perugia, città sicura, città videosorvegliata, i problemi non mancano. Il Comune per la prima volta ha chiuso il bilancio con un buco da 14 milioni di euro. La qualcosa è costata il posto a tre dirigenti e non poche critiche al sindaco Renato Locchi, diesse - of course - anche lui. Una stanza per uno studente va dai 400 ai 500 euro al mese e si affittano anche gli scantinati. La città, 160 mila abitanti, resta comunque un modello da esportare.


Un “caso” che ha fatto molto discutere è l’uscita di scena del prorettore, la professore Anna Torti, in piena campagna elettorale. «Credo fermamente nell’autonomia dell’università e non mi sembra – disse sbattendo la porta – che con la ridiscesa in campo del rettore sia stata, diciamo così, esaltata». E le dimissione della prof non sono l’unica stranezza.

 

«L’altra è che la modifica dello statuto è stata ratificata dal ministero con la firma di un dirigente in meno di una settimana. Normalmente non bastano 60 giorni», rivela Francesco Frinquelli. Preside di Scienze, cattolico, 70 anni, 5 figli, Frinquelli era avviato serenamente verso la pensione. «L’indignazione» lo ha spinto a candidarsi. Ma anche altri motivi: «Non abbiamo aumentato le tasse ma le risorse per la ricerca sono diminuite del 53%, i fondi alle facoltà del 30/40%, per non parlare dello stato in cui si trovano le biblioteche».


Il terzo candidato è Franco Moriconi, preside di Veterinaria. Dice di sé: «Mi considero un moderato, non ho mai avuto una tessera di partito, neanche di Topolino, anche se qualcuno vorrebbe mettermi un’etichetta. Considero prioritario il recupero dell’autonomia dell’università, al primo posto metto la collegialità nel governo dell’Ateneo».


E l’opposizione? An, Forza Italia sono col rettore uscente che conta sul sostegno di molti docenti. Gianfranco Binazzi, docente di epigrafia e antichità cristiana, delegato alle attività sportive, lo difende a spada tratta: «Le promozioni dei professori ci sarebbero state comunque, le date dei concorsi le fissa il Ministero. La gestione-Bastioni è stata salda e autorevole». Tantissimi scelgono il silenzio. Chi parla lo fa sottovoce e chiede l’anonimato.


Il presidente della Regione è Maria Rita Lorenzetti (folignate, dalemiana di ferro, sezione Gramsci, la stessa di Emilia Sereni), vorrebbe tenersi fuori: «Le osservo con grande attenzione, stesso dicasi per le elezioni dell’Università per gli stranieri. C’è un grande rapporto di collaborazione. In passato non sono mancati momenti di tensione, è vero. Specie quando ci fu il rinnovo della convenzione e il passaggio a Sant’Andrea delle Fratte. Ma ora posso dire che nel suo complesso ci ha soddisfatto». Che tradotto vuol dire: vinca il migliore, (cioè lui, Bistoni).>>

 

[CLAUDIO MARINCOLA dal nostro inviato, “Perugia, si vota per il rettore/fioccano aumenti e nomine”, Il Messaggero, 30 marzo 2007

http://www.ilmessaggero.it/index.php?data=20070330&ps=0&vis=G ]

 


Pisa: vietato discutere delle giornate di Genova 2001 all’università (17.VII.2007)


<<L'Università di Pisa ha negato al Laboratorio delle disobbedienze Rebeldía l'autorizzazione a svolgere il 20 luglio una iniziativa a sei anni dalle giornate del G8 di Genova, nel corso della quale sarebbe stato proiettato il video "OP/GENOVA 2001- L'Ordine pubblico durante il G8", realizzato da Supporto legale con i materiali del processo in corso a Genova contro 25 manifestanti, e con la partecipazione di un avvocato del Legal Team.

 

La motivazione addotta è tutta politica: l'Università di Pisa "non concede spazi per dibattiti su questioni oggetto di processi in corso", come ha comunicato la prorettrice vicaria Lucia Tongiorgi a nome del rettorato.


