DOMENICO MASTRANGELO


Medicina e Democrazia:

del tradimento di Ippocrate e della medicina degli affari




Il contatto avuto con il Prof. Mamone Capria in relazione alla presentazione delle tesi contenute nel mio libro,1 è stato a dir poco illuminante. Sfogliando le pagine del sito che il professore mi ha consigliato, mi sono, per molti aspetti, riconciliato con questo nostro tanto vituperato Paese e consolato nell’apprendere che, contrariamente al senz’altro più famoso e celebrato cavaliere di Cervantes, non sono affatto solo a combattere una lotta che pure oggi sembra disperata, ossia quella per una corretta informazione in medicina ed in tutti i settori nei quali il potere del denaro, del commercio e dell’affarismo a tutti i costi, è il solo valore universalmente riconosciuto; al di sopra perfino dei valori etici, morali, culturali, civili e deontologici che pure dovrebbero essere parte integrante e strutturale di una qualsiasi società che voglia a ragione e con cognizione di causa definirsi “democratica”.



In effetti, la riflessione su “democrazia e scienza” è estremamente importante e stimolante per tutti coloro che vogliano “guardare oltre” e non accontentarsi di discorsi o atteggiamenti di facciata. Se è vero, infatti, che “democrazia” in senso lato è da intendersi come la “sovranità esercitata dal popolo”, è altrettanto vero e facilmente constatabile da chiunque, che questo diritto/dovere di sovranità è raramente esercitato e più spesso violato, nella vita quotidiana delle “Democrazie Occidentali”, specialmente quando esso è in conflitto con gli interessi, non solo e non sempre economici, di “lobbies” o gruppi di potere che sovente si costituiscono addirittura con la dichiarata intenzione di tutelare i diritti dell’individuo; è il caso, ad esempio, del diritto alla salute, che, nella Costituzione della Repubblica Italiana, viene sancito dall’art 32. Dalla lettura di questo articolo apprendiamo che:



La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.



Partirei proprio dal dettato costituzionale in materia di diritto alla salute, che mi pare rappresenti la più elevata espressione di ciò che si può intendere per “sovranità popolare”, per illustrare come, nella pratica quotidiana e nonostante le buone intenzioni del legislatore, il diritto alla salute venga sistematicamente violato proprio in quelle democrazie nelle quali viene sancito ed affermato con forza.



Posto che la Medicina, come diceva Sir William Osler, “… è scienza dell’incertezza e arte della probabilità”, non entro neanche nella spinosa questione della “scientificità” della Medicina, se non per dire, anzi riaffermare (dal momento che l’ho già scritto nel mio libro) che la pretesa “scientificità” della Medicina moderna dell’Occidente sviluppato e tecnologico, ancorché chimerica utopia, è, di fatto, una vera e propria mistificazione. Mistificazione per altro indispensabile e funzionale agli interessi economici (e non solo) di tutti coloro (industrie farmaceutiche, industrie di prodotti diagnostici, “aziende ospedaliere”, “sistemi sanitari”, ecc.) che in questo settore operano non già e non tanto nell’interesse primario di un’umanità malata e bisognosa di cure, ma a puro scopo di lucro. In che modo la pretesa di “scientificità” accampata dalla Medicina moderna, sia “funzionale” ad interessi che nulla hanno a che fare con la salute della gente, lo si può ben vedere esaminando motivazioni e contenuti del secolare conflitto tra Medicina Allopatica ed Omeopatia, che pur riconoscendo origini comuni nella cultura dell’Occidente sviluppato e tecnologico, è ad oggi ancora irrisolto in quanto la Medicina Allopatica (che è medicina dei farmaci), sancisce, in verità in modo del tutto arbitrario e infondato, una sua pretesa superiorità basata, appunto, su quella”scientificità” che mancherebbe, invece, alla Medicina Omeopatica.



Situazione quanto meno bizzarra, ma niente affatto casuale se pensiamo che la Medicina Allopatica o Moderna o ancora Occidentale o come meglio vogliamo definirla, sulla base di un principio non dimostrato né dimostrabile (la “scientificità”, appunto, della quale qui si discute), assurge a detentore della sola ed unica verità possibile, plausibile ed ammissibile nel campo del sapere medico…e tutto il resto è privo di qualsiasi fondamento scientifico.



L’idea che ogni medicina possa avere un suo scopo, una sua utilità, una sua dignità, viene aprioristicamente esclusa senza possibilità di appello e così, invece di impiegare Medicine diversificate per situazioni e circostanze diverse, si giunge alla conclusione che l’unica Medicina possibile e plausibile sia quella moderna, basata sui farmaci e sulla tecnologia. Come può accadere tutto questo? Anzi, PERCHÉ tutto questo accade? Ecco la domanda che dobbiamo porci e alla quale dobbiamo rispondere, per comprendere il pericolo che corriamo, affidandoci ad una Medicina basata solo sugli affari.



