Jenner
Barretto Bastos Filho
Il controllo
democratico della scienza e della tecnologia:
una metodologia
necessaria
1. I convegni Scienza
e Democrazia
Questa è la quarta edizione
del convegno internazionale Scienza e Democrazia/Science and Democracy (SD).
Le tre edizioni precedente hanno svolto un ruolo di singolare importanza sia
per la ampiezza dei temi trattati e discussi, sia per l´atteggiamento politico
coraggioso dei suoi partecipanti davanti a una lotta contro mega poteri, sia
ancora per la profondità, consapevolezza ed atteggiamento etico dimostrato.
L'altra caratteristica rilevante dei convegni SD è la diversità di persone a
emettere pareri. Questa diversità va al di là della comunità accademica nel
senso ristretto del termine. Penso che anche per questa ragione i convegni SD
sono in grado di coinvolgere una comunità di intellettuali di ampio spettro
sempre aperta alla critica e così tutte le tre edizioni precedente sono state
specialmente singolare. Altri esempi di convegni che hanno privilegiato il
confronto fra le teorie rivali furono quelli coordinati da Franco Selleri
(Selleri, 1998) e da Michele Barone e Selleri (1994, 1995). A mio parere
questa caratteristica costituisce un upgrade nella qualità delle
discussioni e che sfortunatamente tanti altri convegni non presentano.
Il primo libro uscito nel
2003 (Mamone Capria, 2003) intitolato Scienza e Democrazia non è
semplicemente una raccolta dei contributi del primo convegno realizzato nei
giorni 20-21 aprile
Il secondo libro uscito nel
2006 (Mamone Capria, 2006) intitolato Scienze, Poteri e Democrazia va,
nel stesso senso del primo, al di là di una semplice raccolta dei contributi
presentati nel secondo convegno svolto dal 12 al 14 giugno 2003 anche in Napoli
e nella stessa sede del Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, il Palazzo
Serra di Cassano. Questo libro riunisce contributi che furono classificati
così: parte 1- Questione di conoscenza e poteri; parte 2- Fattori di rischio e
movimenti di cittadini; parte3- Il diritto di critica nella comunità
scientifica; parte 4- Storie della scienza.
La motivazione per
realizzare il secondo convegno è stata così giustificata da Mamone Capria:
La decisione di rinnovare
l'appuntamento è nata della consapevolezza che se i rapporti tra scienza e
democrazia si articolano in forme sempre nuove e pongono sempre nuovi problemi,
allora la riflessione su di essi deve affiancare tale varietà di manifestazioni
, anche prendendo atto periodicamente dello stato dell'arte su temi già
trattati. (Mamone Capria, 2006, p. 7)
Nella sua terza edizione il
convegno Scienza e Democrazia è stato svolto dal 20 al 22 di ottobre
2005, sempre in Napoli e nella stessa sede del Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici dove siano stati svolti gli altri due precedente convegni. La
motivazione per farlo è la stessa espressa sopra.
Siamo adesso arrivati alla
quarta edizione di Scienza e Democrazia. In questo saggio voglio
presentare, parzialmente con base in alcuni contributi degli altri tre
precedente convegni, diverse motivi per i quali il controllo democratico del
sviluppo scientifico e tecnologico deve ancora ogni volta di più stare a
portata di tutti che hanno responsabilità sociale.
2. Il problema
Il problema che vogliamo
trattare in questo lavoro può essere formulato molto generalmente attraverso la
seguente domanda: quale deve essere il
giusto atteggiamento dei cittadini per quanto riguarda l'importante problema
del controllo democratico della scienza e della tecnologia nelle società
democratiche ?
