Rossano Ercolini


La strategia rifiuti zero: realtà e promesse



Incontro ravvicinato con la strategia rifiuti zero 2020

La prima capitale ad adottare la strategia rifiuti zero è Canberra, che nel lontano 1995 adotta la legge “NO WASTE BY 2010” (Nessun rifiuto entro il 2010). Seguono oltre il 65% delle municipalità delle Nuova Zelanda che a livello statale, nel 2003, adotta ufficialmente la legge per la “fine dei rifiuti nel 2015”.


Nel frattempo, a partire dal 2000 molte città della California tra cui le popolose San Francisco, San Diego, San José, Oakland, Fresno, Obisbo ecc. del Colorado con la contea di Boulder, Seattle ( nello stato di Washington) ed Austin (nel Texas), del Canada (Halifax e tutta la Nova Scotia e la Columbia britannica), Toronto, Vancouver ecc. e dell’Australia adottano con specifiche leggi la strategia rifiuti zero.


Ma non sono solo “i nuovi continenti” ad andare in questa direzione. Nel 2005 la città di Buenos Aires adotta la “Ley Basura Cero” (Legge rifiuti zero) rigettando l’ipotesi di costruire un inceneritore, nel 2007 segue la città di Rosario. In India, nelle Filippine (uno stato che ufficialmente ha messo al bando l’incenerimento dei rifiuti) in Giappone e in Europa (nel Regno Unito ed in Italia) cominciano a “schierarsi” comuni e province che adottano con atti ufficiali l’impegno di raggiungere nel 2015 almeno il 75% di “diversione” dalla discarica e di arrivare ad azzerare i rifiuti entro il 2020.


Così possiamo ad oggi constatare che la città di Canberra raggiunge il 73% di “sottrazione “ dalla discarica e che San Francisco ha raggiunto quasi il 75% (considerato anche sulla totalità dei rifiuti prodotti, includendo quindi rifiuti urbani, speciali e da demolizione). La stessa megalopoli di Los Angeles nel 2007 raggiungeva il 62% di “sottrazione” dalla discarica dimostrando che la strategia rifiuti zero non procede solo in piccoli centri ma anche in “capitali internazionali”. Sull’onda di questo rapido “contagio” le stesse “corporation” sono in qualche modo “costrette” a rincorrere il fenomeno, così la Toyota, la Walmart, la Nike, la Xerox, adottano impegni per raggiungere rifiuti zero riconoscendo che la produzione di rifiuti costituisce la “parte inefficiente delle produzioni” e come tale gradualmente da eliminare.


Per la gestione delle “risorse” (anziché chiamarli rifiuti) si è ormai diffusa la realizzazione di Resource Recovering Park (Parchi per il recupero delle risorse) che, strutturati in modo tale da trattare e recuperare in modo specifico ogni “flusso di scarto”, non solo recuperano e commercializzano i materiali sottratti allo smaltimento, ma impiegano centinaia di addetti dando corpo a quella “green economy” che dalle vuote enunciazioni, in questo modo, è divenuta realtà. Ormai “famose” sono l’esperienza di Boulder e di Eco-Cycle di Eric Lombardi che impiega circa 100 addetti e quella di Berkeley in California.



E in Italia...

In Italia, spesso affetta da “provincialismo” questa volta le “novità” non arrivano “fuori tempo massimo”. È Ambiente e Futuro di Lucca, che dopo aver sconfitto due inceneritori invita in Italia, già dal 1996, Paul Connett, professore di Chimica della università di St Lawrence nello stato di New York a tenere le sue “prime” conferenze italiane. Connett, spinto dai gruppi che si battono contro l’incenerimento dei rifiuti, fa conoscere attraverso 49 “giri di conferenze”, organizzati da Ambiente e Futuro, la strategia rifiuti zero in ogni angolo d’Italia: sono più di 400 le conferenze tenute dal professore in oltre 200 tra città e comuni italiani. Ed anzi, alla luce della diffusione delle “buone pratiche” di raccolte differenziate (RD) “porta a porta” che guidano molti comuni, non solo al Nord ma anche al Sud, a superare in molti casi il 75% di RD comincia a ritenere che il nostro Paese possa essere insieme alla California una delle aree “elette” ad applicare in tempi ragionevolmente brevi la strategia rifiuti zero. La creatività e la passione italiane, la presenza di alcuni centri di ricerca come la Scuola Agraria del Parco di Monza, la nascita della rete italiana Rifiuti Zero avvenuta ad Acerra nel 2004, insieme alla straordinaria diffusione delle battaglie contro l’incenerimento dei rifiuti, vengono ritenute dall’infaticabile professore (ormai in pensione dal 2007), dotato di una comunicativa straordinaria, un trampolino di lancio verso rifiuti zero e verso un concetto concreto di raggiungimento della sostenibilità ambientale unico almeno in Europa. E questa “vision” viene confermata quando nel 2007 il Comune di Capannori (Lu), per primo in Italia, adotta con specifica Delibera Consiliare la strategia Rifiuti Zero al 2020.