Visto che mi viene dato il privilegio di parlare del mio libro, dedicato proprio alla “Medicina degli affari” e considerata la formazione culturale dei partecipanti a questo convegno, senza trascurare, ma anzi ponendo l’accento sulla sede stessa nella quale il convegno si svolge, dirò che ho dedicato un intero capitolo del libro alla domanda: “cos’è la Medicina?”... e in buona sintesi, ho concluso che esistono al mondo tante medicine quante sono le filosofie ed i modi di vedere ed interpretare la realtà. Qualcuno potrà trovare questo inappropriato, assurdo, insensato o perfino scandaloso, me se ci pensiamo un po’, possiamo facilmente renderci conto che si tratta di un dato di fatto, oggettivo e incontestabile. Così, mentre la scienza medica dell’Occidente sviluppato e tecnologicamente avanzato si basa, da Cartesio in poi, sulla materia ed assume a suo principio fondante il riduzionismo, ossia l’idea che si possa giungere alla comprensione del funzionamento dei sistemi complessi (quali, ad esempio, il corpo umano), semplicemente smembrandoli, sminuzzandoli ed analizzandone nel dettaglio i singoli componenti, le medicine dell’Oriente, dall’Ayurvedica a quella tradizionale cinese, considerando il corpo fisico come l’involucro esterno di un’energia che è emanazione diretta della Natura (nel senso più ampio possibile, incluso quello della Divinità), poco si curano della materia e fondano i loro sistemi di pensiero e conoscenza sullo studio delle dinamiche di questa energia, non solo all’interno del singolo individuo, ma anche nel rapporto tra l’individuo e tutte le altre energie presenti in natura.



Come conseguenza diretta di questi due modi di vedere ed interpretare la realtà che ci circonda, la Medicina Occidentale, stabilito che atomi e molecole rappresentano i “mattoni” costitutivi di tutti i Sistemi Viventi e i Regni della Natura, si occupa essenzialmente dello studio e della manipolazione di questi “mattoni” e stabilisce che tutto è regolato da interazioni materiali tra atomi o molecole, rifiutandosi, pertanto, di vedere o accettare realtà, situazioni o circostanze che non comprendano in sé quegli elementi costitutivi basilari.



Le Medicine del vicino e lontano Oriente, d’altra parte, data la consapevolezza del fatto che la materia è un semplice “involucro” e che comunque anch’essa è una forma di energia, si occupano prevalentemente dello studio e della manipolazione di questa energia e delle sue dinamiche.



Da questo angolo visuale, non esiste o almeno non dovrebbe esistere disparità di dignità di un sistema rispetto ad un altro, prova ne sia il fatto che la Medicina Occidentale ha, ad esempio, fatto sua e correntemente impiega l’Agopuntura che, come sistema diagnostico terapeutico, NON HA un substrato materiale, ma si fonda su una concezione anatomica del corpo umano essenzialmente basata su flussi di energie il cui regolare scorrere in “canali” che non hanno alcun corrispettivo anatomico identificabile, starebbe alla base dello stato di salute dell’individuo



Torniamo, allora, alla domanda: PERCHÉ la Medicina Occidentale considera se stessa “scientificamente” fondata e, all’opposto, “scientificamente” infondati, tutti i sistemi non basati sull’interazione materiale tra atomi e molecole, con l’eccezione, evidentemente, dell’Agopuntura, sulla “scientificità” della quale quasi mai si pronuncia, anche se la adotta come fosse una medicina “materiale”?



Si tratta, con tutta evidenza, di una posizione pretestuosa che, come mi propongo di dimostrare nel mio libro, la Medicina Occidentale ha adottato per scopi politici, a salvaguardia e tutela di interessi economici, lobbistici e di potere che, purtroppo, poco o nulla hanno a che fare con la salute e il benessere dell’individuo o, in altre parole, con la Medicina.



Non a caso, una medicina che consideri l’uomo come un insieme di atomi ossia di particelle materiali interagenti tra loro e con l’ambiente esterno, finisce con il privilegiare interessi “materiali”, quali, appunto, quelli economici, politici e di potere ed emarginare tutto ciò che trova fondamento in istanze non materiali come l’energia, la “forza vitale” o l’anima. Ma da qui a liquidare come “non scientifica” tutta la medicina non fondata sulla materia, ce ne passa! Un esempio è quello, già riportato, dell’Agopuntura che, pur non avendo basi “scientifiche” materiali, viene comunemente usata ed anche molto apprezzata dalla Medicina Occidentale; ma esistono altri casi ed altri esempi che non si possono spiegare soltanto sulla base di quella che, nel libro, chiamo la “presunzione di scientificità”.



Un altro esempio di istanza non materiale e dunque “non scientifica” (secondo i canoni della Medicina Moderna), che la Medicina Occidentale fa sua ed anzi impiega correntemente nella valutazione dell’efficacia dei farmaci, è il cosiddetto EFFETTO PLACEBO. L’Effetto Placebo è un effetto terapeutico, una cura, che si può ottenere somministrando ad un paziente consapevole e informato una sostanza totalmente priva di proprietà farmacologiche come, ad esempio, lo zucchero o l’acqua.



Come questo avvenga, non è noto, sebbene si ipotizzino meccanismi endogeni (ossia generati all’interno dell’organismo) basati su quella che viene definita l’aspettativa di un effetto terapeutico, prodotta dal rapporto per così dire “fiduciario” che si instaura tra medico e paziente nella relazione terapeutica. In altre parole, la semplice evocazione verbale della possibilità di un effetto curativo, da parte del medico, indurrebbe, nel paziente, una serie concatenata di eventi, sulla cui natura non è ancora possibile pronunciarsi, che conducono ad un risultato positivo anche se non c’è interazione materiale tra atomi o molecole. Siamo, evidentemente, all’antitesi del materialismo Cartesiano, ma ciò non impedisce alla Medicina Occidentale di appropriarsi di una simile conoscenza ed usarla per un fine che ha dell’incredibile. Nelle mani della moderna Medicina, infatti, l’effetto placebo diviene la pietra di paragone per esprimere un giudizio sull’efficacia dell’effetto terapeutico dei farmaci.