Scrivono in un comunicato quelli del Laboratorio Rebeldia: "Crediamo che questa decisione sia di una gravità inaudita, una limitazione della libertà di espressione e di confronto senza precedenti nell'università e in questa città. Mentre sta emergendo la verità giudiziaria sulle giornate del G8 di Genova del luglio 2001 (le dichiarazioni del vicequestore Fournier sulla 'macelleria messicana' al dormitorio nella scuola Diaz, i falsi e le torture della caserma di Bolzaneto, i poliziotti di ogni ordine e grado che hanno mentito e depistato in maniera sistematica a partire dall'ex capo della polizia De Gennaro, recentemente promosso dal governo Prodi capo gabinetto al ministero degli interni) l'ateneo pisano impedisce un dibattito su una delle vicende più  drammatiche della storia del nostro paese.


Invitiamo tutte le associazioni, i movimenti, i singoli cittadini, il popolo di Genova, il Legal Team a prendere posizione pubblica contro questa decisione dell'università di Pisa, ad inviare mail e fax di protesta, perché l'ateneo ammetta di avere commesso una indecenza politica e ritorni sui suoi passi autorizzando l'iniziativa. Invitiamo gli studenti, i docenti, il personale tecnico amministrativo dell'università a fare sentire la propria voce e la propria indignazione contro una amministrazione che nega il diritto alla parola. Genova per noi è la difesa degli spazi liberati, la tutela e l'ampliamento dei diritti a partire da quello di manifestare liberamente, per questo vogliamo che il 20 luglio qui a Pisa sia una giornata di lotta e di memoria. Invitiamo tutte le associazioni, i partiti, i sindacati, tutti i cittadini domani alle ore 12 davanti al rettorato dell'Università di Pisa per una conferenza stampa".>>

[“Pisa. L'università vieta dibattito sul G8 di Genova”, 17 luglio 2007, http://ww2.carta.org/notizieinmovimento/articles/art_12715.html ]

 

La libertà accademica al tempo dei Bush: licenziato negli U.S.A. critico dell’imperialismo americano (27.VIII.2007)

 

<<Nel settembre 2001, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, Ward Churchill, professore all’Università del Colorado, di sangue Cherokee e attivista politico, scrive un saggio in cui sostiene che l’imperialismo americano ha causato l’attacco e paragona alcune delle vittime a «piccoli Eichmann» complici dei genocidi che, a suo parere, gli Stati Uniti continuano a perpetrare in giro per il mondo. Tre anni dopo Churchill è invitato a parlare a Hamilton College, nello stato di New York, e qualcuno dissotterra il suo saggio. Apriti cielo! Il governatore del Colorado chiede che venga licenziato e il rettore dell’università è d’accordo.

 

C’è un problema: Churchill è di ruolo, ha la mitica tenure che gli garantisce l’illicenziabilità. Ma il rettore non si scoraggia e nomina una commissione che, dopo una lunga e accurata indagine, scopre, fra le oltre cento pubblicazioni di Churchill, sei casi di condotta inappropriata per uno studioso, del genere: parlando dell’epidemia di vaiolo provocata fra gli indiani dai bianchi nel 1837, non ha dimostrato che le coperte infette venivano da un’infermeria, i morti erano stati 300 mila e non 400 mila... Sulla base di queste prove, i reggenti dell’Università del Colorado, il 24 luglio scorso, votano 8 a 1 in favore del licenziamento di Churchill. Il quale promette (siamo in America, dopo tutto) che farà causa.

 

Per chi come me insegna all’università, l’evento dà origine a naturali sudori freddi. Chissà che cosa troverebbe una commissione così pedante nei miei lavori?, viene da pensare. Ma,. In termini meno personali, è anche occasione per riflettere su corsi e ricorsi storici. La tenure fu istituita per la pressione esercitata dall’American Association of University Professors, fondata nel 1915 da arthur Lovejoy e John Dewey, che ne fu il primo presidente. Il suo scopo era proteggere la libertà accademica dei docenti, che prima potevano essere licenziati se gli amministratori non trovavano le loro idee abbastanza conformiste o patriottiche.

