Giovanna Silvestri°

I disturbi dello spettro autistico: il dibattito sulle cause

 

°Dirigente Medico U.O. Riabilitazione del DS 46 dell’ASL NA1

I disturbi dello spettro autistico (DSA) rappresentano oggi, per gravità e diffusione, una vera e propria emergenza sanitaria. A più di sessanta anni dalla loro definizione (Kanner, 1943), queste condizioni cliniche si caratterizzano tuttora per l'incertezza sul piano nosografico, clinico, fisiopatologico ed epidemiologico.

In questa relazione ci soffermeremo soprattutto sugli aspetti epidemiologici, con l’intento di contribuire alla discussione sulle cause dell'autismo.

Mentre lo sforzo di uniformare gli approcci diagnostici e terapeutici ha dato luogo, anche in Italia, all'emanazione di linee guida sui DSA, in parte superando le divergenze culturali tra i diversi orientamenti abilitativi (per esempio tra approccio relazionale e comportamentista), il dibattito sulle cause, dopo una fase molto accesa, attraversa oggi una fase di stallo.

Lungi dall'aver definito il ruolo dei fattori genetici rispetto a quelli ambientali, gli esperti tendono oggi ad enfatizzare il primo, ipotizzando, una generica vulnerabilità degli autistici a circostanze che possono interferire con lo sviluppo patologico del SNC. Pur essendo i dati disponibili del tutto preliminari e tra loro eterogenei, e pur prevalendo gli indizi a favore di un’etiologia esterna, è questo filone di ricerca ad assorbire la maggior parte dei finanziamenti.

La comunità scientifica ha letteralmente accantonato le prove a sostegno del determinismo di fattori esterni, che sono rappresentati essenzialmente dai vaccini, in particolare un loro costituente a base di mercurio -il thimerosal- presente ad esempio nel vaccino trivalente DTP.

La potenziale tossicità del thimerosal per l'organismo, ed in particolare per il sistema nervoso centrale, è stata sancita dall'Environmental Protection Agency (EPA), la più autorevole istituzione scientifica americana nel campo della tossicologica ambientale. Nel 1997, sulla base di ulteriori evidenze accumulatesi, quest’organismo ha ridefinito la soglia di pericolosità di questo composto, la cui concentrazione nei vaccini risultò pertanto ampiamente al di sopra dei limiti di sicurezza.

A fronte di tale indicazione, anziché procedere all'ovvia applicazione del principio di precauzione, la Food and Drug Administration (FDA) e l’American Pediatrics Association (APA) hanno assunto un atteggiamento ambivalente e attendista, confortati da una generica valutazione, da parte dell'OMS, dei potenziali rischi derivanti dalla sospensione della pratica delle vaccinazioni (rapporto costi/benefici) e limitandosi a vaghe raccomandazioni quali l'utilizzo, ove possibile, di vaccini privi di thimerosal, e l'abbandono del suo impiego nel più breve tempo possibile.

E' evidente, e dunque a dir poco sconcertante, il ricorso ad un argomento estraneo alla questione, che non metteva in discussione la pratica della vaccinazione tout court, ma l’impiego di formulazioni a base di mercurio, essendo già disponibili in commercio vaccini senza thimerosal.

Peraltro, non disponendo di dati definitivi sulla frequenza (in termini d'incidenza e/o prevalenza) dei DSA, non era possibile valutare con precisione il rapporto costi/benefici associato alla vaccinazione, senza contare poi che, per molte malattie, il rischio può ritenersi teorico almeno nel primo anno di vita; sarebbe stato dunque sufficiente posticipare il calendario vaccinale di qualche mese, per consentire il completamento delle principali tappe dello sviluppo del SNC.

La posizione assunta dall’FDA e L’APA ha così generato una disparità di comportamenti tra i diversi paesi occidentali: a tutt'oggi l'uso del thimerosal è consentito in alcuni paesi tra cui l'Italia e, in generale, nel vaccino antinfluenzale, scelta che non appare giustificabile sulla base di alcun ragionamento scientifico.

In tale lasso di tempo la comunità scientifica si era assunta comunque l'impegno di chiarire definitivamente il ruolo del thimerosal, attraverso studi mirati a valutarne l’associazione statistica con i DSA, per confermare od escludere la relazione suggerita dai restanti criteri dell'epidemiologia classica (criteri di Bradford-Hill).