In poche parole, prima che un qualsiasi farmaco venga messo in commercio, deve passare attraverso una serie di indagini che ne devono provare l’efficacia. Nella fase cosiddetta clinica di sviluppo, il farmaco da valutare viene somministrato a gruppi di pazienti per i quali è indicato il suo impiego, ma, per rendere tale valutazione coerente e priva di qualsiasi interferenza non farmacologica, il gruppo di pazienti da trattare viene suddiviso in due sottogruppi; ad uno dei due sottogruppi viene somministrato il farmaco attivo, mentre all’altro viene somministrato un placebo. Alla fine della sperimentazione si valutano i risultati ottenuti nei due gruppi, procedendo in questo modo: se, ad esempio, nel gruppo trattato con farmaco attivo, il 60% dei soggetti ha risposto positivamente, mentre una risposta positiva si è verificata solo nel 30% degli individui trattati con placebo, lo sperimentatore sottrarrà l’effetto placebo ottenuto nel gruppo di controllo a quello globale ottenuto nel gruppo trattato con farmaco attivo e concluderà che l’effetto netto del farmaco è del 30% (ossia 60 – 30), dato che nell’altro 30% dei casi, come dimostra il gruppo di controllo (trattato con placebo), l’effetto ci sarebbe stato anche se avessimo somministrato soltanto acqua! Tutti d’accordo?



A prima vista si direbbe che tutto funzioni alla perfezione e che un simile risultato sia perfettamente ponderato e ragionevolmente accettabile. Ma un’analisi più approfondita dimostra che le cose non stanno affatto così.



Tanto per cominciare, la “Medicina della materia” e dell’interazione materiale tra molecole, accetta e usa un effetto fondato sul nulla, perché è del tutto evidente che l’effetto placebo si sottrae alla logica dominante dell’interazione tra particelle materiali. In altre parole, l’acqua (o placebo che dir si voglia), a meno che non sia quella miracolosa di Lourdes, non può produrre effetti terapeutici di alcun tipo, almeno limitatamente alla logica e ai principi della fisica, della biologia e della biochimica che stanno alla base della medicina moderna. Come mai, allora, l’effetto placebo non viene messo in discussione? Quali sono, se esistono, le basi “scientifiche” dell’effetto placebo? La medicina Occidentale, moderna e tecnologica, non sembra preoccuparsene più di tanto.



Ma c’è un'altra questione, non meno importante. Nella necessità di usare un effetto del quale non comprende la natura, ma che è strettamente funzionale allo sviluppo e alla commercializzazione dei farmaci (e al lucro che ne consegue), la Medicina moderna sembra completamente indifferente al fatto che l’effetto placebo È UN EFFETTO TERAPEUTICO! Cosa significa questo? Significa semplicemente che è assurdo e incomprensibile “fare la tara” dell’effetto placebo su quello dei farmaci in quanto, A PARITÀ DI EFFETTO, sarebbe altamente preferibile usare una sostanza inerte (come l’acqua o lo zucchero, appunto) che non un prodotto chimico i cui effetti, nell’incommensurabilmente ampia gamma delle individualità umane, sono sempre imprevedibili e, come tali, potenzialmente pericolosi. E invece, la Medicina Occidentale, tecnologicamente avanzata e “scientificamente provata”, tratta l’effetto placebo come una sorta di sottoprodotto, da ignorare più che da indagare ed eventualmente sviluppare per la salute e la tutela dell’incolumità della gente. E si torna, così, alla domanda: PERCHÉ TUTTO QUESTO ACCADE? Non sarà, forse, perché il placebo esiste in natura ed è completamente gratuito, mentre i farmaci hanno dei costi e consentono ad interi settori della società, di prosperare a spese e sulla pelle della gente malata?



Questo modo ingiustificato, ma codificato e da tutti accettato, di gestire lo sviluppo dei farmaci a fini commerciali, che viene consigliato come “regola d’oro” da seguire nello sviluppo e nella produzione dei medesimi, conduce, alla fine, all’ennesimo assurdo della Medicina Occidentale, per il quale, constatato che un farmaco è efficace nel 30% della popolazione malata, ci sentiamo poi autorizzati, nella fase di produzione e commercializzazione del prodotto, a somministrarlo a tutti, incluso quel 30% di individui che avrebbero tratto giovamento anche dalla sola somministrazione di un innocuo Placebo!



Ci confrontiamo, dunque, con una realtà, quella della Medicina moderna, che da un lato si autocompiace di una “scientificità” che non le appartiene e dall’altro, millantata la sua superiorità su tutti gli altri sistemi di conoscenza medica, fa un uso quanto meno eclettico (per non dire ingannevole) anche di quelle conoscenze (come l’Agopuntura o l’Effetto Placebo) di cui non è in grado di spiegare la natura!... Tutto, ovviamente, non per amore di “scienza” né per spirito di missione a tutela dall’individuo, ma solo ed esclusivamente per proteggere un business di dimensioni cosmiche ed inimmaginabili quale quello dei farmaci.