In primo luogo dobbiamo
dire che la parola “cittadini” è essenziale nella formulazione sopra nel senso
in cui questo spettro comprende gli scienziati, gli insegnanti, gli artisti, i
giornalisti e tutti gli altri che appartengono alla società civile. Nessun
controllo endogeno fatto da qualsiasi corporazione professionale sta al di
sopra ogni sospetto. L'affidabilità di qualsiasi controllo dipende dalla sua
pluralità, apertura alla critica, disponibilità a portare avanti la discussione,
e anche dall’assenza di conflitto di interessi.[1]
A questo riguardo possiamo
dire che nei convegni di Napoli abbiamo avuto diverse opportunità di discutere
la grande difficoltà di stabilire una demarcazione rigida fra “esperti”
e laici. Mamone Capria (2006a, p.156) scrive a proposito che «di esperti
(nel senso vero del termine) ne se trovano infatti sia tra i professionisti che
tra i non professionisti (che chiameremo laici)». Questo tema è stato
discusso da diverse angolature e anche al di là del senso ristretto del
controllo democratico della scienza, sia come paragone fra i dilettanti ed i
professionisti nel contesto della musica (Siminovich 2006), sia nella relazione
fra “pari” e “dispari” e anche della possibilità di autonomia delle persone
(Bastos Filho, 2003, 2005, 2006), sia come critica razionale delle scienze
(Mamone Capria, 2003a), sia come denuncia contro il conformismo che costituisce
la quasi assoluta mancanza di confronto genuino fra le idee (Rovito, Scherillo
2003; Viggiani, 2003) ecc. È interessante aggiungere a questo proposito
l'argomento di Henrique Cesar da Silva (Silva, 2006) secondo il quale la
divulgazione scientifica è una interlocuzione fondamentale anche per gli
scienziati perché essi sono laici nei temi nei quali non sono professionisti.
Questo significa che tutti sono al stesso tempo professionisti e laici, secondo
il tema in discussione.
In secondo luogo dobbiamo
dire che in un paese come il Brasile – e pensiamo che la situazione sia simile
in altri paesi dell'America Latina – il problema del controllo democratico della
S&T è normalmente concepito con serissime riserve ed addirittura con
ostilità. L'origine di queste riserve e di queste ostilità è il consenso
secondo cui la scienza, la tecnologia e l'educazione scientifica giocano un
ruolo di prominente importanza per quanto riguarda lo sviluppo di tutti i
paesi. A maggior ragione questo è vero per quanto riguarda i paesi in via di
sviluppo. Però, come da una premessa su cui esiste un consenso giusto si può trarre
una conclusione sbagliata, così si dice che criticare molto severamente le cose
cattive che esistono nell’establishment dominante della Big Science,
in medicina e in una scienza che diventa sempre più bellica e controllata dai
megapoteri, contribuirebbe ad allontanare i giovani dalle scienze e dalle
carriere scientifiche. L'altro argomento, collegato a questo e spesso divulgato,
è che questa cosa del controllo democratico della scienza e della tecnologia potrebbe
andare bene per i paesi sviluppati, ma non per noi che abbiamo bisogno di
svilupparci. Infatti abbiamo bisogno di scienza, di tecnologia e di insegnanti
di scienze nella scuola secondaria (principalmente di matematica e di fisica) e
questa carenza è abbastanza preoccupante. Questa preoccupazione è stata
espressa nella Agenda 21 brasiliana che ha scelto 6 assi tematici, fra i
quali Scienza e Tecnologia per lo sviluppo sostenibile. La nostra opinione è
che l'atteggiamento che consiste nell’evitare la critica alle cose cattive che
accadono nella scienza e nella tecnologia, allo scopo di non stimolare nei
giovani l'allontanamento dalla scienza ed addirittura presunte ostilità,
costituisce un grande errore. È come dire che l'inquinamento non sarebbe un
problema dei paesi in via di sviluppo ma solo dei paesi sviluppati. Invece tutti
noi sappiamo che, senz'altro, l'inquinamento esiste dappertutto ed è un
serissimo problema planetario. È come dire anche che le cose cattive che
accadono nel mondo della scienza non colpiscono noi dell’America Latina, mentre
di fatto ci colpiscono tutti, sia in America Latina sia in qualsiasi altra
parte del mondo. Anzi, spesso colpiscono ancora più severamente noi latinoamericani.