I principali argomenti che fanno del thimerosal un candidato al determinismo dei DSA sono i seguenti:

  1. esso contiene mercurio, metallo di cui è nota da tempo la potenziale tossicità per l'organismo ed in particolare per il SNC;
  2. la sintomatologia dei DSA presenta impressionanti analogie con i quadri di intossicazione da mercurio sia inorganico che organico [Bernard];
  3. i DSA si manifestano nella maggior parte dei casi dopo la nascita e intorno a un anno di vita, in stretta relazione temporale con le vaccinazioni [Wakefield];
  4. in molti casi l'esordio clinico assume il carattere di una regressione;
  5. la variabilità della fenomenologia è scarsamente compatibile con un'etiologia genetica, mentre potrebbe spiegarsi con una relazione dose-effetto, tipica delle malattie determinate da fattori ambientali;
  6. il trend dei DSA sembra parallelo al diffondersi, nella popolazione pediatrica, della pratica delle vaccinazioni,
  7. vi è inoltre analogia tra l'autismo ed alcune condizioni psichiatriche e neurologiche (ad es. la malattia di Alzheimer), per le quali oggi si sospetta l'associazione con i metalli, in particolare il mercurio e l'alluminio.

Alcuni di questi argomenti sono stati semplicemente ignorati dalla comunità scientifica (punti 2, 5 e 7), mentre gli altri sono stati messi in discussione.

Ad esempio, la natura apparentemente acquisita dei DSA si giustificherebbe proprio con la loro complessità, che determinerebbe una difficoltà oggettiva ad evidenziare, nei primi mesi di vita, un deficit che investe funzioni complesse come il linguaggio e il comportamento. A tale ragionamento si oppone tuttavia l'esistenza di sindromi genetiche ben definite, che si manifestano molto precocemente con tratti simil-autistici.

Per quanto riguarda poi l'andamento temporale dei DSA, che ha registrato negli ultimi tre decenni un significativo e costante aumento, gli esperti sono inclini a considerarlo solo apparente, effetto cioè dell'affinarsi dell’iter diagnostico. In realtà è solo a partire dagli anni ’90 che si assiste a tale processo: la revisione dei criteri diagnostici nel 1995 ed il progressivo miglioramento della rete di servizi hanno da un lato ampliato la definizione di caso, includendo anche le forme meno gravi, dall’altro consentito un’anticipazione dell'età della diagnosi. In ogni caso, anche tenendo conto della maggiore probabilità oggi di porre diagnosi di DSA, resta da spiegare come mai una condizione così grave e caratteristica come l’autismo fosse praticamente sconosciuta fino agli anni ’40.

Gli unici argomenti apparentemente solidi a sostegno dell'ipotesi genetica sono rappresentati dal diverso peso della malattia nei due sessi e dalla discrepanza tra la proporzione di bambini autistici e quelli vaccinati.

In merito al primo punto, l’autismo sembra nettamente prevalere nel sesso maschile più delle femmine (3.5:1). Tuttavia la maggiore gravità con cui i DSA colpiscono le femmine fa sospettare un ruolo, anche parziale, delle differenze funzionali del cervello tra i due sessi.

Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, una maggiore capacità, da parte delle donne, di compensare un danno di modica entità al SNC, a causa della minore specializzazione delle diverse aree cerebrali.

Per quanto riguarda poi il divario tra incidenza di autismo e tasso di copertura vaccinale, esso richiede un commento generale. Come è noto, da qualche decennio si è affermata l'idea che, anche nel determinismo delle malattie acquisite siano implicati, in misura variabile, fattori di natura genetica, riassumibili nella cosiddetta suscettibilità individuale.

Il modello patogenetico basato sul monocausalismo lineare è stato pertanto superato da una concezione più complessa, imperniata sul concetto di rete di causazione (causation web), nella quale sono coinvolti diversi fattori, uno dei quali può assumere un ruolo principale.

Il thimerosal potrebbe perciò rappresentare un fattore necessario ma non sufficiente ad innescare l'autismo.

La vulnerabilità a cui si riferiscono gli esperti potrebbe essere legata ad una diversa suscettibilità al mercurio, ma sarebbe opportuno approfondire anche l'eventuale ruolo delle altre caratteristiche del vaccino: ad es. l’eventuale tropismo per il SNC (come nel caso dell'antipertosse), la dose di alluminio ricevuta, legata al numero di vaccini somministrati etc.

Oltre all'eventuale esposizione pregressa della madre al mercurio, altri metalli o sostanze tossiche per il SNC, sono stati chiamati in causa fattori materni e perinatali, come la sofferenza fetale, la carenza di alcuni oligoelementi importanti per lo sviluppo del SNC, l'uso di elevate dosi di ossitocina per l'induzione del parto, il parto cesareo etc.

Dopo la nascita potrebbe invece avere influenza il regime dietetico, sia per l’apporto in alcuni micronutrienti sia per un’eventuale intolleranza alle proteine del latte vaccino e/o al glutine.

La relativa efficacia di una dieta senza glutine nel migliorare la sintomatologia è tanto più significativa in quanto i DSA presentano numerosi tratti in comune con la celiachia, altra condizione patologica venuta alla ribalta negli ultimi decenni e per la quale la ricerca di cause genetiche è stata finora elusiva.

Fatte queste riflessioni, passeremo brevemente in rassegna i principali studi pubblicati con l’intento di indagare la relazione causale tra thimerosal e autismo.

Tra gli studi favorevoli al coinvolgimento del thimerosal, ve n'è uno condotto nel 2001 negli USA dal CDC assieme a due istituzioni di sanità pubblica. Curiosamente, i risultati di quest’indagine non vennero pubblicati e ad essa seguì poi un'ulteriore studio che sembra aver smentito l’associazione precedentemente rilevata.

Vi sono poi lo studio di Wakefield, pubblicato su The Lancet, che dopo l'iniziale clamore suscitato anche per aver fornito un substrato anatomopatologico ed immunologico all’autismo, è stato successivamente messo in discussione per un presunto conflitto d'interesse dell'autore, essendo egli un consulente di un'associazione di genitori di bambini autistici. Ma ciò, anziché indurre a rigorose verifiche della sua validità, ha provocato solo una levata di scudi della comunità scientifica. Infine vi sono gli studi di Geier, che hanno messo in evidenza un importante rischio di contrarre l'autismo nei bambini vaccinati con thimerosal -di circa 6 volte superiore rispetto al gruppo di soggetti non esposti.

Pur essendo lo studio affetto da alcuni problemi metodologici, trattandosi di un grosso campione, è difficile ipotizzare che un'associazione così consistente possa essere interamente riconducibile ad errori nel disegno o nell’analisi dei dati.

Ad esempio, viene criticata la scelta di utilizzare come fonte di dati per generare la coorte il VAERS, il sistema di sorveglianza degli effetti avversi da vaccini in vigore in USA, in quanto gli SDA non figurano tra gli eventi rilevati attivamente da questo sistema, fatto che potrebbe aver selezionato i soggetti che avevano un pregiudizio negativo nei confronti del thimerosal (tant'è che hanno vaccinato i propri figli!). In realtà, nel caso di un'associazione positiva, è presumibile una perdita di informazione importante relativa a quei casi che non sono stati intercettati dal VAERS. Occorrerebbe perciò innanzitutto verificare la congruenza tra i casi di DSA registrati nel VAERS e le stime di prevalenza del DSA relative alla popolazione da cui è stato estratto il campione.

Gli studi che negano un ruolo causale del thimerosal sono essenzialmente cinque. Tre di questi studi vedono coinvolti autori danesi; due di essi si riferiscono agli stessi dati, e due coinvolgono ricercatori dello State Serum Institut, un'istituzione statale che in Danimarca ha il monopolio della produzione di vaccini. Benché non si possa parlare di conflitto d’interesse in senso stretto, ciò può avere senz’altro influenzato l’opinione degli autori.

Il primo studio è basato sul confronto tra l'incidenza di DSA nei bambini esposti al thimerosal (nati tra il 1990 ed il 1991) e l'incidenza degli stessi disturbi nei bambini vaccinati senza mercurio. Per ciascun gruppo l'incidenza è stata calcolata sugli anni-persona.

Il calcolo degli anni-persona, che costituisce il denominatore dei casi, è un metodo che tiene conto del contributo di ciascun soggetto al periodo di osservazione (esso si ottiene dalla sommatoria dei prodotti ottenuti moltiplicando il numero di eventi per gli anni di osservazione relativi a ogni unità del campione). Tale contributo cessa quando il soggetto si ammala, muore, sfugge all’osservazione per qualsiasi motivo (i cosiddetti "persi") e naturalmente quando si conclude il periodo di osservazione.

Il numero degli anni-persona è solo leggermente inferiore nel gruppo degli esposti. Poiché si ha ragione di ritenere che il tasso di copertura vaccinale si sia mantenuto costante nel tempo, essendo in Danimarca superiore al 90% già nel 1979, al denominatore del primo gruppo contribuiscono pertanto di più gli anni di osservazione. Come spiegare questo dato? Nel periodo di osservazione si sono modificati i criteri di diagnosi, per effetto della revisione effettuata nel 1994. Inoltre, a partire dal 1995, sono stati inclusi nel registro nazionale dei disturbi psichiatrici i casi non transitati per gli ospedali. La combinazione di questi due fattori ha consentito dunque, dopo quell’epoca, di rilevare più precocemente e con maggior precisione ed accuratezza i DSA.