Il comune di Capannori battistrada rifiuti zero in Italia

Con questo atto la “presa” della nuova cultura di cui la strategia rifiuti zero è portatrice passa da essere ritenuta “stimolante ma velleitario movimentismo” a concreta e credibile scelta amministrativa, alla portata delle esperienze politiche di governo più attente alla innovazione e alla sostenibilità ambientale. CAPANNORI, un Comune di 46.000 abitanti, attuale capoluogo del Distretto Cartario più importante d’Italia, apre la strada ad altri Comuni dimostrando che non solo si può “andare oltre il porta a porta” puntando alla riduzione dei rifiuti ma che tale “coraggio” viene premiato dall’opinione pubblica che ha fatto guadagnare a questo comune semisconosciuto una NOTORIETà INTERNAZIONALE.


Altri 21 comuni hanno già seguito questo esempio: Carbonia, Aviano, Giffoni Sei Casali, Vinchio, Seravezza, Monsano, Calcinaia, Vico Pisano, Montignoso, Corchiano, Colorno, La Spezia. Somma Vesuviana, Boscoreale. Maiori, Forte dei Marmi , Marineo, Collesano, Pietrasanta, Sasso Marconi, Monte San Pietro hanno già deliberato per aggiungersi alla decisione di Capannori. Ma il passaggio chiave fondamentale in questa direzione è stato compiuto ancora una volta dal Comune di Capannori che ha dato vita, a partire dallo scorso 23 gennaio AD UN CENTRO DI RICERCA RIFIUTI ZERO, il primo di questo genere in Europa.


Il centro rifiuti zero do Capannori e lo studio del rifiuto residuo e le politiche di prevenzione dei rifiuti

In che cosa consiste la “novità” di questo centro? ESSO HA LO SCOPO DI MONITORARE E STUDIARE IL “RIFIUTO RESIDUO” cosi’ come si presenta dopo le raccolte “porta a porta”. In altre parole dalla parte “a valle” del sistema di gestione degli scarti viene elaborato un feedback (tipico dei processi e degli organismi naturali) che si rivolge al mondo della produzione, coinvolgendo, in un processo circolare, quella che la strategia rifiuti zero definisce la responsabilità estesa del produttore (EPR).


Il “messaggio” frutto della elaborazione diviene: ciò che non è riciclabile (e/o compostabile) dev’essere riprogettato perché il “rifiuto residuo” (specialmente se “a valle” di RD che superano il 75% di “resa”) rappresenta lo “sbocco” di una cattiva progettazione industriale da ripensare a carico della stessa industria. Ed allora, tra l’altro, il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori, dotato anche di un Comitato Scientifico o “Advisory Board” formato da docenti universitari e da esperti, avrà lo scopo di proporre modalità concrete di riprogettazione industriale di quegli oggetti e/o imballaggi che risultano, ad oggi “sullo stomaco del sistema di di-gestione” dei rifiuti del Comune di Capannori facendo da “interfaccia” con il CONAI (Consorzio Nazionale degli Imballaggi) individuato istituzionalmente come il referente di questo “feedback”.


Naturalmente il Centro farà di più. Censirà le “buone pratiche” di riduzione dei rifiuti esistenti a livello nazionale ed internazionale (la sostituzione dei sacchetti di plastica è una priorità), le modalità di applicazione del “Green Procurement”, i sistemi “puntuali” (del tipo “you pay as you throw”) di applicazione delle tariffazioni rivolte agli utenti per applicarle localmente ma per metterle anche e soprattutto a disposizione di tutti i comuni italiani.


Il caso delle capsule usa e getta del caffè

Esempio concreto dell’approccio di cui sopra è rappresentato dalla lettera alla Lavazza scritta nello scorso febbraio in cui con molta semplicità e senza alcuna polemica questa azienda viene chiamata (insieme alle altre aziende del settore) a collaborare per risolvere il problema crescente di questi microimballaggi fatalmente destinati allo smaltimento (visto che contengono un misto di plastica, di polvere di caffè ed un velo di carta filtrante). A riprova di questo approccio pragmatico, addirittura l’AIIPA (associazione industriale del settore alimentare) ha voluto nello scorso 23 febbraio 2011 incontrare presso l’Innovation Center della Lavazza a Torino una delegazione del Centro di Ricerca Rifiuti Zero del Comune di Capannori e dello stesso Comune di Capannori per iniziare un percorso teso ad individuare alternative sostenibili alla attuale situazione rilevata dal medesimo Centro di Ricerca attraverso i numerosi sopralluoghi svolti per studiare il residuo. Questo caso può davvero diventare una “pietra miliare” per una nuova “coscienza industriale” dei produttori basata sulla “responsabilità” dei propri prodotti dalla “culla alla culla”.