In terzo luogo dobbiamo
superare la barriera che consiste in considerare qualsiasi critica
all'Istituzione della Scienza come parte di un atteggiamento oscurantista. È
importante affermare che vogliamo criticare l'Istituzione della Scienza che è
diventata strumento di oppressione dei popoli e non
Lo scopo del presente
contributo è quello di studiare come possiamo contribuire ad aggirare gli
ostacoli serissimi che si interpongono all'esercizio del giusto controllo
democratico della scienza e della tecnologia.
3. Come formulare il
problema del controllo democratico della scienza? (un primo approccio a partire
del mio paese)
Il 31 gennaio del 2008
forse il più influente giornale brasiliano,
In maniera simile
l'editorialista critica Antony Garotinho e Rosinha Garotinho, entrambi ex
governatori dello Stato del Rio de Janeiro, per aver introdotto l'insegnamento
del creazionismo nelle scuole della rete statale locale quando essi hanno
governato quello Stato brasiliano. Marina Silva, Antony Garotinho e Rosinha
Garotinho sono evangelici.
A nostro avviso, il punto
più importante non è il pericolo di confusione fra le teorie scientifiche e
quelle religiose perché queste hanno criteri diversi di validità. Il punto che
consideriamo molto rilevante, e che passa sfortunatamente inosservato nell'argomentazione
dell'editorialista, è la sua attitudine di reverenza davanti alla scienza – o
più precisamente davanti all'Istituzione della Scienza – come se
questa fosse al di sopra ogni sospetto. In effetti, in un paese come il Brasile
dobbiamo incentivare la scienza in virtù del fondamentale ruolo svolto da
questa per lo sviluppo del paese e della formazione del personale qualificato. Ma
proprio per questo dobbiamo anzitutto incentivare la scienza creativa e
originale e non questa caricatura cognitiva che è diventata la carriera
scientifica dominata e manipolata dall’establishment dominante. La vera scienza
ha una importante dimensione di liberazione e di autonomia. Però l'istituzione
della scienza dominata da interessi spuri non ha necessariamente lo scopo
progressista che aveva ai tempi di Galileo.
Il Gruppo di Napoli
costituisce un necessario contrappunto a una situazione del genere. Questo
Gruppo non è costituito da detrattori della vera scienza. Proprio
al contrario, questo Gruppo difende alti principî etici ed epistemologici e
reagisce contro la venalità, la soppressione della verità e la nuova
inquisizione che hanno trasformato parte considerevole della scienza nello
strumento di guerra, profitto, mercato e sofferenze dei popoli. Il controllo
democratico della scienza diventa così assolutamente necessario e non deve
darsi soltanto all'interno delle comunità scientifiche. Questo controllo deve
essere realizzato anche per la società civile e a livello planetario. Ma non
vogliamo peccare di eccessiva e manichea ingenuità disconoscendo le compromissioni
degli scienziati con il potere politico e militare. Basta ricordarci (Baracca
2005) di Archimede e la difesa di Siracusa, dell'esecuzione di Lavoisier e
della partecipazione di Fritz Haber e Walter Nernst che hanno concepito gas
chimici che furono usati nella Prima Guerra Mondiale.
L'approccio manicheo delle
riviste specializzate, della stampa, e più generalmente dei mass media, è tale da
coltivare un atteggiamento di reverenza apologetica davanti alla scienza come
qualcosa fra il sacrosanto e l'ultima parola, e di conseguenza l'unico cammino
degno di essere percorso verso il progresso e la felicità dei popoli. Tutti gli
altri cammini sono considerati meno importanti oppure semplicemente
sbagliati. Risultante da questo lavaggio di cervello è l'espressione: “Questo è
stato provato scientificamente”, che mostra un atteggiamento cognitivo che
disconosce il fatto che le teorie scientifiche sono semplici congetture.