In definitiva, nel primo gruppo, la diagnosi di DSA è stata mediamente più tardiva e può aver escluso una quota significativa di forme meno gravi, diluendo perciò l'associazione con il thimerosal. Poiché in Danimarca già a partire dagli anni ‘70 e, successivamente, dopo la metà degli anni ’80, la dose di thimerosal assunta con il vaccino antipertosse si è sensibilmente ridotta, è presumibile che si sia parallelamente ridimensionata la percentuale delle forme più gravi rispetto a quelle più lievi.

Nell’altro studio danese, meno robusto -si tratta di uno studio ecologico- viene valutata la correlazione tra incidenza di DSA e thimerosal, in un campione di bambini nati tra il 1971 ed il 2000 con una diagnosi di autismo effettuata entro i dieci anni di vita. I limiti dello studio sono analoghi a quelli descritti per lo studio precedente: gli stessi autori riconoscono che, aumentando la sensibilità del sistema di sorveglianza dei DSA, l'inclusione successiva dei casi meno gravi può aver determinato un apparente incremento dell'incidenza e l’esclusione dei casi diagnosticati dopo i dieci anni può aver un impatto significativo sul sottogruppo dei bambini nati prima del 1985, che hanno ricevuto una dose di mercurio maggiore anche all’interno della coorte di esposti. Peraltro gli autori non riportano i dati di incidenza nella classe di età tra 8 e 10 anni, che costituiscono, per i primi anni, la coda dell’esposizione più massiccia al mercurio, verificatasi prima del 1971.

Uno studio giapponese ha valutato l’associazione tra DSA e i livelli di mercurio nell’organismo dei bambini autistici. Tale studio è affetto da un grossolano errore (bias) di classificazione dell’esposizione, poiché, indipendentemente dall’ipotesi che negli autistici vi sia un deficit dei sistemi di escrezione del mercurio, un dosaggio del mercurio può fornire informazioni solo se effettuato a breve distanza temporale dalla vaccinazione.

Infine vi è uno studio britannico che ha valutato la relazione tra la dose di thimerosal assunta nei primi sei mesi di vita e l’insorgenza di eventi neuropsichiatrici in una coorte di bambini nati tra il 1988 ed il 1997, con un follow-up di almeno due anni.

I dati sull’esposizione e la diagnosi sono ricavati dall’archivio dei medici di base, il GPRD. Per la definizione dell’esposizione gli autori hanno utilizzato un’unità di misura convenzionale, che tiene conto dei momenti specifici dell’assunzione (età alla 1a, 2a e 3a dose).

Un primo problema riguarda la composizione della coorte, poiché il gruppo di controllo non è ben definito. Poiché gli stessi autori riferiscono che circa il 96% dei bambini ha ricevuto tre dosi di vaccino, la percentuale dei non esposti è probabilmente poco significativa. Inoltre il metodo di calcolo adottato non tiene completamente conto delle modifiche apportate al calendario vaccinale dopo il 1990: i bambini che hanno praticato la terza dose di vaccino dopo i sei mesi d’età, in buona parte costituiti dalla coorte di nati prima del 1990, vengono equiparati a quelli che non hanno mai completato il ciclo.

Gli autori hanno poi escluso dall’analisi i bambini per i quali si era verificato, nei primi sei mesi, uno degli eventi in studio o altri outcomes selezionati, tra cui la meningite e l’encefalite, nonché i bambini vaccinati anche contro l’epatite B o l’influenza, che possono contenere thimerosal.

È evidente che tali criteri possono aver determinato una distorsione delle stime di rischio, inducendo ad una sottovalutazione della relazione indagata. Infine, come per gli altri studi, rimane imprecisato il ruolo del modificarsi dei criteri di diagnosi durante il periodo di osservazione.

In sintesi, sulla base degli studi sinora pubblicati, non è possibile escludere l’esistenza di una relazione causale tra il thimerosal e i DSA, e occorrerebbe valutare quale seriamente se ad orientare la discussione non siano state ragioni estranee al dibattito scientifico, ed in particolare il cospicuo interesse economico delle multinazionali produttrici di vaccini.

 

 

Inserito: 19 ottobre 2005

Scienza e Democrazia/Science and Democracy

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