 

Dopo quasi un secolo siamo tornati indietro, ma con una buona dose d’ipocrisia supplementare: la libertà accademica è salva, per carità; solo che, se non farai il bravo, verrai sottoposto a un esame cui non sopravvivrebbe neanche un premio Nobel. Capito, ragazzi, che aria tira nel Paese che sta esportando la democrazia a destra e a manca?>> 

 

[Ermanno Bencivenga: “Università americane, se non ti allinei perdi il posto”, La Stampa, 27 agosto 2007, p. 29;

http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2007/08/27SI91047.PDF

Il saggio di Churchill sull’11 settembre (diventato poi un libro) è: "Some People Push Back" – On the Justice of Roosting Chickens”.

La cronologia dell’affare è in: http://wardchurchill.net/blog/timeline/ .

Una recente intervista a Churchill è: Firing Back” (27 luglio 2007).]

 

 

Fare un libro copiando le tesi dei propri studenti (5.IX.2008)

 

<<Non solo aveva copiato alcuni capitoli della tesi di due suoi studenti per farne un libro, ma, spacciandolo per una sua opera originale, aveva anche cercato di concorrere per la cattedra di professore ordinario all'Università di Trento.

 

Al 'professore copione' però è andata male: i suoi studenti lo hanno scoperto citandolo in giudizio ed è stato condannato in primo grado per violazione del diritto di autore e in appello a sette mesi di reclusione per truffa. La sentenza è stata confermata dalla Seconda Sezione Penale della Cassazione. Nel 2005 il tribunale di Trento aveva condannato il professore Fabio R. per violazione della legge sul diritto d'autore in quanto, nel 2000, aveva pubblicato un libro con alcuni capitoli copiati dalle tesi di due alunni di cui era stato relatore. Oltre a mille euro di multa, il prof aveva dovuto risarcire 1600 euro a uno dei due studenti e 800 euro all'altro. Ma la punizione per il 'plagio' non si fermò qui. In appello, nel 2007 il docente è stato condannato anche per truffa a sette mesi di reclusione e ad un rimborso di tremila euro per le parti civili, perché con lo stesso libro aveva cercato di ottenere per merito la cattedra dell'Università di Trento.

 

In questo modo, scrivono i giudici "ingannava l'Università facendo credere di aver composto il libro - con parti copiate - per ricerche e lavori svolti per conto dell'ateneo ottenendo 8 milioni di lire quale contributo per le spese di pubblicazione". Nel ricorso in Cassazione il professore aveva cercato di difendersi sostenendo che non si trattava di violazione del diritto d'autore in quanto "la tutela della norma riguarda solo l'opera d'ingegno di carattere creativo con le caratteristiche di novità e originalità e non un lavoro, quale quello redatto dagli studenti, che costituisce una mera opera compilativa, priva della caratteristiche di originalità e novità ". Ma i supremi giudici, nella sentenza n.34726, hanno precisato che l'opera d'altri non si riferisce ad un lavoro interamente compilato da un soggetto diverso da quello che ne appare l'autore ma anche al fatto oggettivo che il lavoro non sia proprio, cioé non sia frutto del proprio pensiero, svolto anche in forma riepilogativa ed espositiva, ma anche esprime quello sforzo di ripensamento di problematiche altrui che si richiede per saggiare le qualità espositive di un candidato". Il professore, invece, non aveva 'rielaborato il pensiero' ma aveva fatto semplicemente un 'copia e incolla' dal floppy disk consegnato dagli studenti dei capitoli delle tesi.>>

 

[“Un professore copia le tesi degli studenti e fa un libro: condannato a 7 mesi di carcere”, 5 settembre 2008

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronaca/italia/28146/professore-copia-tesi-degli-studenti-libro-condannato-mesi-carcere.htm ]