In questo contesto viene
preparata l’ideologia che identifica il paradigma scientifico dominante
come la necessaria espressione di verità.
4. Come formulare il problema del controllo democratico della scienza?
(esempio degli organismi geneticamente modificati)
Non è facile adottare una
formulazione giusta e precisa del problema del controllo democratico della
scienza e della tecnologia, sia per la controinformazione, proselitismo e
propaganda con cui siamo bombardati, sia per la nostra mancanza di
informazione, sia per l’atteggiamento manicheo quasi sempre presente, sia
ancora per la nostra propria deficienza di analisi. Per tutte queste ragione
dobbiamo sempre essere preparati a correggere i nostri stessi errori. Se siamo
d'accordo che la soppressione del dissenso e il rifiuto di rettifica degli
errori nella scienza sono, al stesso tempo, contrari ai principî
dell'etica (in quanto costituiscono una condotta moralmente cattiva) e
antiscientifici (in quanto dannosi alla conoscenza genuina), allora dobbiamo essere
preparati a correggere anche noi stessi.
Dobbiamo stare egualmente distanti
da due tipi d'atteggiamento: da un lato quello che adotta in maniera esageratamente
manichea la teoria della cospirazione, e dall’altro quello caratterizzato da
un’esagerata credulità.
Per quanto riguarda il
problema degli organismi geneticamente modificati (OGM) Stefano Dumontet ci
avverte di tutto questo di una maniera lucida e consapevole. Scrive:
Probabilmente il dibattito sugli
OGM è su una falsa strada. Chiamare in causa la scienza in questo dibattito è
assolutamente fuori luogo. La scienza, o per meglio dire la tecnologia
genetica, ha un ruolo del tutto secondario ed a volte assolutamente marginale.
E questo sia nel senso dell'autonomia della ricerca che in quello dell'autonomia
della sua funzione sociale. [Dumontet 2003, p. 396]
È molto giusto affermare
che porre il complesso problema degli OGM come una lotta di scienziati
progressisti che vogliano il progresso della scienza contro retrogradi e
dogmatici ambientalisti che non vogliano questo progresso è, di solito,
inserirsi in un falso problema. Infatti, come argomenta Dumontet, non saremo in
grado di capire l'essenza del problema se in maniera manichea il discorso per
esempio di Richard Dawkins (che fa l'apologia degli OGM) è semplicemente
contrapposto a quello del Principe Carlo d'Inghilterra (che critica severamente
gli OGM).
Per quanto riguarda gli
scienziati, le domande giuste e corrette sono proprio queste due: quella
dell'autonomia della ricerca e quella dell'autonomia della sua funzione
sociale. Dobbiamo dire che entrambe le domande hanno risposta negativa. Di
solito, gli scienziati non hanno autonomia nella scelta dei temi di ricerca a
causa della loro dipendenza dalle fonti di finanziamento e, a molto maggior
ragione, non hanno autonomia nelle scelte delle politiche pubbliche che
regolano la funzione sociale degli OGM. Ciò nonostante, gli scienziati
giocano un ruolo importante se non nel contesto decisionale, di certo nel
contesto della legittimazione. Non dobbiamo dimenticare che se le persone
possono assumere un atteggiamento di grandezza morale, possono ugualmente molto
bene assumere un atteggiamento di venalità e difendere interessi molto potenti.
Così la dimensione etica e
la dimensione politica sono entrambe irremovibili se pensiamo al controllo
democratico dei prodotti della scienza e della tecnologia. Penso di non
interpretare male il pensiero di Dumontet e di Giovanni Figliuolo (2006) se veri
e genuini problemi possono, per esempio, essere così formulati:
1.
Anche se gli
OGM fossero una tecnologia pulita e senza alcuna conseguenza per l'ambiente e
per la salute umana, sarebbe eticamente e politicamente sostenibile mantenere
gli agricoltori in uno stato di vassallaggio verso le grandi industrie sementiere?