Una Medicina veramente democratica non dovrebbe né creare né incentivare divisioni tra Medicine “buone e cattive”, basate, come quelle di cui si è detto, sul nulla, ma, caso mai, preoccuparsi di unificare le conoscenze o comunque renderle disponibili e accessibili a tutti. Democrazia, in Medicina è, come affermo nel libro, da un lato libertà del medico di scegliere come curare i propri pazienti (anche con il semplice placebo, se necessario), pur nei limiti e con le cautele imposte dal rispetto dei principi di scienza, coscienza e conoscenza e dall’altro, libertà dei pazienti di scegliere come essere curati. Su questo aspetto tornerò verso la conclusione; per il momento basti sapere che la Medicina della materia e soprattutto la Medicina dei farmaci rappresentano, nella società moderna, la negazione di questi elementari principi di Democrazia... e la ragione è tutta da ricercare nel denaro e nella speculazione che le multinazionali del farmaco pongono in atto (in questo protette dalla cultura, dalla politica e dai governi delle democrazie occidentali) ai danni dell’individuo bisognoso di cure. E certo, se lo scopo di tale speculazione fosse soltanto quello di sostenere un mercato (quello del commercio dei farmaci), che pure rappresenta una delle maggiori risorse economiche (se non la maggiore) di tali democrazie, si potrebbe anche esser tentati di considerarlo, alla stregua di altre speculazioni (pensiamo a quella dei derivati del petrolio), un fatto necessario e irrinunciabile per tutte le economie fondate sul “capitale”; in realtà, mentre stiamo già pagando e a caro prezzo, lo scotto di politiche che speculano su risorse energetiche potenzialmente molto dannose, trascurandone altre più “pulite”, e ne siamo tutti consapevoli, la speculazione sui farmaci viene spesso sapientemente mascherata, agli occhi dell’ignaro consumatore, da chi (“Big Pharma” in testa, ma non solo) presenta i farmaci come la salvezza dell’umanità, l’unico mezzo attraverso il quale è possibile sconfiggere le malattie e addirittura, con i più recenti studi sull’invecchiamento, l’unica potenziale risorsa per sconfiggere la morte… al punto che sarebbe folle e irresponsabile anche soltanto pensare di curare un malato senza di essi. Così la speculazione diventa missione e l’affarismo salvezza dell’umanità, senza che a nessuno sia consentito obiettare o argomentare diversamente se non al prezzo di essere additato da tutti, opinione pubblica compresa (perché opportunamente indottrinata dai media e potere), come un folle, uno sconsiderato o un ciarlatano.



Nei fatti, tuttavia, il business dei farmaci si regge su due necessità fondamentali, evidenti ed innegabili:



  1. la NECESSITA’ di una umanità malata e bisognosa di cure, perché senza malati non avrebbe alcun senso produrre e vendere farmaci

  2. la NECESSITA’ che le cure ottenute non siano definitive, perché se i farmaci curassero veramente, ci sarebbe bisogno di essi soltanto per periodi limitati di tempo e la loro produzione ne risulterebbe gravemente compromessa.



Alla prima necessità si risponde semplicemente evitando di porre in atto un efficiente sistema di prevenzione delle malattie. Senza prevenire le malattie, ma attendendo che esse si manifestino, diventa assolutamente indispensabile intervenire con le terapie farmacologiche. A chi, poi, obiettasse che esistono anche terapie non farmacologiche (il placebo potrebbe essere una di queste, così come l’omeopatia, la fitoterapia e tante altre), la Medicina dei farmaci risponde (sarà un caso?) che solo ed esclusivamente l’impiego dei farmaci è “scientificamente” provato e nessun altro tipo di intervento è consentito o considerato lecito o plausibile. Il “sistema” stesso, dunque, conduce verso l’uso e il consumo, spesso smodato, di farmaci con l’unico scopo, com’è del tutto evidente, di proteggere un business e non certo di sostenere chi ha bisogno di cure. D’altra parte, impedire che le persone ammalino non è un buon affare perché non solo comporta ingenti investimenti in ricerca e prevenzione, ma promette di abolire totalmente il ricorso ai farmaci, con un danno potenziale incalcolabile per “Big Pharma” e tutto l’“indotto”.



Alla seconda necessità si risponde con la progettazione e l’impiego di farmaci che siano sempre prevalentemente rivolti ad alleviare sintomi, più che a curare malattie. Così, se partiamo dall’evidenza e prendiamo atto del fatto che non esistono farmaci che “curino” veramente le malattie (con la sola eccezione, forse, di qualche antibiotico, ma anche qui ci sarebbe molto da discutere), ossia non esistono farmaci che siano in grado di produrre la risoluzione definitiva di quell’insieme di sintomi che comunemente definiamo “malattia”, vediamo chiaramente come il loro impiego, spesso smodato e sconsiderato, diventi a sua volta causa di ulteriore consumo e, di conseguenza, sostegno e supporto insostituibili per il business farmaceutico. Mi riferisco qui alla cronicizzazione di malattie che si realizza quando il farmaco, come più spesso (o quasi sempre) accade, viene impiegato non già per “curare”, ma semplicemente per eliminare i sintomi; è il caso, ad esempio, dei pazienti che presentano dolori articolari e vengono trattati con antidolorifici che non vanno mai ad incidere sulle cause, ma semplicemente sul modo di manifestarsi della malattia; ma è anche il caso dell’abuso degli antibiotici che crea la comparsa di ceppi batterici resistenti, sempre più difficili da debellare, proprio con gli stessi antibiotici.