 

Il “laboratorio della morte” a Catania (e se ti ammali, niente più borsa di studio) (29.XI.2008)

 

<< CATANIA - Lo chiamava "il laboratorio della morte". A Raffaella, la sua fidanzata, a suo padre Alfredo, lo aveva detto più volte: "Quel laboratorio sarà anche la mia tomba". Una stanza di 120 metri quadri, tre porte e tre finestre non apribili, due sole cappe di aspirazione antiche e inadeguate e tutte le sostanze killer, le sue "compagne" di studio e lavoro lasciate lì sui banconi, nei secchi, in due frigoriferi arrugginiti: acetato d'etile, cloroformio, acetonitrile, diclorometano, metanolo, benzene, con vapori e fumi nauseabondi e reflui smaltiti a mano.

Lì dentro il laboratorio di farmacia dell'Università di Catania nel quale sognava di costruire il suo futuro, Emanuele, "Lele" Patanè, negli ultimi due anni aveva visto morire e ammalarsi, uno dietro l'altro, colleghi ricercatori, studenti, professori amministrativi: Maria Concetta Sarvà, giovane ricercatrice, entrata in coma mentre era al lavoro e morta pochi giorni dopo; Agata Annino stroncata da un tumore all'encefalo; Giovanni Gennaro, tecnico di laboratorio, ucciso anche lui da un tumore. E poi quella giovane ricercatrice, al sesto mese di gravidanza, che aveva perso il bambino per mancata ossigenazione. E diagnosi di tumori a raffica: per uno studente, per una docente, per la direttrice della biblioteca, per un collaboratore amministrativo. Fino a quando, nel dicembre 2003, è toccato a lui. Ad Emanuele, 29 anni, un ragazzone forte e sportivo, laureato con 110 e lode, idoneo all'esercizio della professione farmaceutica, dottore di ricerca, stroncato in meno di un anno da un tumore al polmone.

Il suo diario, adesso, è finito agli atti dell'inchiesta che tre settimane fa ha portato al sequestro e all'immediata chiusura del laboratorio di farmacia dell'Università e alla notifica di avvisi di garanzia per disastro colposo ed inquinamento ambientale all'ex rettore dell'Università ed attuale deputato dell'Mpa Ferdinando Latteri e al preside della facoltà Angelo Vanella, ad altri sette tra docenti e responsabili del laboratorio di farmacia. Da anni, ha già accertato l'indagine, sostanze chimiche e residui tossici utilizzati giornalmente venivano smaltiti attraverso gli scarichi dei lavandini, senza alcuna tutela per chi in quel laboratorio studia e lavora. Adesso, dopo la denuncia dei familiari di Emanuele Patanè, alle ipotesi di reato si è aggiunta anche quella di omicidio colposo plurimo e lesioni. Per i cinque morti e i dodici ammalati che negli ultimi anni in quegli ambienti hanno vissuto.

"Quello che descrivo è un caso dannoso e ignobile di smaltimento di rifiuti tossici e l'utilizzo di sostanze e reattivi chimici potenzialmente tossici e nocivi in un edificio non idoneo a tale scopo e sprovvisto dei minimi requisiti di sicurezza". Così Emanuele comincia le cinque pagine datate 27 ottobre 2003, tre mesi prima della sua morte. È stato l'avvocato Santi Terranova a consegnare in Procura il tragico diario ritrovato nel computer del giovane ricercatore. Nei giorni scorsi, dopo aver sentito del sequestro del laboratorio disposto dal procuratore di Catania Vincenzo D'Agata, l'anziano padre di Emanuele, Alfredo Patanè, 70 anni, si è ricordato di quelle pagine lette nel pc del figlio.

"Quel memoriale Lele lo voleva consegnare ad un avvocato per denunciare quello che accadeva lì dentro, che lì dentro si moriva - racconta - Ma l'avvocato a cui si era rivolto gli aveva detto che ci volevano dei testimoni perché contro i "baroni" dell'Università non l'avrebbe mai spuntata...". Adesso saranno i sostituti procuratori Carla Santocono e Lucio Setola a valutarne la valenza.