2.
I semi
sterili non costituiscono una seria inversione di statuto ontologico in ragione
del fatto che il mercato e il profitto di pochi passano ad assumere un livello
più alto che il principio della vita?
3.
Il rischio di
inquinamento genetico può essere incontrollabile?
4.
A chi
veramente interessano gli OGM?
5.
Gli OMG sono necessari per sfamare la umanità?
A nostro avviso le risposte
giuste alle domande formulate sopra sono le seguenti:
1) un enfatico NO: lo stato
di vassallaggio sofferto dagli agricoltore non sarebbe giustificato nemmeno
se gli OGM fossero una tecnologia pulita, perché l'assolutismo genetico delle transnazionali
sarebbe incompatibile con la genuina democrazia;
2) la risposta è senza
dubbio un enfatico SÌ: infatti, questa inversione ontologica è inaccettabile;
considerare che un atteggiamento del genere è religioso non lo rende inferiore
al cinismo di quelli che vogliono privatizzare la vita; e se questa nostra scelta
è manichea, allora questo essere manichei è assolutamente necessario in questo
caso;
3) questo rischio, come è
stato discusso nei nostri convegni, è reale e presente e la risposte alla
domanda è SÌ;
4) interessano soltanto alle
transnazionali sementiere;
5) definitivamente NO, e
questo per diverse ragioni: gli OGM sono enormemente inquinanti, compromettono
la diversità biologica, ecc.
5. Come formulare il problema del controllo
democratico della scienza? (Cosmologia, Accademia, Aids, Geopolitica, ecc.)
Abbiamo bisogno di rivedere
la idea secondo cui l'Istituzione della Scienza pratica la libera ricerca della
verità e che, di conseguenza, nella competizione fra le teorie vince quella che
offre la spiegazione più ampia e migliore. I convegni Scienza &
Democrazia di Napoli hanno rivelato situazioni abbastanza diverse dall'idea
suddetta che è ampiamente divulgata e accettata. Vediamo qualche caso.
Irwin Bross denuncia la neo-alchimia
che è diventata la pratica dei “test clinici”. Lasciamo la parola a lui:
Oggigiorno, ciò che i mass media
chiamano “test clinici" sono spesso studi del tutto non controllati; sono
esempi di sperimentazioni umane non controllate fatte da dottori pagati dalle
multinazionali farmaceutiche – talvolta per mezzo di opzioni su pacchetti
azionari. Questo malcostume ha significato la morte o gravi lesioni per molte
migliaia di pazienti americani a causa degli effetti collaterali dei nuovi
farmaci, fortemente pubblicizzati e lucrosi – farmaci che sono più micidiali
delle pozioni degli antichi alchimisti. L'uso di pratiche così grossolanamente
non scientifiche 'in nome della scienza' ha fatto sì che molti cittadini
preoccupati si opponessero alle 'prove cliniche'. [Bross 2006, p. 52]
Per quanto riguarda la
ricerca sui danni da radiazioni Bross ha scritto:
La classe dirigente (establishment)
medica e scientifica Usa ha risposto ai diffusi allarme e preoccupazione
pubblici sui danni da radiazioni pubblicando lavori e libri consistenti in
ricerche fraudolente che appoggiavano la falsa dottrina del Pentagono. [Bross,
op. cit. p. 46]
È cosi allarmante che dei
circa 222.000 veterani atomici che hanno sofferto l’esposizione alle radiazioni
residuali a basso livello delle bombe di Hiroshima e Nagasaki 50.000 sono morti
in eccesso per cancro. Nondimeno, la dottrina fraudolenta del Pentagono sulla «innocuità»
delle radiazioni ionizzanti a basso livello fu accettata dalle classi dirigenti
scientifiche Usa, sovietica, inglese e francese.
