ANGELO BARACCA

La nuova fase della proliferazione nucleare

 

Ho argomentato altre volte la gravità dei rischi di guerra nucleare. I trattati degli anni ’90 - di riduzione quantitativa delle armi strategiche (Start) e messa al bando dei test nucleari (Ctbt), e la proroga quinquennale del Tnp - hanno costituito il culmine di una fase della proliferazione e del rischio nucleare: ma si è aperta una fase radicalmente nuova, che non ricade nei limiti di quei trattati.

La visione attuale della proliferazione mostra almeno tre contraddizioni.

Da un lato, i presunti rischi sembrano venire dall’Iran o della Corea del Nord: gli arsenali dell’India (50-100 testate) e del Pakistan (25-50) in soli sei anni sembrano entrati nel senso comune, per non parlare di quello super-moderno di Israele, una vergogna internazionale che tutti i paesi coprono.

D’altro lato, gli Usa (ma anche Francia, Cina, Russia, per quanto può) dichiarano impunemente - come ci informa con regolarità Manlio Dinucci - di stare sviluppando testate nucleari radicalmente nuove, di potenza molto piccola, la cui minaccia maggiore è di cancellare il discrimine tra convenzionale e nucleare.

Questa contrapposizione cela la terza contraddizione: la disponibilità di uranio arricchito o di plutonio, su cui sorveglia l’Aiea (che si guarda bene dal sorvegliare Israele, per quanto non aderisca al TNP, il manifesto, 7 luglio 2004), è certo un problema non indifferente, ma è solo il più eclatante, e ve ne sono altri più subdoli. L’evoluzione delle armi nucleari è stata profonda: oggi è possibile assemblare una testata avanzata che dia ottime garanzie di esplodere senza bisogno di test; le fasi intermedie possono essere realizzate senza violare i trattati internazionali esistenti; si cerca di sviluppare armi radicalmente nuove (di "quarta generazione") e nuovi processi che aggirino anche la definizione (molto vaga) di arma nucleare in quei trattati.

Non mi sto riferendo a gruppi terroristici (discorso da affrontare a parte), ma a paesi di medio sviluppo: India e Pakistan sono casi emblematici, in pochi anni hanno sviluppato testate avanzate e di piccola potenza. Oggi viene proposto un nuovo concetto, di proliferazione latente o virtuale, riferito a paesi che non hanno armi nucleari, ma sono in grado di realizzarle nel giro di pochi mesi senza necessità di test: Giappone e Germania sono al primo posto, ma l’elenco è ben più lungo (Cfr. "Scheda" in fondo).

Il trizio è divenuto così un elemento cruciale per la proliferazione (cfr. "Scheda" in fondo): è più delicato del plutonio, la sua tecnologia è complessa essendo un gas leggero, radioattivo, che va quindi prodotto con continuità, meno controllabile poiché ne bastano pochi grammi. Esso viene prodotto bombardando il litio-6 con gli intensi flussi di neutroni prodotti in un reattore nucleare, o da un acceleratore di particelle. Possedere la tecnologia del trizio risulta oggi non meno importante dell’arricchimento dell’uranio o della separazione del plutonio per realizzare armi nucleari moderne e compatte. L’India e il Pakistan se ne sono dotati (il secondo attraverso la Germania e la Cina).

Orbene, la tecnologia del trizio è fondamentale nelle ricerche civili sulla fusione nucleare controllata per confinamento inerziale: l’energia da super-laser o fasci di particelle (sembrano promettenti fasci di anti-materia) dovrebbe comprimere e provocare la fusione di un pellet contenente pochi milligrammi di DT (un milligrammo genera un’energia di 340 milioni di Joule, una centrale di energia da mille MW elettrici "brucerebbe" 1,5 g di DT all’ora). Queste ricerche "civili" racchiudono grandi implicazioni militari: il processo della fusione nucleare ha ancora aspetti fisici e tecnici non chiariti, e queste ricerche certamente contribuiranno a capirli; a questo si accompagna la disponibilità di trizio e il controllo della sua tecnologia. Grandi impianti per il confinamento inerziale sono in costruzione negli USA (National Ignition Facility, 192 laser) e in Francia (Megajoule, 240 laser), ma molti paesi sono impegnati su questo fronnte.

Ma queste ricerche possono avere un’implicazione militare ben più diretta. Sembra di capire che la ricerca di bombe nucleari nuove di bassissima potenza (cento o mille volte inferiore alle testate attuali) segua questa strada: se si realizza la fusione per confinamento inerziale di un pellet, questo realizzerebbe anche potenzialmente una micro-bomba a pura fusione, del peso di una frazione di grammo e potenza esplosiva equivalente a quasi una tonnellata di tritolo (le bombe convenzionali arrivano a qualche tonnellate di esplosivo). Rimane ovviamente il problema di realizzare un super-laser o un acceleratore miniaturizzato (un apparecchio di uso singolo è comunque molto più piccolo uno strumento riutilizzabile). Su questa strada si stanno comunque compiendo passi da gigante. Negli ultimi decenni i grandi laboratori di ricerca militare degli USA hanno sviluppato nanotecnologie, che operano su dimensioni dell’ordine di un miliardesimo di metro, controllando insiemi di pochi atomi (la microelettronica opra su dimensioni dell’ordine del milionesimo di metro, su insiemi dell’ordine del migliao di atomi): la maggior parte dei risultati sono ovviamente coperti da segreto, e le applicazioni civili delle nanotecnologie sono appena agli esordi.

Si moltiplicano insomma le implicazioni di ricerche "civili" d’avanguardia (fusione nucleare controllata, super-laser, nanotecnologie, super-computers, superconduttori, nuove specie e processi nucleari, ecc.); e si complicano le vie della proliferazione nucleare.

Intendiamoci: è inutile, o ipocrita, scandalizzarsi per questi sviluppi, che sono la conseguenza logica dello statuto internazionale che si volle dare nell’ultimo mezzo secolo, non solo o non tanto alle armi nucleari, ma all’intera ricerca nucleare. Ci rifletta chi si leva a sostenere a spada tratta i sacrosanti principi della libertà assoluta della ricerca scientifica. Oggi è molto difficile arrestare questi processi. Chi può impedire a qualsiasi paese di sviluppare una ricerca di fusione nucleare, un acceleratore o un super-laser (Giappone e Germania sono all’avanguardia)? O imporre di mantenere segreti i risultati e le tecniche? (Anzi, considerazioni di questo genere furono alla base dell’appoggio degli Usa alla costruzione del Cern, e del lancio dell’"atomo per la pace").

A questo punto vale la pena di ricordare una scadenza cruciale e molto vicina, sulla quale grava almeno da noi il più assoluto silenzio-stampa e la totale ignoranza dell’opinione pubblica: nel maggio del 2005 si terrà la conferenza quinquennale di revisione del TNP. Il trattato appare a rischio come non lo è mai stato, dalla sua entrata in vigore nel 1970. Gli USA sono in aperta e clamorosa violazione di tutte le norme del trattato e degli impegni aggiuntivi sottoscritti nel 1995, in 13 punti specifici, di fare passi concreti verso un disarmo nucleare totale. Invece Washington ha ormai deciso in modo esplicito che non intende liberarsi mai delle armi nucleari (Nuclear Posture Review e altri documenti ufficiali), e in particolare sta sviluppando testate nucleari di nuova generazione. Il nuclear sharing attuato dalla NATO (che nel "Nuovo Concetto Strategico" adottato nel 1999 riconosce la possibilità della risposta nucleare anche ad un attacco con armi di distruzione di massa, o convenzionale) viola le norme del TNP che vietano il trasferimento di armi nucleari a paesi non nucleari. Washington ha abbandonato il concetto di non-proliferazione per quello di controproliferazione, sostenendo che non può procedere sulla strada del TNP finché non vi saranno misure che impediscano ad altri stati di realizzare armi nucleari. La pretestuosità di questo argomento è evidente: oggi la proliferazione non dipende (o non dipende principalmente) dall’Iran o dalla Corea del Nord, ma soprattutto dagli USA e da Israele, il cui arsenale costituisce uno dei fattori più destabilizzanti nel Medio Oriente. Oltre alla violazione esplicita del TNP, le tendenze che abbiamo discusso minacciano di minarne le fondamenta, di renderlo insomma un trattato obsoleto e inadeguato alla realtà del XXI secolo. Vi è addirittura chi pensa che sarebbe forse meglio se la conferenza del 2005 fallisse e il TNP decadesse. Ci si sta avvicinando ad un punto di non ritorno.

Il problema e la minaccia delle armi nucleari sono diventati, e diverranno sempre più, striscianti, subdoli, dilaganti. O la comunità internazionale avrà uno scatto di dignità e di ribellione e saprà fasi carico del problema alla radice e prendere provvedimenti radicali (che, oltre che contrastare ovviamente giganteschi interessi, potrebbero avere anche risvolti indigesti per molti settori), oppure rischiamo davvero di vedere legittimato il ricorso "convenzionale" ad armi verso le quali sembrava esservi una discriminante assoluta: morale, giuridica, e di civiltà. Un passo ulteriore verso l’imbarbarimento dell’umanità, e forse verso il baratro.

 

Scheda

L’evoluzione delle testate ha portato in primo luogo al principio del boosting (spinta): la fissione di una massa di uranio arricchito o di plutonio viene amplificata ed accelerata dai neutroni generati nel suo centro dalla fusione di una piccolissima quantità (2 grammi) di DT (deuterio-trizio). Questo ha consentito, riducendo l’esplosivo convenzionale esterno ed eliminando il riflettore di neutroni, di realizzare testate più leggere (lanciabili con i missili che molti paesi hanno sviluppato) e più sicure, e di utilizzare il plutonio "sporco" generato nei reattori: esse possono essere sviluppate con test subcritici che non violano il Ctbt. India e Pakistan hanno testate boosted.

Nelle testate a due stadi i raggi X generati nell’esplosione precedente servono a comprimere una massa di deuterio e litio, mentre i neutroni innescano la fusione nucleare, che viene contenuta da un apposito schermo, ed eventualmente ulteriormente amplificata ed accelerata dalla fissione indotta (e boosted) di una massa subcritica al suo interno.

 

 

Inserito: 30 settembre 2004

Scienza e Democrazia/Science and Democracy

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