Naturalmente nessuno si fa gratuite illusioni, ma per la prima volta i produttori si sono seduti al medesimo tavolo con i rappresentanti politici di un comune (ma era presente anche l’Associazione dei comuni Virtuosi con il presidente Gianluca Fioretti) e con “cittadini comuni” quali quelli rappresentati dal Centro di Ricerca del Comune di Capannori che seppur ufficialmente incaricato di svolgere un lavoro di “expertise” è pur sempre costituito dai volontari di Ambiente e Futuro.


Il messaggio è semplice: in un contesto in cui la comunità ha ormai risolto il 75% del problema della gestione dei rifiuti la restante parte del problema in gran parte frutto di oggettivi “errori di progettazione” deve essere risolta responsabilizzando le imprese. In questo processo innovativo si gioca il passaggio da un modello economico e produttivo insostenibile definibile di tipo “lineare” (dalla estrazione dei materiali allo smaltimento) ad uno gradualmente sempre più sostenibile e “circolare” (per cui la “fine” di un prodotto diventa l’inizio di un nuovo prodotto azzerando tendenzialmente gli scarti come avviene in natura).



Ed ora l’applicazione della strategia rifiuti zero in dieci mosse

Vi sono vari documenti sull’argomento ed in particolare la Carta per Rifiuti Zero approvata dal quinto incontro mondiale di ZWIA (Zero International Alliance) tenutosi nel febbraio 2009 a Napoli e riconfermata dagli ultimi incontri mondiali del 2009 e del 2010 svoltisi a Puerto Princesa nelle Filippine e a Florianopolis in Brasile. Essi definiscono i passaggi che qualificano il percorso rifiuti zero che ovviamente muove dalla “messa al bando” dell’incenerimento dei rifiuti e delle megadiscariche per rifiuti tal quali e non “stabilizzati”.

Tuttavia, per maggiore sinteticità ed efficacia qui riassumiamo i 10 “steps” contenuti nella presentazione del professor Paul Connett proprio a Capannori il 23 gennaio, in occasione del lancio del Centro di Ricerca Rifiuti Zero, tra l’altro riferiti anche presso la Commissione per la Sostenibilità Ambientale delle Nazioni Unite, dove il 12 gennaio 2010 Paul Connett è stato ufficialmente invitato dall’ONU a presentare la strategia rifiuti zero.


PRIMA MOSSA: organizzare la raccolta differenziata. La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico ma organizzativo dove il “valore aggiunto” non è quindi la tecnologia ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale;


SECONDA MOSSA: organizzare una RD porta a porta che appare l’unico sistema efficace di RD in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali di RD superiori al 70%. Il sistema migliore risulta quello dei “magnifici quattro” dove si prevedono quattro contenitori per quattro tipologie di flusso di scarti ( organico, carta, multimateriale e cioè vetro, metalli, lattine e plastiche, frazione non riciclabile) il cui ritiro è previsto secondo un calendario settimanale prestabilito;


TERZA MOSSA: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori.


QURTA MOSSA: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio per recuperare e valorizzare i materiali cartacei, i metalli ferrosi e non ferrosi, il vetro, le plastiche;


QUINTA MOSSA: iniziative per la riduzione alla fonte dei rifiuti con la diffusione dell’autocompostaggio familiare, con la sostituzione delle stoviglie e bottiglie di plastica nelle mense pubbliche dove utilizzare acqua di rubinetto, con la sostituzione dei pannolini usa e getta con pannolini riutilizzabili, introduzione e diffusione di sistemi alla spina nella vendita di latte, bevande,

detergenti, prodotti alimentari (vedi l’esperienza illuminante del negozio EFFECORTA di Marlia nel comune di Capannori), sostituzione dei sacchetti di plastica con le borse riutilizzabili per la spesa;


SESTA MOSSA: realizzazione dei centri per la riparazione, il riutilizzo, la decostruzione degli edifici in cui beni durevoli, mobili, porte, finestre, materiali in legno, in ceramica e manufatti edilizi vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali che costituisce circa il 3% del totale degli scarti riveste però un grande valore economico che può essere valorizzato attraverso la costituzione di imprese locali a significativa resa occupazionale come molte esperienze del nord America ed in Australia ci dimostrano;


SETTIMA MOSSA: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva dei rifiuti non riciclabili inviati a raccolta/smaltimento. Ciò (come avviene già nei comuni serviti dal Consorzio Priula in provincia di Treviso) per premiare il comportamento virtuoso delle utenze e per incoraggiare le migliore scelte di acquisto dei cittadini;