Le conclusioni di Bross
(op. cit, pp. 60-61) sono devastanti. Lui collega la conquista delle
infrastrutture della scienza e della medicina statunitensi da parte del
Pentagono, alla frode scientifica, al commercialismo, alla frode nei
procedimenti elettorali da parte della dinastia Bush ed al programma egemonico
del Pentagono di dominare il mondo. La guerra all'Iraq è soltanto un aspetto di
questo programma.
È interessante collegare
tutto questo con la nuova geopolitica degli OGM. L'esempio dello Zambia è molto
istruttivo a questo riguardo. Lo scienziato zambiano Mwananyanda
Mbikusita-Lewanika ha scritto un lavoro sulla situazione degli ogm e la
reazione della società civile zambiana contro l'imposizione e la pressione statunitensi
perché lo Zambia accettasse gli OGM come aiuti alimentari. A tale scopo si è
scatenata una crudele campagna di diffamazione per squalificare i zambiani.
L'altro esempio molto
enfatico è la critica scientifica alla cosmologia del Big Bang fatta da Halton
Arp. Vediamo il ragionamento. Assumendo come fanno i fautori del Big Bang che
la misura dello spostamento verso il rosso della luce emessa dagli oggetti
astronomici è indicazione di distanza fra questi e noi, si arriva alla
conclusione secondo la quale le quasar stanno ai confini dell’universo. Il
principio esplicativo sottostante in questa spiegazione è l’effetto Doppler.
Però ci sono tantissimi casi dove si trovano quasar collegate a galassie
prossime. Questo fatto è di solito in contraddizione con il principio
esplicativo basato sull'effetto Doppler, perché gli spostamenti verso il rosso di
galassie e quasar collegate sono abbastanza diversi: se il principio
esplicativo fosse l'effetto Doppler, allora non potrebbero essere collegate.
Le contraddizioni si sono accumulate senza che quello che sarebbe un normale
confronto fra teorie si sia verificato.
Halton Arp offre una
spiegazione del rifiuto dogmatico di stabilire un confronto serio fra teorie
rivali. Scrive a proposito:
Potrei fare alcune annotazione
riassuntive: perché tutte le prove osservative sono state trascurate, quando
falsificano tutto ciò che si suppone noto in cosmologia extragalattica? Forse
il detto informale “Per fare cambiamenti straordinari si richiedono prove
straordinarie” in realtà significa “Per fare cambiamenti personalmente
svantaggiosi nessuna prova è abbastanza straordinaria”. [Arp 2006, pp. 82-83]
La cosa accade in una
maniera del tutto comparabile e analoga nelle scienze della salute: cambiare il
paradigma dominante significa cambiare il potere, e questo è ciò che non vogliono
quelli che detengono il potere. Possiamo vedere che una situazione simile
accade nel caso della polemica sulla causa della AIDS.
Il paradigma dominante
afferma la relazione di causalità fra AIDS e HIV invece che Peter Duesberg,
David Rasnick e tanti altri affermano che la causa più probabile è l'uso di
droghe iniettabili e inalabili, abuso di farmaci e fame endemica.
Ritornando a Arp, lui
conclude il suo saggio di una maniera del tutto brillante:
In una democrazia la verità
scientifica non dovrebbe essere votata da una élite autoselezionata [Arp, op.
cit. p. 84]
È proprio questa
autoselezione che deve essere criticata del punto di vista di una vera
democrazia. Infatti questa autoselezione costituisce una caratteristica
endogena che produce diverse distorsioni in virtù del fatto che, così procedendo,
questa élite diventa immunizzata a qualsiasi critica e di conseguenza rimane al
di sopra ogni sospetto. Nella posizione intoccabile di una superiorità da sé
stessa attribuita questa élite è pronta a mettere nei guai chi osa dissentire.
Nessun controllo endogeno è affidabile per se stesso, e così questa attitudine
di solito non è compatibile con la vera democrazia.
Vediamo il caso di Margot
O'Toole che ha denunciato una frode in un lavoro nel quale partecipavano Thereza
Imanishi-Kari, David Baltimore (Premio Nobel) ed altri scienziati.
