Ermenegildo Caccese
Lettera di Natale
[Riceviamo
e pubblichiamo questo testo di un collaboratore “storico” del progetto “Scienza
e Democrazia”. È un messaggio politico nel senso più ampio, sulla possibilità,
nell’attuale clima socio-politico, di creare spazi per un’azione collettiva
efficace. (NdC)]
Cari amici,
è difficile rimanere con l’animo sgombro e
trascorrere le feste lietamente. Il tempo che ci si dispiega avanti è fosco e
maledetto, peggiore forse di quello del periodo fascista. Con
l’occasione dell’aggressione a Berlusconi del 13
dicembre, la casta sta trovando la strada per compattarsi contro la libertà, i
cittadini e quel che resta del patto di rappresentanza rinnovato poco dopo la
seconda guerra mondiale. Essa, la casta, vuole mettere mano, senza il
nostro consenso, alla Costituzione. Possiamo immaginare quel che ne verrà fuori
solo a grandi linee: distruzione dell’indipendenza della magistratura,
privatizzazione di tutti i servizi, legge elettorale che blinda definitivamente
la politica separandola dai cittadini e da ogni possibile partecipazione,
privazione della libertà di espressione e del diritto
a protestare contro gli assalti peggiori che si preparano nei nostri confronti:
inquinamento, sottrazione delle risorse vitali (ad iniziare dall’acqua), mano
libera ad aziende e politici per la realizzazione di infrastrutture pesanti e
inutili, e quant’altro.
È
una sensazione orribile, quella che si prova oggi, e mi domando quanti la
provano come me, e chi siano costoro. La sensazione di oggi è peggiore di quella che provarono gli oppositori
del fascismo, al tempo dello scivolamento nel regime. Perché
allora esistevano un orizzonte e diverse vie d’uscita – non facilmente
praticabili, e non alla portata di tutti, ma esistevano perché esisteva ancora
un mondo non-fascista a cui fare appello. Quello stesso mondo che, poi, forzato
dagli eventi, mosse guerra. L’Europa fu sconvolta,
distrutta. Dai regimi e dalla guerra. Molti compresero a loro spese quanto era
costato dare il consenso al regime. Ma oggi tutto è
dimenticato.
E gli altri, oggi, le altre società civili europee, e
generalmente “occidentali”, nutrono entro sé altrettante “caste” che prendono
esempio dall’Italia. Forse non tutti i politici asserviti al sistema
capitalistico impazzito riusciranno nel loro intento, forse interverranno
eventi che oggi non sappiamo prevedere, ma comunque è
questa la strada che sta intraprendendo l’Occidente: distruggere se stesso,
distruggendo per primi quei gruppi di cittadini e quelle istituzioni che ancora
sono indipendenti dai consigli di amministrazione delle grandi (o meno grandi) corporation. Come
si può restare indifferenti a questo processo? Come si può
restare quieti di fronte all’arroganza della casta, e dei suoi padroni?
Come si può pensare alla cena di Natale, e a dove andremo a passare il
capodanno, mentre tutto ciò è in atto?
Dobbiamo forse
augurarci che il peggio si produca (una guerra, ulteriori
catastrofi climatiche, un tracollo dell’economia, o altro) perché una
maggioranza di cittadini – una maggioranza non politica ma civile – inizi a
comprendere dove ci stanno portando? E forse sarà
troppo tardi, allora, per fare qualsiasi cosa. Quando scoppia una guerra,
quando si precipita nell’indigenza, non c'è più scampo per nessuno...
Quando l’ecosistema globale si allontana dall’equilibrio esso scivola
fatalmente verso un nuovo equilibrio, del tutto imprevedibile e probabilmente
disumano. Perdonatemi, ma proprio non riesco, oggi, a formulare pensieri,
diciamo, natalizi. Lasciandomi andare alla metafora, sento che il Cielo sta per
ributtarci addosso tutto il male, tutta la merda che
abbiamo prodotto...
Dovremmo
fermarci un momento, per una riflessione natalizia. Dovremmo chiederci cosa
abbiamo fatto per impedire che ciò accadesse, o addirittura per contribuire a
questa caduta. Nel “noi” includo tutti coloro che sono
in qualche modo contro il processo attuale, e tutti coloro che appartengono
alla mia generazione (tra i 50 e i 60) e a quella precedente, che hanno vissuto
un momento di libertà per molti aspetti singolare ed irripetibile. Chi leggerà
questo mio pensierino di Natale, ovviamente, saprà bene qual è la sua
particolare collocazione, nel contesto del “noi” che
gli propongo.
Ebbene, che ha fatto, questo “noi” per restare
cosciente? Per non addormentarsi sulle certezze a cui fu indirizzato, e che gli
sembrarono delle verità? Il progresso, la scienza, il
benessere, la cultura, il senso della laicità, i servizi e la pensione
garantiti. Tutti questi presìdi, chiamiamoli
così, si sono trasformati in trappole per “noi” e per i nostri figli. Il loro
contenuto si è svuotato senza che “noi” se ne accorgesse,
o senza che volesse prendere sul serio le cose che accadevano. “Noi” è rimasto
a contemplare quel poco (pochissimo, se non nulla) che era riuscito a realizzare
per sé, e ora quel poco è la sua prigione. “Noi” oggi non è più in grado di
guardare la realtà senza il velo di certezze del tutto illusorie che guidarono
i suoi successi di allora. “Noi” si è rifugiato nello spazio detentivo del
“privato”, e non è nemmeno capace di comprendere il disastro a cui vanno
incontro i suoi figli. È svogliato e sonnacchioso, è un vecchio cadente prima
di aver raggiunto i sessant’anni, uno che ha perduto
il senso della civiltà, della cittadinanza, della solidarietà. Forse “noi” è il
miglior terreno su cui i delinquenti stanno costruendo il loro futuro.
Occorrerebbe
la forza di uscire dalle nostre prigioni, più o meno dorate. La
forza di rendere di nuovo aperto lo spazio. Occorre parlare con chi ci
sembra distante, con chi ci sembra sgomitare per una
briciola in più. Occorre interpretare la realtà senza aggrapparci alle nostre
verità, avere la forza di cercare un patto di rappresentanza, mettendosi in
gioco in prima persona. Occorre dire ancora NO al potere che striscia dovunque,
che blandisce chiunque. Occorre correre dei rischi. Ciascuno di noi ha forse
ancora la possibilità di non restare intrappolato sotto l’albero di Natale…
Pour un bon Noël.
Ermenegildo.