OTTAVA MOSSA:

a- realizzazione possibilmente in fronte di discarica di un impianto di selezione e recupero dei rifiuti residui in modo da recuperare ancora materiali riciclabili sfuggiti alle RD, impedire che materiali tossici (vernici, pile ecc) possano essere inviati nella discarica transitoria e per stabilizzare la frazione organica residua eventualmente sottoposta anche a recupero energetico attraverso la digestione anaerobica; tutto ciò perche sia possibile ridurre in quantità e in tossicità i rifiuti che in via transitoria (in attesa di arrivare a “smaltimento zero”) si devono ancora inviare a discarica; in questo quadro anche sistemi di “downcycling” delle plastiche eterogenee ancora contenute nel “residuo” , attraverso processi di “estrusione” possono essere significativamente utili agli scopi di impegnare al minimo le volumetrie di discarica recuperando al contempo preziosi materiali;


b- realizzazione del Centro di Ricerca Rifiuti Zero situandolo possibilmente tra l’impianto di recupero e selezione e la discarica con gli scopi di studio del residuo e di riprogettazione industriale;


NONA MOSSA: il Centro di Ricerca Rifiuti Zero attiva una serie di sinergie con gli altri aspetti della sostenibilità ambientale quali il risparmio e il recupero energetico tramite la digestione anaerobica, la promozione dell’agricoltura biologica attraverso l’impianto di produzione del compost e il ricorso ai prodotti derivanti dalla filiera corta, della bio-architettura, attraverso le pratiche costruttive del risparmio energetico e del riutilizzo di manufatti derivanti dalla decostruzione degli edifici, ecc;


DECIMA MOSSA: raggiungimento, entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti ricordando che la strategia rifiuti zero si situa oltre il riciclaggio dei rifiuti.


In questo percorso non solo si riscontrano la riduzione degli impatti ambientali e sanitari e si favorisce un miglior risparmio di “materia-energia” ma si producono consistenti possibilità di impresa locale (che quindi arricchisce in concreto i territori e le comunità) e di posti di lavoro. Se si pensa che solo con l’esperienza di Capannori si sono creati 50 posti di lavoro senza considerare l’intero indotto derivante dalla filiera di riciclaggio e di compostaggio su più ampia scala si possono prevedere migliaia di posti di lavoro da una “messa a sistema” dell’applicazione dei 10 passi per rifiuti zero (particolarmente interessante è la parte relativa alla riparazione/riuso/decostruzione tesa a ridare seconda vita ai prodotti).


In questo modo il processo RIFIUTI ZERO innescato dal “trampolino” di lancio del porta a porta diviene esso stesso trampolino di lancio per un vasto percorso di sostenibilità che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa globale del pianeta.


Il valore aggiunto dell’incontro con il volontariato

In questo quadro nel 2010 si è svolto un incontro fecondo tra le istanze dei movimenti e delle istituzioni rifiuti zero e della società civile coinvolta nelle esperienze di cittadinanza attiva.


In seguito all’importante convegno-seminario di Grottaminarda svoltosi nell’ottobre scorso e promosso dalla Fondazione Volontariato e Partecipazione in collaborazione con ANPAS si è messo in moto un percorso che ha portato quest’ultima prestigiosa Associazione ad aderire ufficialmente e a livello nazionale alla strategia rifiuti zero. Adesione “sigillata” anche attraverso un convegno svoltosi non a caso proprio a Napoli nel novembre 2010. Ora, con questa novità ricca di implicazioni e di potenzialità, si aprono entusiasmanti prospettive per imprimere non solo ad una corretta gestione dei rifiuti ma anche a tutta la “partita” della sostenibilità ambientale nuovi impulsi basati sulla partecipazione delle comunità e delle popolazioni. Tutto questo, anche e soprattutto partendo dalle vicende di Napoli ci ricorda che le soluzioni ai problemi non possono provenire in “primis” dalla tecnologia e dalla “sospensione” dei “processi democratici” ai danni delle amministrazioni locali e dei cittadini ma, al contrario, proprio grazie alla parte migliore della società civile di cui il volontariato è l’avanguardia più “organizzata”e disponibile. E tutto questo conferma che Rifiuti Zero è un movimento che abbina idealità e pragmatismo, conoscenze e collegamenti globali con azione e radicamento locali facendo proprio un approccio di radicalità democratica.


A cura di Rossano Ercolini, Rete Italiana rifiuti Zero e responsabile Centro Ricerca Rifiuti Zero istituito dal Comune di Capannori; e Paul Connett (che ben volentieri mi ha autorizzato a “co-firmare” il presente contributo) professore emerito di chimica della St Lawrence, University di Canton (stato di NY), USA.


Per ulteriore documentazione: www.ambientefuturo.org



Inserito: 7 aprile 2011

Scienza e Democrazia/Science and Democracy

www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem