Raffaele Capone*


Radio Vaticana: com’è andata a finire





1. Introduzione


Questa memoria ritorna sulla vicenda di Radio Vaticana ripartendo da quanto era stato descritto nel convegno internazionale “Scienza e democrazia” del 12-14 giugno 2003 e, in particolare, descrivendo gli avvenimenti accaduti dopo il conseguimento dei risultati delle indagini epidemiologiche condotte dal 1997 al 2002 dagli epidemiologi dell’Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) del Lazio nel territorio limitrofo a quegli impianti radiofonici, dopo l’istituzione, nel maggio del 2000, della Commissione bilaterale Italia - Santa Sede che si prefiggeva di eliminare l’inquinamento elettromagnetico e le interferenze sugli apparati elettrici ed elettronici di uso comune, e dopo l’istituzione di due procedimenti penali, uno per “getto pericoloso di cose”, iniziato nel 1999 a seguito dell’accertamento del superamento del limite di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza a cura degli enti tecnici istituzionali e a seguito dei disturbi e delle molestie ai Cittadini, da questi testimoniati nel corso del dibattimento nelle aule giudiziarie, e l’altro, indiziario, per omicidio plurimo colposo e lesioni plurime colpose, scaturito a marzo del 2001 a seguito di un esposto-querela presentato contro ignoti alla Procura della Repubblica del Tribunale di Roma dal Coordinamento dei Comitati di Roma Nord sulla base dei risultati delle predette indagini epidemiologiche e delle testimonianze filmate di cittadini ammalati e di congiunti di persone decedute.


Nel precedente convegno era stato inoltre evidenziato come ministri della salute ed esponenti di enti sanitari istituzionali quali l’Istituto Superiore di Sanità e l’ISPESL si fossero prodigati, in commissioni, tavoli di lavoro e pareri tecnici, nel cercare di confutare le evidenze scientifiche scaturite dalle indagini epidemiologiche dell’ASP che venivano invece confermate da una perizia della Procura della Repubblica di Roma nell’ambito del procedimento penale indiziario per lesioni e omicidio colposi plurimi.



2. Il reato di getto pericoloso di cose

Dopo la sentenza della Cassazione del 9 aprile del 2003, che annullava la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Roma che il 19 febbraio del 2002 aveva dichiarato non processabili i responsabili della Radio Vaticana perché questa, in base all’articolo 11 dei patti lateranensi, rappresentava un ente fondamentale dello Stato vaticano, veniva ripreso il processo penale per getto pericoloso di cose e il nuovo giudice della Corte d’Assise, il 9 maggio del 2005, dichiarava colpevoli il cardinale Roberto Tucci ed il gesuita padre Pasquale Borgomeo, rispettivamente responsabile del comitato di gestione e direttore generale dell’emittente vaticana.


Questi venivano condannati a 10 giorni di reclusione, con sospensione della pena, al pagamento delle parti civili costituitesi in giudizio (un gruppo di cittadini, il Coordinamento dei Comitati di Roma Nord, il Codacons, Cittadinanzattiva, Legambiente e Verdi, Ambiente e Società (VAS)) e al pagamento delle spese del processo.


Contro quella sentenza ricorrevano in appello gli avvocati dei condannati e i giudici di secondo grado, il 4 giugno 2007, pur non entrando nel merito delle violazioni del limite di legge per l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza e nel merito delle molestie e dei disturbi alla popolazione, stabilivano che a queste tipologie di reato non fosse applicabile l’articolo 675 del codice penale, cioè il getto pericoloso di cose. Quei giudici ritenevano anche che il reato fosse ormai prescritto.


Questa sentenza veniva quindi impugnata dinnanzi alla Corte di Cassazione dalla Procura Generale della Corte d’Appello e dalle parti civili. I supremi giudici, il 13 maggio 2008, annullavano la sentenza di secondo grado affermando che a quei reati era applicabile l’articolo 675 del codice penale, rinviavano gli atti ad altra Corte d’Appello per un nuovo giudizio e non riconoscevano l’avvenuta prescrizione del reato.


Il 14 ottobre 2009 i nuovi giudici di secondo grado confermavano la sentenza di condanna emessa dal giudice di prima istanza, ma affermavano che nel frattempo era maturata la prescrizione del reato e condannavano l’unico imputato in vita, il cardinale Tucci, al pagamento delle parti civili e delle spese processuali.


Contro questa nuova sentenza ricorrevano nuovamente in Cassazione i legali della Radio Vaticana pretendendo l’assoluzione del cardinale per non aver commesso il fatto. I supremi giudici di piazza Cavour, con la recente sentenza del 24 febbraio 2011, respingevano quel ricorso confermando l’avvenuta prescrizione del reato penale e ribadendo la condanna al pagamento delle parti civili e delle spese processuali.


Pur non essendo ancora pubblicata la motivazione della sentenza, la Cassazione ha quindi pienamente confermato quanto scritto nella sentenza del 14/10/2009, n. 6492, della Corte d’Appello, e cioè che


[...] sono stati superati limiti di esposizione e valori di attenzione di tutte le leggi speciali in materia. La circostanza è provata oltre che dalle misurazioni in atti, da cui emerge uno sforamento dei limiti oltre che dei valori di attenzione, ma anche dalla conoscenza dei fatti da parte della Santa Sede, tanto è vero che venne istituita nel luglio 2000 una commissione bilaterale fra la Santa sede e la Repubblica Italiana proprio per la soluzione dei problemi legati all'intensità delle emissioni elettromagnetiche della stazione Radio Vaticana. [...]


[…] sussiste anche il secondo requisito riportato dalla Suprema Corte [...] disturbi su apparecchi elettrici di uso comune connessi al funzionamento della Radio vaticana [...]. Per conseguenza non solo non essendo evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'abbia commesso o che il fatto non costituisca reato ma essendo provati tali fatti deve essere dichiarata la causa dell'estinzione del decorso del tempo nei confronti del TUCCI con la conseguente condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile come in dispositivo.



3. I reati di lesioni e di omicidio plurimi colposi: lo Studio Marconi


A seguito dell’apertura del procedimento indiziario per omicidio plurimo colposo e lesioni plurime colpose da parte della Procura di Roma, i procuratori Gianfranco Amendola e Stefano Pesci il 5 dicembre 2003 chiedevano al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), Zaira Secchi, l’apertura di un incidente probatorio mediante perizia tecnico-scientifica al fine di accertare l’esistenza del nesso fra emissioni elettromagnetiche della Radio Vaticana e del Quartiere Generale della Marina Militare di Santa Rosa e tumori emolinfopoietici. La richiesta era motivata dal fatto che la documentazione tecnica acquisita dai Procuratori nel corso delle indagini preliminari attraverso le consulenze tecniche da questi disposte (consulenza tecnica collegiale Comba, Crosignani, D’Angiolino, Licitra; consulenza tecnica Tarsitani, Osborn) e attraverso gli studi e i pareri facenti capo al ministero della Salute (rapporto Istisan 25/01 scaturito dal Gruppo di Studio istituito dal ministro della Salute Umberto Veronesi; parere dell’Istituto Superiore di Sanità sulla consulenza tecnica collegiale della Procura) e alla Regione Lazio (documento del Tavolo di Lavoro della Presidenza della Regione Lazio) e attraverso la relazione di P. Comba (ISS) riassuntiva dei diversi interventi sull’argomento, richiesta dai Procuratori della Repubblica, portavano a conclusioni non univoche.


Il 16 febbraio 2004 il GIP accoglieva la richiesta di incidente probatorio della Procura attraverso l’espletamento di una perizia tecnico-scientifica e, a causa della prevedibile complessità e del presumibile elevato costo, disponeva lo svolgimento di uno studio di fattibilità della perizia stessa nominando propri periti Andrea Micheli, epidemiologo dell’Istituto dei Tumori di Milano, Rosanna Supino, biologa del medesimo Istituto e Fernando Blasi, ingegnere elettromagnetico della Facoltà d’Ingegneria dell’Università La Sapienza. Nella prima udienza del 22 marzo 2004 alcune parti civili chiedevano ed ottenevano dal GIP la ricusazione di Fernando Blasi. Nella medesima udienza veniva nominato al suo posto Paolo Lampariello, ingegnere elettromagnetico, della stessa facoltà universitaria. Iniziava così l’indagine preliminare stabilita dal GIP che veniva battezzata “Studio Marconi”.


I legali degli indagati della Radio Vaticana si avvalevano della consulenza dei professori Sergio Amadori (ematologo, Università di Tor Vergata e presidente Società Italiana di Ematologia), Giuseppe Branca (bioingegnere, Università La Sapienza), Sergio Tiberti (epidemiologo, Università dell’Aquila), Bernard Veyret (biofisico, Università di Bordeaux ed esponente dell’ICNIRP) e Susanna Lagorio (epidemiologa, Istituto Superiore di Sanità).


La Procura della Repubblica si avvaleva della consulenza dell’epidemiologo Pietro Comba, dell’Istituto Superiore di Sanità. L’avvocatura dello Stato, che difende gli indagati del Centro Trasmissioni della Marina Militare (Maritele), si avvaleva della consulenza di ingegneri del CISAM di Pisa. Lo scrivente, ingegnere elettromagnetico, Livio Giuliani (fisico, ISPESL, oggi confluita nell’INAIL) e Settimio Grimaldi (biofisico, CNR) rappresentavano, su base assolutamente volontaria, alcune parti offese nel corso dello studio di fattibilità della perizia. Lo scrivente rappresentava, sempre su base volontaria, le stesse parti nel corso della successiva indagine epidemiologica.

I periti del GIP espletavano il loro mandato e depositavano la loro relazione tecnica il 18 gennaio 2005 in base alla quale il GIP, il 18 maggio 2005, stabiliva di doversi procedere


[…] ad incidente probatorio per l’espletamento di indagine epidemiologica avente ad oggetto: 1) la mortalità negli adulti e nei bambini per leucemia e per l’insieme dei tumori del sistema emolinfopoietico all’interno della zona a rischio, ovvero in un raggio di sei chilometri dalle antenne di “Radio Vaticana” e di “MariTele”, nonché all’interno della zona di confronto […] per il periodo dall’1.1.1990 al 31.12.2001; 2) l’incidenza delle leucemie infantili e delle altre patologie del sistema emolinfopoietico nei bambini all’interno delle due diverse aree individuate al precedente punto, con riferimento al periodo dall’1.11989 al 31.12.2005 (*).


L’indagine biologica e l’indagine elettromagnetica venivano giudicate non fattibili per motivi tecnici e di affidabilità dei risultati. Quest’ultima veniva considerata non perseguibile anche per gli elevati costi ed il lungo tempo che sarebbero stati necessari. Con incarico conferito il 31 luglio 2006 al perito epidemiologo Andrea Micheli (nel seguito CTU), veniva avviata l’indagine epidemiologica che manteneva il nome di Studio (o Perizia) Marconi. Il CTU costituiva un gruppo di lavoro formato da ricercatori epidemiologi e statistici dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma.

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(*) Zona di confronto: comuni di Anguillara Sabazia, Formello, Campagnano di Roma, Sacrofano, e zone del comune di Roma (Municipi XIX e XX) di Santa Maria di Galeria, La Storta, Cesano, Polline Martignano, La Giustiniana, Isola Farnese.


I responsabili indagati della Radio Vaticana, in questa seconda fase, si avvalevano della consulenza di Susanna Lagorio che veniva affiancata dall’oncologo Umberto Veronesi. Questi non ha mai partecipato alle riunioni periodiche indette dal CTU con i periti delle parti, né alle udienze a porte chiuse nelle aule del Tribunale di Roma alle quali potevano accedere anche i periti delle parti, ma ha firmato la relazione tecnica di parte con le controdeduzioni al documento della perizia del CTU.


Nel 2006 i responsabili indagati di Maritele richiedevano al GIP l’archiviazione dell’indagine preliminare. Il GIP respingeva l’istanza e stabiliva il termine di 24 mesi entro cui completare le indagini attraverso lo studio epidemiologico. Gli indagati ricorrevano alla Corte di Cassazione e questa, il 14 novembre 2006, respingeva il ricorso che era basato sulla durata dell’indagine e sulle attività in essa da espletare. Il 14 novembre 2006 la IV sezione penale della Corte di Cassazione respingeva il ricorso di Maritele.



4. L’indagine epidemiologica


Il 28 giugno 2010 veniva completata l’indagine epidemiologica con il deposito della “Perizia mediante indagine epidemiologica - Incidente probatorio del procedimento penale n. 33642/03, Milano, 25 giugno 2010, Perizia a cura del dott. Andrea Micheli - Incarico conferito il 31 luglio 2006 - GIP dott.ssa Zaira Secchi - Tribunale Penale di Roma” (*). La presentazione dei risultati avveniva nel corso delle ultime due udienze dell’incidente probatorio svoltesi il 16 ottobre ed il 13 novembre 2010. Alla fine di quest’ultima il GIP del Tribunale di Roma rimetteva gli atti alla Procura della Repubblica per le decisioni della pubblica accusa.


Il CTU del Tribunale afferma che i risultati dimostrano “un’associazione coerente, importante e significativa” di rischio di morte per leucemia o di rischio di ammalarsi di tumori emolinfopoietici per lunga esposizione residenziale alla Radio Vaticana fino a 12 chilometri di distanza da questa, e che


L’eccesso di rischio è clamorosamente alto. […] L’effetto è molto importante e non può essere dovuto al caso […] I risultati ottenuti sono assolutamente impressionanti. […] Non siamo stati in grado di trovare un fattore di causa diverso dalla Radio Vaticana. […] Non si può non pensare che lì sia successo qualcosa di importante per la vita di quelle persone, che non è spiegabile con altra causa che non siano le emissioni della Radio Vaticana. […] I risultati hanno a che fare con la dislocazione in cui queste persone hanno abitato nella loro vita e questi bambini hanno abitato nel loro periodo di vita. […] Livelli così elevati di rischio si riscontrano, nella letteratura scientifica, soltanto negli studi epidemiologici relativi alle zone che hanno subito gli effetti dell’esplosione di una bomba atomica.


L’indagine è stata svolta attivando tre studi:



Si è trattato di uno studio epidemiologico caso-controllo di popolazione. Sono stati censiti tutti i casi insorti (deceduti o malati) in un definito periodo ed in una definita popolazione e sono stati estratti con metodo casuale da quella popolazione soggetti in vita o liberi da malattia (controlli) di stesso sesso ed età del caso appaiato.



(*)http://download.repubblica.it/pdf/2010/perizia1.pdf




Si è indagato in “cieco” il passato dei soggetti in studio e si è investigato se i soggetti erano, con la loro residenza, più vicini alle emittenti rispetto ai soggetti di controllo.


I dati principali su cui si è basato lo Studio Marconi sono elencati nella seguente tabella.



Studio/Dati

M.1.1 – RV

M.1.2 – MT

I.1 – RV & MT

Caso/Controllo

105/105

96/96

39/78

Popolazione

102.820

124.959

26.630

Età

67 (4-89)

65 (6-90)

6 (0-14)

Periodo

1997-2003

1997-2003

1989-2005

Casi/Controlli

137/105

141/96

47/78

Casi in analisi

105

96

39


Tabella 1- Dati principali per lo Studio Marconi.



Per gli studi di mortalità sono stati analizzati 20 anni (meno per i più giovani) di storia abitativa individuale dei casi e dei controlli antecedente la data di decesso dei casi.


Per lo studio di incidenza è stata analizzata l’intera storia abitativa individuale dei casi e dei controlli antecedente la data di incidenza dei casi.


Nel progetto dello Studio Marconi è stato richiesto che i tre studi raggiungessero livelli importanti, coerenti e significativi di evidenza, stabilendo per M.1.1 ed M.1.2 un eccesso di rischio di morte pari almeno a 2 volte quello di riferimento ed un eccesso di rischio di malattia infantile pari almeno a 4 volte quello di riferimento per lo studio I.1.


Nello studio sono stati considerati i seguenti fattori confondenti:




5. I risultati della perizia per il Tribunale di Roma


Studio M.1.1: le evidenze suggeriscono una associazione coerente, importante e significativa tra rischio di morte per leucemia e per lunga esposizione residenziale cumulata a RV sino a 12 chilometri dall’emittente:


Studio M.1.2: non sono emerse evidenze che suggeriscono un’associazione tra rischio di morte per tumore emolinfopoietico ed esposizione residenziale a MT.


Studio I.1: le evidenze suggeriscono una coerente associazione tra rischio di ammalarsi per tumori emolinfopoietici ed esposizione residenziale sia a RV che a MT sino a 12 km dalle emittenti, importante e significativa solo per RV.



Lo studio di mortalità M1.1, che ha analizzato i decessi per tutte le età avvenuti negli anni dal 1997 al 2003 dovuti ai tumori del sistema emolinfopoietico, e che ha esaminato i 20 anni di storia abitativa antecedenti la data della morte, ha evidenziato, fino a 12 chilometri dalla Radio Vaticana, un fattore di rischio di morte per leucemia 4,9 volte superiore al valore atteso nell’area di rischio ed un fattore di rischio pari a 1,7 volte se si considerano tutte le patologie tumorali del sistema emolinfopoietico. Tale rischio sale rispettivamente a 6,6 volte e a 2,2 volte fra 6 e 12 km.

Lo studio di incidenza I.1, che ha analizzato i casi di tumori del sistema emolinfopoietico nei bambini da 0 a 14 anni avvenuti negli anni dal 1989 al 2005, e che ha esaminato l’intera storia abitativa individuale antecedente la data in cui si è manifestata la patologia, ha evidenziato, fino a 12 chilometri dalla Radio Vaticana, un fattore di rischio di ammalarsi di leucemie e linfomi da 4,1 a 4,7 volte superiore al valore atteso oltre i 12 km. di distanza. Il rischio sale fino a 6,9 volte se si considerano solo i bambini di età maggiore di un anno.


E’ stata infine derivata la stima dei casi attribuibili alle emissioni elettromagnetiche di Radio Vaticana.


In base ai risultati dello Studio M1.1 l’eccesso di rischio di morte per tutte le età associato ad esposizione residenziale a RV è stato stimato in circa 3 casi di leucemia per anno nei 7 anni di studio.


In base ai risultati dello Studio I.1 l’eccesso di rischio di malattia per le età tra 0-14 anni associato ad esposizione residenziale a RV è stato stimato in circa 1 caso di leucemia o linfoma per anno nei 17 anni di studio. MT può aver contribuito a quell’eccesso ma le evidenze non sono sufficienti per valutarne il ruolo.



6. La consapevolezza delle autorità vaticane


Le autorità vaticane sarebbero state consapevoli della pericolosità delle emissioni della Radio Vaticana, e ciò sarebbe dimostrato dal documento del Pontificium Collegium Germanicum et Hungaricum che, alla fine del 1987, rescisse unilateralmente i contratti di mezzadria e mandò via i coltivatori che lavoravano e risiedevano con le famiglie all’interno del sito, a seguito del “dirompente sviluppo e della dinamica estensione dell’attività della Stazione della Radio Vaticana […]” con l’installazione “di due grandi antenne rotanti ed una per le onde medie”, quest’ultima ”con quattro tralicci di impressionante intensità di trasmissione…”. Quel documento continua affermando che “In breve tempo sarà notevolmente aumentata anche l’intensità della Stazione Trasmittente installata in vicinanza del vostro casale…”, che “… le radiazioni emesse rendono pericolosa l’attività lavorativa… e che “… gli specialisti (della Radio Vaticana, ndr) raccomandano prudenza, vietano l’accesso a chi porta apparecchi speciali per il cuore …”.


Di quella pericolosità sarebbe data testimonianza anche nella Delibera Pontificia del 16 dicembre 1992, protocollo 225620, con cui la Direzione dei Servizi Sanitari del Governatorato dello Stato Vaticano, in collaborazione con la Direzione Generale della Radio Vaticana, stabiliva la delimitazione di comprensori definendoli “zone controllate” e, per i “lavoratori professionalmente esposti, tecnici, impiegati, agenti del corpo di vigilanza, lavoratori giornalieri e stagionali”, stabiliva “l’osservanza, oltreché della normativa antinfortunistica generale, delle misure organizzative contenute nella presente delibera e nelle ulteriori disposizioni che la Direzione dei Servizi sanitari dovesse emanare”, nonché norme di prevenzione, di tutela e di controllo della salute dei lavoratori e dei loro familiari residenti all’interno del sito mediante “iniziative periodiche di carattere igienico-sanitario su base volontaria e gratuita“, disponendo il trasferimento definitivo o temporaneo ad altra sede di quei dipendenti il cui stato di salute risultasse “inidoneo all’impiego nelle zone controllatea seguito delle visite mediche di controllo previste periodicamente nell’ambito della Medicina del Lavoro …”.



7. Il mancato riscatto morale e la totale chiusura al dialogo


A seguito della sentenza della Corte di Cassazione per “getto pericoloso di cose” del 24 febbraio 2011, dal massimo responsabile della Radio Vaticana, il direttore generale padre Federico Lombardi, portavoce di Papa Benedetto XVI, ci saremmo aspettati dei buoni propositi per un riscatto morale ed una presa di coscienza del fatto che nei tre gradi di giudizio è stato dimostrato e confermato che l’emittente della Santa Sede ha violato la legge italiana.

 

Al contrario, il giorno dopo, padre Lombardi si rammaricava per la sentenza della Cassazione ed evidenziava il fatto che anche la Procura Generale della suprema Corte aveva ritenuto infondati alcuni motivi del ricorso. 


Ma padre Lombardi, nel suo intervento, non evidenziava il fatto che il Procuratore Generale, nella sua arringa, avesse ribadito l’esistenza del reato penale e la reità dell’unico responsabile superstite ed avesse soltanto richiesto l’annullamento, con il conseguente rinvio ai giudici di secondo grado, della parte della sentenza della Corte d’Appello relativa alla rifusione dei danni alle parti civili e al pagamento delle spese processuali.    

 

Il direttore generale della Radio Vaticana riteneva poi ingiuste le accuse nei confronti dell’emittente pontificia, continuando a definire presunti, nonostante la sentenza definitiva, sia il superamento del limite di legge e sia i disturbi alla popolazione, adducendo a propria giustificazione il fatto che l’emittente si sarebbe sempre attenuta alle norme internazionali prima della introduzione della normativa italiana e si attiene a questa norma dopo il suo avvento.

 

Ma il gesuita non menzionava il fatto che la sentenza di primo grado emessa il 9 maggio 2005 dal Tribunale di Roma, confermata dalla Corte d’Appello il 12 ottobre 2009 e dalla Cassazione il 24 febbraio scorso, avesse accertato che il reato, per i fatti denunciati a quel tempo alla Procura della Repubblica dagli Enti istituzionali preposti ai controlli, si era protratto fino al 31 dicembre 2000, cioè oltre due anni dopo l’instaurazione della normativa italiana attraverso il decreto interministeriale n. 381 del 10 settembre del 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana n. 257 del 3 novembre 1998 e che, in ogni caso, nella Regione Lazio, prima di novembre 1998, fosse in vigore la legge regionale n. 56 del 11/9/1989.

 

Infine, padre Lombardi tentava ancora una volta di rassicurare la popolazione affermando che, essendo la normativa italiana molto restrittiva, non vi può essere nella popolazione stessa alcun motivo di preoccupazione, facendo riferimento ad un desiderio sempre esistito di collaborazione.

 

Al contrario, fin dall’inizio di questa lunghissima vicenda la Radio Vaticana ha sempre rifiutato ogni colloquio sia con i Cittadini, sia con le istituzioni locali. Non si può dimenticare il fatto che al tempo della prima campagna di misurazioni istituzionali del campo elettromagnetico intorno agli impianti radiofonici, eseguite nel 1999 sotto l’egida della Regione Lazio, alla quale partecipò lo scrivente come tecnico e come rappresentante del Coordinamento dei Comitati di Roma Nord, la Radio Vaticana rifiutò qualunque dialogo con la popolazione e con la Regione dichiarando che l’unico suo interlocutore poteva essere soltanto il Ministero degli Esteri.

 

E’ possibile ritenere che tutte queste argomentazioni del Vaticano siano soltanto un tentativo mal riuscito di cercare di sottrarsi alle proprie responsabilità, confondere l’opinione pubblica e poter così continuare ad operare come sempre ha fatto, noncurante della legge italiana e della vita dei Cittadini. I problemi causati ai Cittadini che vivono entro un raggio di 12 km sono soltanto Effetti Collaterali che possono essere sopportati dalla comunità dei residenti nell’interesse del servizio ecumenico che l’emittente della Santa Sede deve svolgere.

 

Tutto questo è inaccettabile perché è stato pagato, sulla base dei risultati dell’indagine epidemiologica, con tre nuovi morti all’anno di leucemia ed un nuovo caso di leucemia o linfoma infantile ogni anno nei rispettivi periodi di osservazione.



8. Gli obblighi cristiani di prendersi cura del creato, riconoscere l’offesa e chiedere perdono


Sorprendono le parole di Benedetto XVI contenute nel messaggio inviato il 9 marzo scorso al presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile in occasione dell’annuale Campagna di Fraternità della Chiesa del paese sudamericano:


Chi sa riconoscere – dice il Papa nel suo messaggio - nell’universo l’opera di Dio è portato ad avere più amore per tutte le creature e di fronte ai danni causati dall’egoismo dell’uomo occorre cambiare mentalità ed atteggiamento. Dio ha affidato all’uomo la sua creazione – continua il pontefice – non perché la domini ma perché la custodisca come un figlio prende cura del patrimonio lasciato dal padre”.


L'uomo sarà in grado di rispettare le creature – dice ancora il Papa – nella misura in cui coltiva nel suo spirito un senso pieno della vita; in caso contrario, sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto per l'ambiente in cui vive. Per questo, conclude il messaggio, la prima ecologia che deve essere promossa è l’ecologia umana”: cioè, “senza una chiara difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale … mai si potrà parlare di una vera difesa dell'ambiente”.


Sorprendono queste parole perché ormai da decenni l’emittente radiofonica pontificia non è in grado di rispettare il creato disprezzando ciò che le sta intorno, non soltanto non promuovendo l’ecologia dell’uomo ma anche non difendendo, anzi offendendo la vita umana.


Questa offesa è stata dimostrata dal procedimento giudiziario che ha visto la condanna definitiva della Radio Vaticana per inquinamento e per disturbi arrecati alla vita quotidiana dell’uomo e dallo studio epidemiologico che ha provato, a causa delle emissioni della radio vaticana nel nostro territorio, una impressionante maggiore mortalità per leucemie in tutte le età dell’uomo e un’eclatante maggiore incidenza di queste nell’infanzia.


Come è possibile che il Papa non abbia detto personalmente una sola parola su tutto questo? Padre Lombardi, oltre che essere il direttore generale dell’emittente è il portavoce del Pontefice e, a seguito della pubblicazione dei risultati dell’indagine epidemiologica si è dichiarato una volta sorpreso e l’altra rammaricato.


Ma è questo il vero pensiero di Benedetto XVI ? Tutto ciò appare in profondo contrasto con il forte messaggio del Papa ai vescovi del Brasile con cui chiede di difendere l’ambiente attraverso la difesa totale della vita umana.


Perché il Papa non interviene direttamente su questa vicenda smentendo la posizione del suo portavoce che non ha dato nessun segnale di cristiana accettazione di ciò che è stato sancito definitivamente dalla Giustizia umana e di ciò che è scaturito dalla ricerca scientifica ?


Perché Benedetto XVI non interviene per chiedere, al posto del Suo portavoce, il perdono cristiano a chi ha subito e subisce tutto questo ?


L’atteggiamento di sorpresa e di rammarico della Santa Sede poteva essere comprensibile, senza assolutamente condividerlo, fino ad un istante prima del verificarsi dei due eventi: la condanna definitiva e l’esito dell’indagine epidemiologica.

Non si comprende e non si condivide ancora di più oggi che si sarebbe fatta luce sulla causa e sui gravissimi effetti attraverso l’imparzialità della Giustizia e attraverso la rigorosità della conoscenza scientifica.



9. Conclusioni


I risultati dell’indagine epidemiologica rafforzano la grande indignazione nei confronti dei responsabili dell’emittente vaticana che continuano a stupirsi e a considerarsi estranei alle evidenze scientifiche, così come è grande l’indignazione nei confronti dello Stato italiano che continua a non far nulla per porre fine a questa grave situazione sanitaria che dura da decenni.


E’ invece da rilevare la situazione paradossale in cui si è venuto a trovare in questa grave vicenda l’oncologo Umberto Veronesi che, da una parte è tenace fautore della prevenzione delle malattie oncologiche (“occorre mangiare meno carne”), dall’altra è passato da Ministro della Salute (durante il cui mandato istituì il Gruppo di Studio Ministeriale che, con il Rapporto ISTISAN 25/2001 dell’Istituto Superiore di Sanità, contrastò duramente i risultati dei primi due studi epidemiologici condotti nel territorio limitrofo agli impianti della Radio Vaticana dall’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio e dall’Università di Firenze) a consulente tecnico del collegio di difesa dei responsabili dell’emittente della Santa Sede.


Alla luce di questi gravi eventi è sempre più inaccettabile il totale silenzio dei presidenti del XIX e del XX Municipio, del sindaco di Roma, del presidente della Provincia di Roma, della presidente della Regione Lazio, del ministro degli Esteri, del ministro dell’Ambiente e del ministro della Salute. Questi dovrebbero spiegare ai Cittadini perché non hanno ancora speso neanche una parola a seguito di quanto è stato accertato dall’Epidemiologia a Roma Nord e perché non hanno ancora preso alcun provvedimento affinché la Radio Vaticana venga messa in condizione di non nuocere mai più alla Comunità.


Tutto questo accade nel silenzio dei grandi mezzi di informazione. Molti giornalisti di tante testate giornalistiche nazionali continuano a cancellare, senza aprirla, la nostra posta elettronica contenente i nostri comunicati stampa sulla vicenda.


Ecco, infine, cosa chiedono i Cittadini alle istituzioni locali e nazionali:


1. l’immediata sospensione delle trasmissioni della Radio Vaticana e la sua delocalizzazione in un luogo in cui non possa accrescere il rischio di morte e di malattie per gli esseri umani, oppure l’abbandono totale di questa obsoleta tecnologia in favore della diffusione satellitare dei propri programmi radiofonici;

2. l’immediato blocco del rilascio di permessi di costruire nel territorio oggetto dell’ indagine;


3. l’istituzione nello stesso territorio di un controllo sanitario pubblico specifico di diagnosi delle patologie in esame attraverso cui indirizzare urgentemente gli ammalati nei centri clinici specializzati per la cura;


4. l’istituzione di un registro dei tumori nel territorio oggetto dell’indagine epidemiologica. Questo registro avrebbe consentito di includere nello Studio Marconi le patologie tumorali del sistema emolinfopoietico negli individui in vita di età superiore ai 14 anni che, a causa della sua mancanza, sono stati esclusi perché ritenute statisticamente incompleti i dati ottenuti attraverso le schede di dimissioni ospedaliere (SDO), il data base e le certificazioni mediche ottenibili dall’Azienda Sanitaria Locale e da altre possibili fonti parziali di dati sanitari.


Si esprime un grande apprezzamento per l’operato della Magistratura e per il lavoro del perito del Tribunale di Roma e del Team di ricerca che hanno consentito lo svolgimento di questo fondamentale studio scientifico che, oltre ad essere di assoluto interesse per le persone che sono state coinvolte e per quelle che potranno esserlo in futuro, rappresenta un primo grande atto di giustizia nei loro confronti e riveste un interesse universale nell’ambito della ricerca scientifica sugli effetti dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici a radiofrequenza.





Inserito: 11 aprile 2011; revisione: 29 aprile 2011

Scienza e Democrazia/Science and Democracy

www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem


*Presidente del Coordinamento dei Comitati di Roma Nord; Perito Tecnico di Parte volontario nel Procedimento Penale n. 33642/03 del Tribunale di Roma.

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