Molti, forse in buona fede, ma senz’altro scarsamente informati, trovano a dir poco scandaloso che si possa sostenere che il business dei farmaci si regga su una umanità malata che sia e resti malata, possibilmente per tutta la vita; prima di tutto perché questa sembra proprio l’antitesi di ciò che ci si aspetterebbe dalla Medicina e poi anche perché siamo tutti convinti (o sarebbe meglio dire: qualcuno ci ha convinto) che i farmaci hanno allungato la nostra vita e ne hanno migliorato la qualità; e il pensiero, quando si usano simili argomentazioni, va subito all’impiego dei vaccini e degli antibiotici.



Nel mio libro ho dedicato un paio di capitoli proprio agli antibiotici e alla visione un po’ unilaterale, per non dire manichea, che la Medicina moderna ha dei germi e delle malattie che essi causano nell’uomo, ma senza dilungarci o addentrarci in dettagli che poco aggiungerebbero ai fatti, facciamo qualche considerazione impiegando quel buon senso al quale molti sembrano aver rinunciato in cambio di onori, ricchezza e potere. Intanto una domanda: esistono prove “scientifiche” (in questo caso sì che vorremmo prove “scientificamente” inconfutabili) che antibiotici e vaccini siano la causa principale dell’allungamento della nostra vita e del miglioramento della sua qualità? Non che io sappia, ma se qualcuno ha dati certi è calorosamente invitato a fornirceli. Quando mettiamo in relazione la qualità della nostra vita con antibiotici e vaccini facciamo un semplice collegamento che non ha nulla di scientifico, nulla di verificabile, nulla di ripetibile; potremmo, allo stesso modo affermare che la qualità della nostra vita è migliorata da quando esistono i treni, o l’aria condizionata o l’automobile… anzi, forse quest’ultima affermazione avrebbe più senso di quella riferita a farmaci e vaccini.



Le prove del fatto che l’allungamento e il miglioramento della qualità della nostra vita non dipendono affatto dall’impiego dei vaccini e degli antibiotici (che pure rappresenterebbero una parte piuttosto esigua del totale del business farmaceutico), sono alla portata di tutti e non bisogna essere degli scienziati o dei premi Nobel per trovarle e comprenderle; bisogna invece essere scienziati e premi Nobel per sostenere il contrario! E questo, purtroppo, è proprio quello che accade al giorno d’oggi. Famoso, ad esempio, il caso, che riporto nel libro, del premio Nobel al Prof. H. Zur Hausen, noto studioso del virus del Papilloma, che è maturato con il supporto sostanziale di una ditta farmaceutica che ha investito sullo sviluppo di vaccini contro questo virus, ritenuto responsabile del cancro dell’utero.



Una parte anche piuttosto importante del mio libro, come ho detto, è dedicata agli antibiotici, mentre l’accenno ai vaccini riguarda soprattutto Pasteur, la sua vita e le sue opere in contrapposizione con la vita e le opere di Pierre Jacques Antoine Béchamp che aveva una visione dei germi e delle malattie infettive totalmente agli antipodi rispetto a quella accettata dalla Medicina moderna. Ma senza addentrarci in dettagli o argomentazioni eccessivamente tecniche, proviamo semplicemente a ragionare.



Tra gli antibiotici si annoverano sostanze che non uccidono i germi, ma ne bloccano lo sviluppo e la proliferazione. A questo tipo di antibiotici viene attribuita la definizione di “batteriostatici”, aggettivo che ne definisce molto bene le proprietà, specialmente in contrapposizione con quelli che vengono definiti “battericidi”. Ora, se assumiamo un antibiotico “batteriostatico” ossia un antibiotico che NON UCCIDE I BATTERI, come possiamo mai sperare di “farla franca” e guarire dall’infezione? Semplice; la risposta ce la dà Béchamp (non Pasteur, con la sua teoria dei germi!): la risposta sta nel cosiddetto “terreno”. È il terreno, ossia il nostro organismo, a dire l’ultima parola sull’esito dell’infezione... e questo non solo viene riconosciuto da tutti, ma è scientificamente provato: se il “terreno” non risponde bene, potrete somministrare tutti gli antibiotici di questo mondo, ma non riuscirete a debellare l’infezione; se il “terreno”, invece, risponde bene, alla prima dose di antibiotico, tutti i sintomi saranno scomparsi perché quel “terreno” avrà messo in opera, con l’aiuto dell’antibiotico, tutta una serie di risposte che faranno, LORO SÌ, piazza pulita dei piccoli invasori indesiderati che chiamiamo germi.



Ma se le cose stanno così, qual è, allora, il vero ruolo degli antibiotici nel miglioramento della qualità della nostra vita? Evidentemente, NESSUNO! È, caso mai, il miglioramento della qualità della nostra vita, realizzatosi, nell’Occidente, dopo la Rivoluzione Industriale che ha, per così dire, “creato” organismi nuovi e in grado di rispondere meglio agli stimoli patogeni che sono causa di malattia. Non a caso, la teoria dei germi di Pasteur aveva il suo fulcro, appunto, nei germi, mentre quella di Béchamp considerava il “terreno”come il solo fattore rilevante.



Provate a somministrare antibiotici, nelle quantità che più desiderate, alle popolazioni che abitano quei remoti angoli dell’Africa nei quali c’è endemia di Malaria, AIDS e Tubercolosi e verificate se gli antibiotici DA SOLI, in totale assenza di una corretta politica di prevenzione, siano mai in grado di debellare quelle malattie!...e lo stesso discorso vale, evidentemente, per i vaccini…non c’è vaccino al mondo che possa debellare una qualsiasi malattia infettiva IN ASSENZA di corrette ed adeguate misure di prevenzione!