La O'Toole ha cercato di controllare
l'autenticità dei risultati e ha scoperto che qualcosa non andava bene.
Insomma, hanno presentato risultati ricavati da un ipotetico esperimento che però
non avevano mai fatto, ossia, in altre parole, se trattava di un caso di frode
scientifica. La denuncia è stata fatta, investigata a lungo, però con enormi
interferenze politiche. La difesa di Baltimore ha tergiversato in diverse forme
come: (i) il tentativo di ridurre tutto il caso a una mera lite fra donne;
(ii) il tentativo di classificare il caso come dovuto a errore di
interpretazione e di falsi risultati e non come falsificazione; (iii) il
tentativo di classificare la falsificazione come attitudine non compresa nella
nozione di «cattiva condotta»; (iv) ll tentativo di classificare la famiglia
O'Toole come tradizionalmente di sinistra e per conseguenza come contestatrice,
e cosi via.
Margot O'Toole ha insistito
che non si trattava affatto di errore di interpretazione e neanche di
falsi risultati – cosa che è abbastanza comune nella scienza ed in altri campi
della conoscenza e che, fosse stato questo il caso, evidentemente non avrebbe costituito
una frode –, ma che si trattava di qualcosa di doloso, ossia, una falsificazione
intenzionale consistente nel presentare e pubblicare risultati che non erano
mai stati ottenuti. Baltimore contava su una difesa politica di grande potere
costituita dall’establishment della Yale University.
Lo storico della scienza
David Kevles ha scritto un libro in cui difendeva Baltimore. L'establishment
dominante di Yale ha considerato il libro «eccellente» e ha invitato David
Kevles a assumere una cattedra sul dipartimento di Storia della Università de
Yale. Il grande matematico Serge Lange (1927-2005), che aveva scritto un
voluminoso e molto ben documentato libro nel quale includeva il caso Baltimore,
e che aveva un parere del tutto diverso da quello di Kevles, ha protestato con
veemenza contro questa doppia indegnità che consisteva nel nascondere la frode
e per di più premiare chi la difende con l’offerta di una cattedra in una
prestigiosa università.
Relazioni spurie fra
comunità scientifica di Yale e i poteri delle industrie farmaceutiche possono
essere capite se teniamo conto di un farmaco che fa parte del cocktail
antiretrovirale, chiamato stavudina – inventato da William Prusoff, un antico
professore di Yale – commercializzato con il nome di Zerit dalla transnazionale
farmaceutica Bristol-Myers-Squibb. Questo farmaco dà un profitto di 600.000.000
di dollari l’anno, e di questi 40.000.000 all’anno sono ripassati a Yale. Il
farmaco ha pesanti effetti collaterali (compresa la morte!), e Prusoff ha
dichiarato che questa situazione lo fa sentire male – ma ha anche aggiunto che
qualsiasi farmaco è in effetti un veleno.
L'altro esempio che coinvolge relazioni
spurie fra il complesso militare-industriale e l'accademia negli Stati
Uniti è quello del politologo Samuel Huntington che è una figura
molto influente nell’establishment statunitense. Huntington è consulente
per il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e per
Huntington è lo stesso autore che difende la tesi
secondo la quale i prossimi conflitti mondiali non saranno più di natura
economica e neanche di natura ideologica. I conflitti mondiali del futuro
saranno, secondo lui, fra civiltà. La sua speculazione è che il futuro
sarà giocato da 7 oppure da 8 civiltà, che sono: la occidentale, la
confuciana, la giapponese, l’islamica, l’indiana, la slavo-ortodossa, la
latino-americana e possibilmente l’africana.
Come si vede, il politologo del Pentagono esclude
l'America Latina dall’Occidente, nonostante il fatto che le lingue che
sono parlate in questa regione sono europee ed appunto occidentali. Espulsa dall’Occidente
è ugualmente la Russia, che secondo lui va considerata parte della civiltà slavo-ortodossa.