Emanuele evidentemente si rendeva conto delle condizioni di estremo pericolo in cui lavorava, ma la paura di perdere la sua opportunità di carriera deve averlo fatto continuare. E così particolarmente grande fu la sua amarezza quando il coordinatore del dottorato di ricerca, Giuseppe Ronsisvalle, ("nonché proprietario della facoltà di Farmacia", scrive) gli negò la borsa di studio, a lui, unico partecipante al concorso, solo perché ormai ammalato di tumore. Meglio conservare la borsa di studio per l'anno successivo per un altro studente. "Io non avevo nessuna raccomandazione - scrive Emanuele - mi chiedo come sia possibile che un concorso pubblico venga gestito in questo modo, senza nessuna trasparenza, legalità, senza nessun organo di controllo".

Lele racconta così i suoi due anni trascorsi in quel laboratorio, fino al luglio 2002, quando anche per lui arrivò la terribile diagnosi. "Durante il corso di dottorato, trascorrevo generalmente tra le otto e le nove ore al giorno in laboratorio per tutta l'intera settimana, escluso il sabato. Non c'era un sistema idoneo di aspirazione e filtrazione, c'erano odori e fumi tossici molto fastidiosi e spesso eravamo costretti ad aprire le porte in modo da fare ventilare l'ambiente". C'erano due cappe di aspirazione antiquate "quindi lavorare lì sotto era lo stesso che lavorare al di fuori di esse". "Dopo la diagnosi della mia malattia, cioè nel 2002, una di questa cappe è stata sostituita con una nuova. Le sostanze chimiche, i reattivi ed i solventi erano conservati sulle mensole, sui banconi, in un armadio sprovvisto di sistemazione di aspirazione e dentro due frigoriferi per uso domestico tutti arrugginiti. Dopo avere trascorso l'intera giornata in laboratorio avvertivo spesso mal di testa, astenia ed un sapore strano nel palato come se fossi intossicato".

Lele aveva annotato uno per uno tutti i suoi colleghi scomparsi e ammalati: "Sono tutti casi dovuti ad una situazione di grave e dannoso inquinamento del dipartimento e sicuramente non sono da imputare ad una fatale coincidenza. La mancata accortezza nello smaltimento dei rifiuti tossici e l'utilizzo di sostanze e reagenti chimici in assenza dei minimi requisiti di sicurezza ha nuociuto e potrà ancora nuocere se non verranno presi solerti provvedimenti". Ma nessuno, fino alla presentazione dell'esposto da parte dei familiari di Emanuele, si era accorto che quel laboratorio si era trasformato da anni in una fabbrica di morti. >>

[ Francesco Viviano, Alessandra Ziniti: “Morire nell’aula dei veleni – memoriale di un ricercatore”, la Repubblica, 29 novembre 2008 

http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/cronaca/ricercatore-tumore/ricercatore-tumore/ricercatore-tumore.html ]

Anche laureandi nel “laboratorio della morte” di Catania (13.XII.2008)

 

<<CATANIA - "Io non voglio morire, voglio vivere, voglio laurearmi anche se so che questa laurea potrebbe essere la mia tomba. Ma non mi arrendo, combatterò con tutte le mie forze. Ho dovuto rallentare gli studi per questo tumore alla tiroide che mi ha aggredito nel 2006. L'ho scoperto per caso, proprio dentro il laboratorio di Farmacia mentre stavo studiando, ironia della sorte, la tiroide. Stavo facendo degli esperimenti e, istintivamente, mi sono guardata ad uno specchio ed ho notato che la tiroide era asimmetrica. Ho pensato che ero suggestionata proprio dagli esperimenti che stavo facendo. Poi, invece, ho scoperto che il tumore mi aveva aggredito. Adesso sono ancora sotto chemioterapia, prego Dio che riesca a salvarmi, ma loro, i docenti, i presidi, i professori con cui sono stata sempre a contatto, perché mi hanno tradito? Perché hanno tradito tutti quei ragazzi, quei miei colleghi che sono morti o stanno per morire?".


Stefania (il nome è di fantasia), 23 anni, non vorrebbe parlare, ha paura anche lei, come tutti gli altri, poi accetta ma ci prega: "Non fate il mio nome, non fatemi identificare altrimenti questa maledetta laurea non la prenderò mai". Il suo nome è nella lunga lista di studenti, dottori, ricercatori ammalati che hanno frequentato quel laboratorio di Farmacia dell'Università di Catania che ha già fatto 15 vittime, uccise dalle esalazioni e dalle sostanze tossiche maneggiate senza precauzioni.


"Ho scoperto tutto, ho collegato tutto, quando ho letto su Repubblica il diario di Emanuele Patanè, il ricercatore morto tre anni fa. Mi è venuta la pelle d'oca, mi sono messa a piangere, molte di quelle persone che non ci sono più le conoscevo, erano miei compagni di laboratorio, anche Lele". Stefania s'interrompe spesso, è stanca anche a causa della sua malattia. "Dentro quel laboratorio ogni tanto si parlava di qualche collega morto o che si era ammalato, ma i professori ci dicevano che quelle malattie non avevano nulla a che fare con il lavoro. "Coincidenze", così le definivano. Ci ho creduto, ci credevamo ed abbiamo continuato a fare esperimenti. Pensavamo che con le mascherine, con i guanti, eravamo protetti. Anche quando versavamo nei lavandini del laboratorio i residui di quei solventi, di quei veleni".

 

Stefania ha scoperto di essere ammalata di tumore alla tiroide proprio l'anno scorso. "Sulle prime non volevo crederci. Poi mi è caduto il mondo addosso. I medici mi hanno dato delle speranze, mi hanno detto che bisognava fare un intervento chirurgico. I miei genitori ed il mio ragazzo mi facevano coraggio e ho deciso di fare l'intervento".


Adesso Stefania è ancora sotto chemio, cerca di essere serena e spera di farcela. "Per mesi ho abbandonato gli studi, con quello che avevo dentro non potevo più frequentare l'Università e quel maledetto laboratorio. Mi chiedevo, quando morirò? Perché non posso salvarmi? Erano domande continue, frequenti, stavo muta con dentro il mio dolore. Poi, grazie a chi mi è stato sempre vicino, ho cominciato a sperare. Adesso sto riprendendo a studiare, voglio andare avanti e a tutti quelli che sono nella mie condizioni vorrei dire di non farsi prendere dal panico".


Quello che però addolora di più Stefania è quello che lei chiama "tradimento". "Noi non potevamo certo sapere o immaginare. Ma loro, i nostri docenti, lo sapevano. Mi sentivo sicura, protetta, invece quella era una macelleria legalizzata. Adesso capisco perché qualche anno fa, improvvisamente, fecero dei lavori dentro il laboratorio, poca cosa, la sostituzione di una cappa che non tirava bene e qualche altro intervento. Ma lì bisognava fare altro. Adesso mi rendo conto che ci hanno mandati a morire. Perché? Perché? Qualcuno abbia il coraggio di rispondermi".>>

 

[Francesco Viviano, Alessandra Ziniti: “"Io, avvelenata in ateneo, voglio giustizia" – La storia shock di una laureanda in Farmacia”  la Repubblica, 13 dicembre 2008 

http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/cronaca/ricercatore-tumore/avvelenata-in-ateneo/avvelenata-in-ateneo.html ]

 

 

Senatore e professore presenta all’università di Pisa libro su Perché dobbiamo dirci cristiani: e la polizia carica gli studenti (4.III.2009)

<<Era stato annunciato da giorni un concentramento per contestare la presenza dell'ex-presidente del Senato Marcello Pera al palazzo della Sapienza per la presentazione del suo ultimo libro, promossa tra gli altri da "Laboratorio 99, uno spazio che ospita i neofascisti di Casa Pound e Blocco studentesco", come avevano denunciato gli studenti di Università 2.0.

L'intenzione era quella di "contestare gioiosamente" la presenza di Marcello Pera, ma la giornata ha assunto tutt'altra piega. Ricostruiamo quanto avvenuto nel pomeriggio di venerdì 6 marzo.

Alle ore 15.00 si incontrano i primi studenti in Piazza Dante. Discutono per quasi un'ora, prima di spostarsi verso l'ingresso della Sapienza dove trovano schierata la polizia per impedirne l'accesso. Tutta la zona universitaria è completamente militarizzata, poliziotti e carabinieri in assetto anti-sommossa.

Una ragazza presente ai fatti testimonia: "appena ci siamo spostati verso l'ingresso della Sapienza, ci hanno caricato subito e ne hanno mandato tre all'ospedale. A un ragazzo hanno spaccato il labbro."

Un'altra testimone ci racconta: "dal corteo sono arrivate sulla polizia tre pere, cioè tre frutti veri e propri. È bastato questo per far scattare la prima carica, che ha allontanato gli studenti quasi fin dentro Piazza Dante. Poi, le persone si sono riunite di nuovo qui in strada, sono aumentate".

Gli studenti dell'Onda tentano pacificamente di avanzare di qualche metro ma vengono ributtati indietro a manganellate.

Alle 16:00, più di un'ora prima che iniziasse l'iniziativa, la carica a freddo, immotivata: 7 gli studenti contusi, 4 vengono portati al Pronto Soccorso da un'ambulanza giunta sul posto.

Accanto a noi c'è una donna visibilmente concitata che se la prende con i poliziotti. "Lei è un giornalista? Lo scriva allora che hanno caricato senza una ragione, lo scriva che nessun studente ha alzato un dito."

La tensione è palpabile. Si nota a occhio la sproporzione tra l'atteggiamento delle forze di polizia e quello dei manifestanti.

Intanto, per entrare al dibattito al quale sarà presente l'ex Presidente del Senato, si deve mostrare il libretto universitario oppure un documento di identità. Di fatto, gli agenti della Digos controllano l'ingresso e procedono alla "selezione".

Dagli studenti dell'Onda cominciano ad arrivare dichiarazioni di rabbia e condanna per quanto accaduto. Nessuno si aspettava una reazione così violenta per una normale manifestazione di pacifico dissenso, largamente annunciata.

Ed è la seconda volta in poco più di sei mesi. A dicembre davanti al Rettorato la polizia aveva caricato gli studenti che manifestavano per l'aumento delle tasse. "Un clima preoccupante" afferma Luca Barbuti, segretario provinciale di Rifondazione Comunista, testimone diretto dei fatti: "Pisa si è allineata alla situazione italiana. Finora in città c'era stata attenzione a una gestione delle manifestazioni. Oggi ci siamo allineati a un clima diffuso a livello nazionale. C'è stato un atto di repressione del tutto sproporzionato rispetto alla manifestazione. Da parte del corteo non c'è stata alcun tipo di provocazione o di pressione".

Intanto i manifestanti si coordinano per un corteo. Verso le 17:30 alcune centinaia di studenti che muovono dalla Sapienza verso Piazza Carrara. Sotto il palazzo del Rettorato parte il coro "Vergogna-Vergogna".

Arriveranno fino a Ponte di Mezzo dove da lì a qualche minuto il corteo si scioglierà.

Nel frattempo dentro l'Aula Magna della Sapienza ha avuto inizio la presentazione del libro alla presenza di Marcello Pera, fatto entrare da un ingresso laterale. Il Rettore Marco Pasquali ha portato il saluto dell'Università di Pisa prima dell'apertura del dibattito. Il Prorettore agli studenti, prof. Baggiani, da noi raggiunto all'interno della sala, non si è voluto esprimere su quanto avvenuto dopo essersi dichiarato non a conoscenza dei fatti.

Già nel pomeriggio, al momento delle cariche, alcuni rappresentanti dell'ateneo tra cui la prof. Tongiorgi - raccontano numerosi studenti - "ha preferito, una volta affacciatasi davanti alla Sapienza, ha preferito cambiare strada piuttosto che intervenire, mentre alcuni studenti venivano picchiati". Dura condanna rispetto a quanto avvenuto arriva dai Cobas che parlano di "fatto inaudito e di una linea sempre più militarista nella gestione della città", e così da Sinistra Critica che denuncia "un altro segnale preoccupante di come si vuole impedire la manifestazione del dissenso".

Gli studenti dell'Onda denunciano il comportamento delle forze di polizia e dell'Università e danno appuntamento a una assemblea pubblica martedì per decidere le prossime forme di mobilitazione.>>

[“La polizia carica, 7 studenti contusi”, Pisanotizie, 4 marzo 2009

www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20090304_pera_a_pisa.html

Riportiamo di seguito una testimonianza pubblicata il 10 marzo sul sito di Beppe Grillo.]

 

<<Caro signor Grillo,


sono Edoardo, ho 22 anni, studio alla facoltà di Scienze Naturali di Pisa e collaboro come free lance con il giornale toscano "il Tirreno". Venerdì pomeriggio io e un amico ci siamo recati alla facoltà di Giurisprudenza per assistere all'incontro con il senatore Marcello Pera, il quale doveva presentare un libro. L'idea era quella di provare a fare qualche domanda, ma purtroppo le cose non sono andate così. Arrivati davanti alla facoltà, ci siamo uniti al sit-in di protesta, poichè la facoltà era stata blindata. I poliziotti in tenuta antisommossa non hanno permesso a noi studenti di entrare nella facoltà e hanno intimato il dietrofront. noi abbiamo fatto un cordone non violento e, a mani alzate, abbiamo continuato a chiedere a gran voce di darci la possibilità di partecipare al dibattito... non l'avessimo mai fatto... come potrà rendersi conto dai video, è bastato un minuto perché gli animi dei ragazzi della celere si infiammassero. Abbiamo subito tre cariche e molti ragazzi si sono fatti male. alcune ragazze hanno ricevuto manganellate sugli arti, io ho una mano lussata e molti giovani che non conoscevo si sono ritrovati con la testa rotta... io non la chiamo per chiederle solidarietà (o forse si), ma le persone che sono finite negli scontri non erano "facinorosi", bensì giovani studenti che erano li per caso: a pensi che all'ospedale ho incontrato due ragazzi di 18 anni, due studenti calabresi che vivono a Pisa per fare l'università da neanche sei mesi, apolitici, che volevano solo assistere al dibattito.... il fatto è questo ....oltre al danno la beffa.....è vero che nel video alcuni ragazzi hanno acceso un fumogeno....ma da qui a pensare che otto poliziotti si siano feriti mi viene da ridere....io c'ero...e non sono un violento.....più sono saliti i nostri feriti, più aumentavano quelli dei poliziotti..... il fatto è che dai video si vede che siamo stati aggrediti....eppure stanno incominciando a fioccare le denunce contro di noi (resistenza???) e la stampa nazionale ha riportato solo i feriti della celere ... io sono sconvolto signor Grillo, qui è sempre peggio... se persino una città con un forte animo di sinistra come Pisa incomincia a vedere queste cose vuol dire che qualcosa è definitivamente cambiato....io la prego di rispondermi, anche solo per dirmi "non mi interessa" , la prego davvero... sono tre giorni che non dormo....


Chiedo scusa per al lettera che riporta le notizie senza né capo né coda ma mi sento ancora molto scosso....sul sito di Pisa notizie potrà visionare i video..." Edoardo>>

 

[ “Pera e manganello in Università”, www.beppegrillo.it, 10 marzo 2009]