Qualcuno, un po’ di tempo fa, ha obiettato che tutto è affarismo, specialmente (ma non solo) nelle Democrazie Occidentali, per cui, affermare che l’industria farmaceutica vive e si regge su un’umanità malata è un po’ come affermare che l’industria petrolifera si regge sull’umanità che consuma carburante o quella alimentare su un’umanità affamata.



È vero, il consumismo e l’affarismo che ad esso si collega sono due tratti caratteristici ed emblematici al tempo stesso delle civiltà democratiche e industrializzate; ma i farmaci rappresentano una chiara e pericolosa eccezione e spero di poterlo dimostrare senza dilungarmi eccessivamente.



Spostarsi velocemente da un luogo ad un altro è, oggi, una necessità primaria; se potessimo farlo con il teletrasporto, questa sarebbe la soluzione più efficace, più rapida e meno inquinante di tutte; ma nessuno ha ancora inventato il teletrasporto e tutti dobbiamo scendere ad un compromesso: usare i derivati del petrolio e rassegnarci, in qualche modo, all’idea di dover respirare aria più inquinata, con tutte le potenziali conseguenze dannose per la salute, delle quali siamo perfettamente consapevoli. Possiamo fare diversamente? I dati, sulla carta, dicono di sì. Ci sono fonti alternative e tecnologie a sufficienza per fabbricare motori che non inquinino, ma c’è grande interesse a vendere il petrolio perché è un ottimo affare e dunque, tutto ciò che è “alternativo” non si sviluppa o, se si sviluppa, se ne rendono i costi talmente elevati da disincentivare chiunque al loro impiego e far preferire e prevalere il consumo dei carburanti derivati dal petrolio.



Per molti versi, si tratta di ciò che accade anche con i farmaci; i farmaci non sono né la panacea né l’unico rimedio contro le malattie, ma l’industria che li produce e li vende, per salvaguardare il suo business, è pronta a dichiarare qualsiasi falsità: incluso il fatto che solo l’uso dei farmaci ha un fondamento scientifico…e così, di tutte le altre possibili modalità di cura, nessuno saprà mai nulla, perché a priori è stabilito (da “Big Pharma”) che tutto ciò che non è farmaco, non ha fondamento “scientifico”. Siamo alle solite, si potrebbe affermare, ma per i farmaci dobbiamo considerare tutta una serie di aggravanti; tra le altre:



  1. i farmaci non rappresentano una necessità primaria; certo non più di quanto lo sia, come ho già detto, una corretta ed adeguata prevenzione. L’effetto placebo, l’Agopuntura, l’Omeopatia e, del tutto recentemente, le tecniche di meditazione e autoconsapevolezza, dimostrano che l’organismo “malato” può guarire da solo, anche senza farmaci; anzi, l’organismo può imparare a non ammalare! Certo, sarebbero necessarie indagini scientifiche complete e dettagliate per comprendere come questi metodi alternativi di cura funzionino e cercare di estenderne l’applicazione, ma questo è vietato da “Big Pharma” perché lede i suoi interessi;

  2. come dimostrano studi scientifici accreditati, una grossa percentuale dei farmaci in commercio è rappresentata da placebo, ossia prodotti assolutamente privi dell’azione e degli effetti dichiarati nel foglietto illustrativo (più noto, forse, come “bugiardino”... non a caso, si direbbe!). Tra questi si annoverano i farmaci contro il Morbo di Parkinson, gli antidepressivi e molti antidolorifici;

  3. se l’impiego dei derivati del petrolio, che pure soddisfa una necessità primaria, può arrecare danno indiretto alla salute, l’uso e l’abuso di farmaci di cui più spesso non si conosce a fondo l’azione, provoca danni diretti, gravi, spesso irreversibili e perfino letali;

  4. le politiche di mercato di “Big Pharma” sono a dir poco preoccupanti e si spingono ad eccessi che veramente nulla hanno a che fare con la tanto sbandierata “scienza” che starebbe alla base dello sviluppo, della produzione e della commercializzazione dei farmaci. Tra le strategie che “Big Pharma” mette in opera, a questo scopo, ricordiamo:



    1. l’estensione artificiosa delle indicazioni terapeutiche di prodotti che mostrano flessioni nelle vendite (ad esempio l’“aspirinetta” consigliata nelle cardiopatie e, più recentemente, nella cura del cancro)

    2. il “comparaggio” ossia l’acquisto di opinioni favorevoli e/o prescrizioni attraverso la corresponsione di compensi, dei generi più diversi, a ricercatori, studiosi, medici di famiglia, al fine di sostenere le vendite dei prodotti farmaceutici immessi nel commercio;

    3. il finanziamento della ricerca, fenomeno, questo, di proporzioni mondiali che ha fatto di “Big Pharma” praticamente il monopolista mondiale della ricerca in biologia e medicina;

    4. una gestione sapiente dell’informazione che deriva dalla ricerca, in grado di occultare verità scomode e rendere pubblici soltanto i risultati positivi e favorevoli all’impiego dei prodotti farmaceutici;

    5. il finanziamento della politica (famosi gli scandali che seguirono Tangentopoli, nel nostro Paese) col fine ultimo di seguire “corsie preferenziali” nello sviluppo e nell’immissione in commercio dei prodotti farmaceutici;

    6. il “disease-mongering” ossia l’estensione artificiosa del concetto di malattia a condizioni che malattie non sono, con il fine ultimo di “gonfiare” il mercato dei farmaci.



Tutto questo, cerchiamo di non dimenticarlo, riguarda la salute della gente e la speculazione che l’industria dei farmaci mette in opera sulla pelle della gente! Ma “Big Pharma” è solo uno dei soggetti di questo indegno traffico; l’altro soggetto è rappresentato dai cosiddetti sistemi sanitari e dai governi dai quali tali sistemi dipendono.



Nel mio libro cerco di portare a compimento anche una breve, ma sostanziosa analisi dei pericolosissimi fenomeni sociali che la dipendenza così stretta della medicina dalla produzione e dal consumo dei farmaci e/o dei prodotti diagnostici alimenta nelle Democrazie Occidentali,.



La formazione del medico, in questi Paesi, non è una formazione “a tutto campo”. L’unica medicina considerata degna di essere appresa è la medicina delle malattie che si curano con i farmaci. La persona, l’individuo che porta i sintomi della malattia, non ha praticamente più alcuna importanza e le conseguenze di questo modo aberrante di concepire la medicina, sono sempre più evidenti. La visita medica è sempre più breve, le amministrazioni delle aziende ospedaliere letteralmente impongono i tempi per la visita, ispirandosi più al modello della catena di montaggio gestita da automi che non all’idea che la cura sia il risultato e la conseguenza della creazione di un rapporto fiduciario tra esseri umani. L’atto medico si limita sempre di più alla prescrizione di esami diagnostici e l’arte della semeiotica, ossia la diagnosi basata sui segni e sui sintomi, è ormai caduta completamente in disuso. Della terapia, poi, ho già parlato abbastanza a lungo anche se merita, qui, menzione il fatto che questo modo “automatico”, codificato, asettico e poco intelligente di gestire la cura non solo non è privo di conseguenze dannose per il paziente, ma è ormai in stridente contraddizione con gli stessi principi che la scienza medica moderna viene più recentemente affermando. Uno di questi è il principio della diversità e tra gli individui e della loro unicità. Questo principio, sempre affermato da tutte le culture e le tradizioni mediche “non convenzionali”, è stato fatto proprio anche dalla Medicina moderna che, con la Farmacogenetica ritiene di aver individuato il fondamento biologico stesso della diversità tra gli individui per cui, trattare tutti i malati con dosi di farmaci stabilite sulla base del peso o della superficie corporea, è un errore grossolano che può condurre a danni gravi e irreparabili.



L’omeopatia afferma questo principio da almeno due secoli ossia da quando è nata; il fondatore dell’Omeopatia soleva affermare: “io non curo le malattie, ma le persone malate”, ad indicare che non esistono malattie codificate e che ogni individuo “esprime” per così dire , la malattia a suo modo ed è su quel modo che si deve concentrare la cura.



Politici incompetenti e ignoranti hanno voluto trasformare gli ospedali nazionali in “aziende” nelle quali la salute viene intesa, contrariamente a quanto stabilisce il dettato Costituzionale, come un bene che può essere assoggettato alle stesse transazioni economiche alle quali si sottopongono merci materiali e questo ha condotto a tutta una serie di storture, aberrazioni e mistificazioni che si ripercuotono negativamente sulla salute della gente e sull’esercizio della professione medica: tra le altre:



  1. la diagnosi viene affidata a macchine e tecnologie diverse e sempre più sofisticate e, mentre le macchine sono i grado di esplorare i più segreti e minuscoli recessi dell’organismo umano, fino al livello molecolare (riduzionismo), le capacità del cervello umano di immagazzinare ed elaborare una tale quantità di informazione, sono sempre meno adeguate e sempre più facile e frequente diviene interpretare i dati in maniera erronea e quindi sbagliare nella diagnosi e, di conseguenza, nella cura;



  1. la rinuncia all’arte della semeiotica, incentivata da amministrazioni ottuse che vedono nel profitto l’unico traguardo da raggiungere nella gestione della salute pubblica, ha completamente snaturato la professione medica che si appoggia ormai soltanto sulla diagnosi strumentale ed ha totalmente rinunciato alla diagnosi basata sull’esame del paziente; in modo tale che la professionalità del medico non ha più alcun valore e ciò che veramente conta è soltanto il numero di esami diagnostici e di trattamenti che egli prescrive. Paradossalmente, più il medico è ignorante e incapace di effettuare diagnosi o terapie, maggiore è il numero di esami diagnostici e terapie che prescriverà, con grande soddisfazione delle amministrazioni che vedono, in tal modo, aumentare entrate e profitti. Paradossalmente, meno tempo e risorse si dedicano alla prevenzione, maggiore è il profitto conseguito con la prescrizione di esami diagnostici e terapie.



Le “aziende” ospedaliere diventano così delle vere e proprie succursali di quelle farmaceutiche e poiché il “fatturato” è ciò che veramente conta, il paziente e la sua salute finiscono col diventare un semplice mezzo per conseguire il fine unico rappresentato dal profitto: che qualità di cure ci si possa aspettare all’interno di istituzioni nelle quali il profitto prevale su qualsiasi altro obiettivo o valore, è facile da immaginare; ne sono testimonianza i casi, numerosi e sempre più frequenti, di cattiva pratica della professione medica all’interno delle cosiddette “aziende” ospedaliere... ma questo non è ancora tutto il peggio!



L’enorme potenza economica derivata dal commercio di farmaci (e diagnostici), ha consentito a “Big Pharma” non solo di impadronirsi della ricerca medica mondiale, ma anche di condizionare i sistemi sanitari del mondo occidentale modellandoli, per così dire, a propria immagine e somiglianza, con la benedizione e spesso la partecipazione attiva (come abbiamo visto negli storici scandali nazionali) di governi e istituzioni. E il primato economico di “Big Pharma” è diventato anche, per la vergogna di noi tutti, ma dei medici in prima istanza, anche dittatura culturale, ben più estesa, diffusa e pericolosa di quanto lo fossero altre dittature istituzionalizzate di storica memoria; pericolosa perché, contrariamente a queste ultime, la dittatura culturale imposta dall’industria farmaceutica non è né riconoscibile né riconosciuta dalla maggior parte di noi, che usualmente prendiamo per oro colato solo e soltanto le indicazioni che essa ci fornisce in tema di salute, benessere e terapia.



Questa constatazione ci riporta a considerazioni in precedenza solo accennate riguardo all’attuale, preoccupante mancanza di libertà in Medicina, imposta, come abbiamo visto, solo da interessi economici e che promette di minare alle fondamenta sia l’esercizio della professione medica, che le prospettive di vita e guarigione dei malati.



Benjamin Rush, Padre Fondatore degli Stati Uniti d’America, medico, scrittore ed educatore, così si esprimeva sulla Costituzione appena firmata:



Se la libertà della Medicina non sarà sancita dalla Costituzione, verrà il tempo in cui la Medicina si organizzerà in una dittatura sotterranea […] restringere l’arte di curare ad una classe di uomini e negare ugual privilegio ad altri, rappresenterà la Bastiglia della Scienza Medica. Tutte queste leggi sono non Americane e dispotiche e non possono trovare posto in una Repubblica.



Benjamin Rush chiedeva che lo stato Democratico garantisse la libertà della Medicina così come garantisce (o dovrebbe garantire), tra le altre, quella di culto... ma è chiaro che le sue aspettative sono state tradite. Oggi, dopo oltre due secoli da quelle dichiarazioni, la Medicina dei farmaci e di “Big Pharma” ha imposto le sue leggi che nessuno può più mettere in discussione se non a rischio della propria dignità, rispettabilità, onorabilità e forse anche incolumità... la profezia di Rush si è purtroppo avverata!



I metodi che questa Medicina impiega per “liquidare” i veri scienziati che non si pongono al suo servizio, non sono (o forse sarebbe meglio dire non sono ANCORA!) quelli di una dittatura o di un’associazione per delinquere, ma le storie di personaggi come Béchamp, Benveniste, Bates e Duesberg, per citare solo alcuni dei più famosi (menzionati, tra l’altro, nel libro), dimostrano che la dittatura preconizzata da Benjamin Rush è già qui e che, di questo passo, la Medicina è condannata al servilismo culturale, ideologico ed economico.



Esiste una “cura” per questo disastro morale, civile e culturale, che pure era stato preannunciato con largo anticipo dalle menti illuminate dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America? E se sì, quale? E da dove cominciare?



Dalla formazione medica, per esempio! Torniamo a fare la diagnosi affidandoci alla tecnologia il meno possibile e solo in casi estremi e irrisolvibili. La semeiotica è un’arte, l’arte della diagnosi a partire da segni e sintomi; bisogna recuperare questo prezioso strumento professionale, ma non basta; dobbiamo imparare a conoscere e ad usare tutte le medicine che possono portare vantaggi ai nostri pazienti… se un paziente può essere curato solo con un placebo, dobbiamo curarlo con il placebo e cercare di comprendere meglio i meccanismi che sono alla base di questo effetto, per sfruttarlo e ridurre così i rischi collegati all’uso e all’abuso dei farmaci... se ci sono pazienti che possono essere curati con l’omeopatia, la fitoterapia, l’agopuntura, l’omotossicologia, la medicina Ayurvedica ecc., abbiamo il dovere di apprendere queste “medicine” ed impiegarle per offrire al nostro paziente sempre il meglio.



Dunque, cambiare la formazione medica è uno degli obiettivi principali; ma ci sono anche altre cose da fare, altre strade, non meno importanti, da percorrere, come, ad esempio, bandire burocrazia e politica dagli ospedali. L’”aziendalizzazione” degli ospedali ha senso soltanto nell’ottica e con la prospettiva di sfruttare la malattia a fini di lucro: né più né meno di quanto “Big Pharma” sta già facendo da decenni. Politica e burocrazia devono cedere il passo. Gli ospedali sono “roba” per medici e pazienti, non per politici affamati di denaro, voti e potere. Sarà, inoltre, assolutamente indispensabile investire in prevenzione. I politici e i burocrati delle amministrazioni ospedaliere si riempiono la bocca di questa parola della quale, però, non solo non conoscono il significato, ma che non mettono in atto in alcun modo... per il semplice fatto che un’umanità sana e senza malattie non giova né ai loro affari né a quelli delle industrie farmaceutiche. Sarà, infine, fondamentale allontanare l’industria dei farmaci dalla ricerca, potenziando le risorse che i governi mettono a disposizione della ricerca stessa. Dedicare parte delle entrate derivate dalla tassazione al finanziamento di ricerca INDIPENDENTE è, dunque, un altro dei passi fondamentali verso la costruzione della Nuova Medicina Democratica di cui TUTTI abbiamo, oggi, estremo bisogno.






Inserito: 6 febbraio 2011

Scienza e Democrazia/Science and Democracy

www.dipmat.unipg.it/~mamone/sci-dem




1Il libro in questione è Il Tradimento di Ippocrate - La medicina degli affari, Salus Infirmorum, 2010.

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