Considera inoltre che questa civiltà è una singolarità inconciliabile con
quello che lui chiama Occidente. Ovviamente non si tratta di una divisione
geografica ma di una divisione nettamente geopolitica. I suoi esempi rivelano
senz'altro le sue intenzioni. Ad esempio cita il Messico come un elemento di
tensione fra l'America Latina e la Civiltà Statunitense (questa sì, secondo lui, occidentale)
e la Turchia, che oscilla fra la rivendicazione di essere membro a tutti gli
effetti della comunità europea da un lato e la sua tradizione islamica dall’altro.
Come possiamo osservare, Huntington ragiona in
termini di conflitti e non di dialogo costruttivo fra i popoli. Questa è
senz'altro la ideologia dell'imperialismo. È interessante notare che
l'occidente di Huntington coincide con quello che Popper chiama la Comunità
Atlantica, ossia il Primo Mondo ricco e prospero. A questo riguardo è
anche interessante consultare Domenico Losurdo che ha argomentato come le
frontiere dell'Europa sono più geopolitiche che geografiche. Secondo
l’interesse in gioco, la Russia può o non appartenere all'Occidente.
6. Parole finali a titolo di conclusione
Nel mondo della scienza come nel mondo della
politica o in qualsiasi mondo in cui operano gli umani, ci sono ostruzioni,
insabbiamenti, soppressione della verità, persecuzione contro quelli che
dissentono dal potere dominante, menzogne, distorsioni, diffamazione e cosi
via. Ma questo non significa che gli alti principî etici ed epistemologici non
devono essere ricercati. Il nostro dovere è cercare questi alti principî
e il Gruppo di Napoli senz'altro cerca di farlo.
Se cerchiamo di rispondere alla questione del
metodo nel senso greco originale della parola, dobbiamo fare attenzione che
metodo significa cammino e cosi la questione metodologica centrale è come
procedere davanti a situazioni enormemente complesse. Di solito i cammini sono
diversi, e una discussione aperta, consapevole e coraggiosa costituisce una
buona metodologia, anche se è incompleta. Una cosa che possiamo affermare senza
paura di sbagliare tantissimo è che questo complesso controllo non può essere
esaurito all'interno delle comunità scientifiche, non soltanto perché se così fosse
sarebbe endogeno e pieno di vicissitudini. Questa essenziale incompletezza ha
la sua principale origine nel fatto che le ragioni trascendono molto l’ambito ristretto
della scienza. Facciamo attenzione al caso degli organismi geneticamente
modificati. Proprio perché è una questione dove gli scienziati non sono meglio
preparati dei non scienziati, per ottenere la soluzione più ragionevole è necessario
non ridurre questo problema all'interno della scienza. Stefano Dumontet ha
mostrato brillantemente che gli scienziati non hanno autonomia, né nella scelta
dei temi né nella funzione sociale.
Dire la verità, parlare con sincerità e serietà, è
una buona metodologia, ma le conseguenze possono essere onerose. In questo
senso i professionisti e i non professionisti (laici) possono essere entrambe
esperti oppure no. La demarcazione importante non è fra professionista o non
professionista. Molto più importante è essere esperto nel senso della saggezza.
Per questa ragione il controllo democratico della scienza e della tecnologia
dev'essere fatto da tutti e a livello planetario. Si tratta di una
questione etica e politica.
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Inserito: 2
aprile 2008
Scienza e Democrazia/Science and Democracy
[1] «Quando [il governo e la classe dirigente medica e scientifica] dicono che
qualcosa è sicuro o buono per te, ciò che questo significa veramente è che è
sicuro e buono per loro. A loro non importa quello che succede a te [...]. Se
c'è qualcuno che proteggerà la tua vita e sicurezza, quel qualcuno non potrai
essere che tu» (Irwin Bross, epigrafe in Mamone Capria 2006, p. 151).